Capitolo 368: Ognuno dovrebbe fare il mestiere che sa

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Sancha si stava facendo aria con un ventaglio a banderuola che le era stato gentilmente prestato da una delle altre nobildonne in attesa.

Non le sembrava una bella scelta, quella di tenere una cerimonia tanto solenne in piena estate. Il tanfo del sudore dei presenti sarebbe bastato da solo a guastare a tutti la festa.

"Se siete pronta..." disse Jofré, guardando titubante la moglie.

Sancha annuì e lasciò il divanetto, dopo aver restituito il ventaglio alla legittima proprietaria e aver salutato il salotto come si conveniva a una donna del suo calibro.

Le dame presenti, quasi tutte napoletane, ricambiarono più in riguardo al suo cognome, che non alla sua fama.

"Sappi che appena questa pagliacciata sarà finita – disse la diciannovenne al marito di tre anni più giovane – voglio tornare a Roma."

Jofré deglutì, ricordando come suo padre li avesse praticamente cacciati dal Vaticano, quasi senza preavviso, decidendo all'ultimo di farli andare a Capua, prima che a Squillace, per assistere alla cerimonia dell'incoronazione di re Federico.

Poco importava, ad Alessandro VI, se il re di Napoli aveva la corona in testa da quasi un anno. Si era impuntato affinché ci fosse una nuova cerimonia e aveva deciso che a incoronare Federico sarebbe stato Cesare, in sua vece.

Jofré, in tutta sincerità, non capiva che ci facevano lui e sua moglie in quel carosello di gente a lui in gran parte sconosciuta. La maggior parte della nobiltà Napoletana era accorsa a Capua solo per quell'evento e l'aria, secondo il figlio del papa, si era fatta molto presto claustrofobica.

Una volta seguito lo stretto cerimoniale ed essere arrivati in chiesa, il Borja si permise di spegnere il cervello. Il caldo e il vociare dei presenti rischiavano di farlo addormentare, benché fosse in piedi.

La sua attenzione sarebbe ulteriormente andata spegnendosi, se non fosse stato per un dettaglio che lo ridestò del tutto.

Mentre suo fratello Cesare pronunciava visibilmente di malavoglia le formule religiose per incoronare ufficialmente re Federico, Sancha non aveva occhi che per lui.

Pur essendo ormai avvezzo suo malgrado a vedersi preferire il fratello – anzi, prima che morisse Juan, si vedeva preferire entrambi i fratelli – Jofré si sentì geloso come non mai e, per la prima volta da che era sposato, si permise un gesto di possessività.

Cercando di non farsi notare da quelli che gli stavano vicino, prese Sancha per un braccio e le sussurrò nell'orecchio: "Smettila subito di guardarlo così."

La donna si scansò, infastidita e molto meno preoccupata del marito di dare nell'occhio e, guardandolo di sottinsù gli disse: "Non lo guardavo per quello che pensi tu."

"E allora perché?" indagò Jofré, occhieggiando intanto i vicini, che cominciavano a rivolgere loro qualche attenzione di troppo.

"Non lo vedi?" fece allora l'Aragona, apparendo effettivamente preoccupata: "Tuo fratello ha la fronte sudata e si inciampa nel parlare..."

Il ragazzo sbuffò: "Abbiamo tutti caldo. Lui, vestito da Cardinale, ne avrà ancora di più..."

Tuttavia, mentre la moglie tornava a fissare Cesare, anche Juan lo fece e dovette darle ragione.

Anche se stava portando avanti il cerimoniale come si doveva, suo fratello era pallido, si ingarbugliava con il finale di alcune parole e sembrava far addirittura fatica a tenere alte le braccia per le benedizioni.

Accigliandosi, il giovane Borja si chiese se quell'evidente malessere potesse essere dovuto a una notte brava passata nei bordelli di Capua, oppure se si trattasse di qualcosa di serio che cominciava a dare le sue prime avvisaglie.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Where stories live. Discover now