Capitolo 448: Non fare il forte con il vino, perché ha mandato molti in rovina.

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Non le era mai stato molto simpatico, e aveva sempre cercato di farselo andar bene comunque, per amor degli affari di Stato, ma quella sera non aveva alcuna voglia di stare a dar filo a un simile mostriciattolo.

"Ascoltatemi, Sanseverino – gli disse lei, fissandolo con aria fredda, il volto che cambiava repentinamente espressione, trasformandosi in una maschera inespressiva e inquietante – i veneziani sono convinti che il mio esercito conti almeno diecimila uomini, altrimenti non sarebbero scappati a quel modo. Magari ci scateneranno contro l'inferno, non lo sappiamo, ma di certo non lo faranno domani mattina. Quindi, per stanotte, vedete di distrarvi un po' anche voi. Trovatevi una donna, o quello che volete, e smettetela di rompermi l'anima."

Gaspare aveva sempre pensato di avere poco intendimento con la milanese, ma quel tono arrogante lo indispose comunque più di quanto non volesse.

"Come preferite." disse solo e, dedicando appena un cenno con il capo a Bianca, che lo osservava silenziosa, si allontanò dal tavolo d'onore.

Galeazzo si era unito come altri alle danze e la madre aveva notato come le ragazze più giovani della servitù stessero facendo a gara per averlo come cavaliere, benché non avesse ancora tredici anni.

'Di questo passo – pensò tra sé, con un vago sorriso sulle labbra – sarà bene che si cominci a cercargli una sposa'.

Il vino continuava a scorrere e la festa si faceva man mano più caotica. Bianca, alla fine, aveva ceduto e si era messa a ballare. Sforzino, invece, continuava a mangiare pezzi di torta e di formaggio, come se dovesse supplire il piccolo digiuno tenuto quel giorno.

Caterina non si era chiesta nemmeno una volta dove fosse Cesare. Fu una domanda del castellano a farglielo tornare in mente.

"Probabilmente sarà in Duomo a battersi il petto e fare penitenza." aveva risposto la Contessa, sollevando un sopracciglio quasi divertita.

Quando Giovannino cominciò a dare segni di irrequietezza, forse per il troppo rumore o più probabilmente per il sonno, la Tigre cercò Bianca con lo sguardo e quando la vide tra le braccia di un giovane soldato, ebbe la delicatezza di aspettare che il ballo finisse, prima di chiamarla a sé con un gesto.

La ragazza aveva accettato quel ballerino per tre danze di fila e fu felice di vedere il cenno della madre.

Il vino e l'euforia le stavano facendo desiderare quel giovane più di quanto sapesse fosse lecito. Era stata attenta per molto tempo e aveva anche rischiato di scottarsi più di una volta.

Ora quel giovane, con i suoi caldi occhi scuri, la stava mettendo in seria difficoltà. La Riario sentiva il sangue ribollire nelle vene e ogni volta che lui l'aveva stretta un po' di più – teoricamente per eseguire meglio i passi delle danze, anche se in realtà nessuno stava più seguendo schemi precisi nel muoversi – Bianca aveva trovato difficile riallontanarsi dal suo corpo.

Lo salutò con una mezza riverenza e un sorriso, lasciandolo visibilmente deluso per quell'improvviso congedo, e corse dalla Tigre.

"Credo che Giovannino andrebbe portato a dormire..." spiegò Caterina, mostrando il bambino che, accigliato, pareva quasi sul punto di scoppiare a piangere.

La ragazza convenne con la madre e si offrì: "Lo porto io dalle balie."

"Grazie." sussurrò la madre, alzandosi, per passare il piccolo alla figlia.

Una volta che Bianca si fu allontanata con il fratellino tra le braccia, la Leonessa si abbandonò contro lo schienale della sedia. Iniziava a sentirsi pesante e la confusione cominciava a infastidire pure lei.

Voleva restare un po' più a lungo alla festa, per farsi vedere. Aveva capito, quel giorno come non mai, che la sua presenza era importante, per il suo esercito.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora