Capitolo 352: Porte chiuse

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Su Firenze e sulle campagna vicine, continuava a diluviare senza sosta. Pur tenendo i figli al sicuro in campagna, Lorenzo e Semiramide avevano preferito spostarsi in modo quasi stabile a Palazzo Medici, in città, per ridurre gli spostamenti con quelle strade fangose e piene di pericoli.

L'unica nota positiva, secondo certi fiorentini, di quel clima intemperante era il fatto che la pesta sarebbe rimasta lontana dalla repubblica, preferendo l'altro versante appenninico.

Anche Il Popolano sarebbe stato d'accordo con loro, se solo non avesse da poco ricevuto una lettera dal fratello, che lo informava proprio dell'arrivo del morbo a Forlì, rincarando la dose di brutte notizie aggiungendo che forse le porte della città sarebbero presto state chiuse, prima che il papa o chi per esso spiccasse un ordine ufficiale.

"Devi mangiare qualcosa, Lorenzo. È da ieri che non tocchi cibo..." disse piano Semiramide, allungando le dita verso quelle del marito.

Anche se la tavola era imbandita in modo abbastanza ricco, solo la donna stava spiluccando qualche cosa, mentre il Medici era assorto nei suoi pensieri, una mano sulla bocca e l'altra stesa accanto al piatto, immobile.

La moglie del Popolano era molto preoccupata per lui. Da quando erano tornati dalle Fiandre, Lorenzo le sembrava cambiato. Non era stata una cosa eclatante, ma un mutamento lento e forse inesorabile.

Dall'essere un uomo molto accomodante e spiritoso – quando ce n'era l'occasione – adesso suo marito si era fatto taciturno, scontroso e molto pessimista.

Anche il suo fisico stava risentendo delle sue preoccupazioni e il suo profilo, da sempre ben pasciuto, si stava pian piano riducendo, mentre nelle sua guance si formavano piccoli solchi di tormento che gli conferivano non più un'aria vagamente imbronciata, ma nettamente sofferente.

A peggiorare ulteriormente la situazione, c'era il fatto che il Popolano più vecchio pareva non più intenzionato a condividere appieno la proprie insicurezze con la moglie, e questo, Semiramide, lo stava patendo moltissimo.

"Non ho fame." disse seccamente Lorenzo, spostando un po' il piatto da davanti a sé e facendo un piccolo sbuffo.

"È per Giovanni?" chiese finalmente Semiramide, che si stava arrovellando da giorni per capire quale fosse il vero cruccio dell'uomo che le stava accanto.

Il Medici non disse nulla, ma il modo in cui sollevò appena il sopracciglio lasciò intendere alla moglie di aver fatto centro.

"Ne abbiamo già parlato – provò a dire la donna, con calma, dopo un sorso di vino – e la Sforza è una moglie come un'altra..."

"No che non la è." si intestardì Lorenzo, alzandosi da tavola e andando vicino al camino.

Dalle finestre che davano sulla strada si sentiva lo scrosciare incessante della pioggia e Semiramide, che aveva sempre amato quel suono, improvvisamente si trovò a detestarlo.

Asciugandosi gli angoli della bocca con la punta delle dita, come a prendere tempo, la donna sospirò e infine raggiunse il marito davanti al fuoco: "So che è pericoloso essere sposati a una donna del genere, ma Giovanni ha scelto e non possiamo fare altro che tentare di aiutare lui e la sposa che ha voluto per sé. Lo Stato della Tigre è piccolo, ma..."

"Una vedova, con... Quanti? Sei, sette figli? E poi è anche più vecchia di lui. E chissà con quanti lo sta già tradendo..." fece imperterrito Lorenzo, andando avanti con il suo pensiero, ma questa volta a voce alta: "Una belva, che cercava solo un pollo da spennare. Non è strano, che tra tutti gli amanti che ha avuto, abbia sposato proprio mio fratello? Proprio l'unico che era pieno di soldi?"

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora