Capitolo 359: Permitte divis cetera

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"Avanti..." disse Rodrigo, guardando di sottecchi il figlio Jofré, cercando di convincersi lui per primo delle proprie parole: "Tuo fratello Juan è stato fuori tutta notte già altre volte... Il fatto che non sia ancora rientrato non significa nulla..."

Tuttavia, mentre diceva quelle parole, il papa non riusciva a smettere di camminare per il suo appartamento, le mani allacciate dietro la schiena e gli occhi vigili, pronti a cogliere ogni minimo movimento della porta, come aspettandosi di veder arrivare il figlio da un momento all'altro.

"Quante volte..." tossì e riprese, scuotendo la testa: "Quante volte è stato via... Mettiamo che sia a casa di qualche donna come la figlia di Antonio Maria della Mirandola... In tal caso potrebbe darsi che, sorpreso dalle luci del mattino, preferisca restar lì fino a sera per uscirne indisturbato..."

"Non è da Juan non mandare a dire che farà tardi." si ostinò Jofré che sentiva nel cuore uno strano presentimento.

"Aspettiamo fino a sera." prese tempo Alessandro VI, bloccandosi di colpo e guardando il figlio più giovane: "Se a sera non si vedrà..."

"Ma gli spagnoli – riprese Jofré con un filo di voce, ricordando il momento in cui si era imbattuto con il capannello di soldati che teoricamente dovevano fare continuamente da scorta a Juan – stanno già pensando di mettere al setaccio la città... La moglie di mio fratello non sopporterebbe di sapere che non stanno facendo tutto il possibile per..."

"Dovranno aspettare anche loro fino a sera!" sbottò Rodrigo, che avrebbe tanto voluto fare come gli spagnoli suggerivano: "Non saremo spettacolo senza motivo! Faremmo solo un grande fuoco di una piccola paglia!"

Jofré, che non era del tutto convinto dalla linea d'azione scelta dal padre, si ritirò in buon ordine, lasciando Rodrigo solo con le proprie paure. Anche se aveva fatto lo spavaldo, il papa sentiva dentro di sé un pungolo molto spiacevole. Era come un presentimento. Non voleva ammetterlo, ma nel profondo della sua anima, era sicuro che fosse successo qualcosa di grave.


 Lucrecia guardò Perotto con occhi preoccupati: "Che significa che Juan non si trova?"

Pedro, che aveva appena avuto un breve colloquio con Cesare, così impegnato nelle ricerche da poter passare dal convento solo per due parole di fretta, tanto di fretta da non trovare nemmeno il tempo per un rapido saluto alla sorella – almeno, questo aveva detto per scusarsi – si massaggiò una mano con l'altra e fece un'espressione triste.

La giovane Borja si aggrappò alla cassettiera della cella che la badessa le aveva concesso. Juan non era estraneo alle notti brave in giro per Roma, ma se Cesare era arrivato al punto di volerla informare della sua sparizione, significava che c'era sotto qualcosa di grosso.

"Vi sentite bene?" chiese subito Perotto, avvicinandosi alla donna e sorreggendola.

Lasciandosi tener su dalle lunghe braccia dell'uomo che suo fratello le aveva scelto come guardia, Lucrecia annuì appena e poi chiese: "Perché mio fratello non ha voluto dirmelo di persona?"

"Ve l'ho già spiegato – fece Calderon, approfittando della loro improvvisa vicinanza per sentire l'aroma dei profumi con cui la figlia del Santo Padre era solita cospargersi la chioma e il collo al mattino – ha detto che era di fretta, perché sta cercando vostro fratello Juan..."

Lucrecia lasciò di scatto le braccia di Perotto e gli voltò la schiena, una mano sulle labbra e gli occhi pensierosi. Non era da Cesare fare così. Per lei, il tempo l'aveva sempre trovato. A maggior ragione, l'avrebbe trovato per una cosa tanto grave.

Un dubbio atroce le attraversò la mente. Pedro si accorse del suo cambiamento, vendendo le sue spalle irrigidirsi e il petto trattenere un respiro per qualche secondo di troppo.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora