Capitolo 255: Giustizia mosse il mio alto fattore...

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Caterina si era chiusa nello studiolo del castellano e si era messa alla scrivania. Doveva immediatamente scrivere a Tommaso Feo informandolo di quello che era accaduto e dandogli precisi ordini su come agire nelle ore che li aspettavano.

Tuttavia, quando prese tra le dita la penna e cercò di intingerne la punta nell'inchiostro, la Contessa si accorse di tremare troppo per riuscire in quel semplice compito.

Respirò a fondo un paio di volte, sentendo i polmoni in fiamme e vedendo riaffiorare le lacrime, ma il tremito non accennava a scomparire. Lasciando cadere la penna sul tavolo, si prese la testa tra le mani e premette tanto forte da farsi male da sola.

Quello che era capitato le sembrava così assurdo e impensabile che anche solo provare a ragionarci sopra la faceva impazzire.

Il castellano entrò di volata nello studiolo: "Ho fatto quello che mi avete chiesto, mia signora."

La Contessa non osò alzare lo sguardo verso di lui. Sapeva che sarebbe scoppiata a piangere e non voleva farlo. Non voleva mostrarsi confusa, né debole. Quelo momento era troppo concitato, troppo delicato, per permettersi di cedere. Doveva essere lei per prima a dimostrarsi sicura di sé, malgrado tutto, o i suoi uomini avrebbero permesso all'incertezza e alla paura di farsi largo anche nei loro animi.

Tenne nascosto il volto tra le dita e pregò che Cesare Feo fosse più pronto di lei a prendere decisioni, perché quella sera, almeno per il momento, lei si sentiva del tutto svuotata da ogni volontà. Per quanto volesse essere come sempre la guida del suo Stato, il pensiero di quello che era capitato a Giacomo la faceva sentire impotente, senza capacità, senza forza.

Il castellano, rimasto sulla porta, ansante per la corsa, stava per dire qualcosa, quando una guardia gli si fece alle spalle, annunciando: "Il figlio del notaio Spinuccio Aspini vuole parlare con Sua Signoria!"

Caterina si morse il labbro con tanta forza che per poco non se lo fece sanguinare. Il castellano e la guardia attendevano un suo gesto e lei sapeva che non poteva arrendersi. Se lo avesse fatto, allora tanto sarebbe valso buttarsi dalle merlature della rocca e farla finita per conto proprio senza nemmeno scomodare i suoi soldati.

Doveva restare viva e lucida e vendicare Giacomo.

Dopo, forse, avrebbe potuto congedarsi dal mondo in pace e raggiungerlo all'inferno, se era davvero quell'avello infuocato il posto in cui era finito il suo Giacomo. Quando ne aveva parlato, lui era sembrato convinto di essere destinato alla dannazione eterna e a quel punto Caterina pensava di non essere da meno. Se non altro, anche se straziati dai diavoli e dalle fiamme, sarebbero stati di nuovo insieme...

"E cosa vuole?" chiese Caterina, lasciando la scrivania e facendo segno alla guardia affinché le facesse strada.

Il soldato disse di non saperlo e la condusse fino alle merlature frontali della rocca. Oltre il fossato, il ragazzo che era stato annunciato aspettava con le mani strette al petto e lo sguardo rivolto verso l'alto.

Nel mettersi in mostra oltre le spesse mura di Ravaldino, Caterina si sentì come quando gli Orsi l'avevano minacciata e il ricordo non fece altro che riempirla ancora di più di paura.

Voleva essere forte, voleva essere dura e perentoria, ma quella volta la recita era molto più difficile, rispetto a quando il morto assassinato era stato Girolamo.

L'idea che Giacomo fosse stato ucciso, che il suo corpo fosse chissà dove e chissà in quale stato, la consapevolezza di non poterlo più vedere, sentire, stringere a sé... Erano tutte cose che stavano distruggendo l'anima di Caterina come mai nient'altro aveva fatto.

Eppure, quando si rivolse al giovane Aspini, la sua voce era ferma e sicura: "Che volete?"

Il ragazzo tossì un paio di volte, lanciando nervose occhiate ai curiosi – molto pochi, giacché tutta Forlì era riversa in piazza, davanti al palazzo dei Riario – e rispose: "L'Auditore chiede se deve credere a messer Gian Antonio Ghetti, che dice di aver ucciso il Barone Feo per ordine vostro e di vostro figlio il Conte!"

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora