Capitolo 324: Tu ne cedes malis, sed contra audentior ito

320 30 136
                                    

 Bartolomea Orsini si stava guardando con occhio critico allo specchio. L'ultimo scontro con i soldati del papa le aveva lasciato un bel senso di soddisfazione, ma anche parecchi lividi.

In più, la notte prima, aveva deciso di montare la guardia, dando il cambio al marito, che era rimasto sui camminamenti tutto il giorno e così si era ritrovata a dover contrastare un attacco improvviso del Duca di Urbino sotto una neve pesante d'acqua.

Non poteva negare con se stessa di essere abbastanza provata da quell'assedio frammentario e dall'esito ancora molto incerto, tuttavia, mentre osservava una volta di più la grossa ecchimosi che aveva sulla spalla, non poteva evitare di pensare che, per essere una donna della sua età, era riuscita a cavarsela ancora bene.

"Come stai?" chiese Bartolomeo d'Alviano, rientrando in camera e vedendo la moglie seduta davanti alla specchiera, le spalle scoperte, i resti di una cena molto frugale sul tavolinetto e indosso solo abiti da camera.

"Il mio unico problema – disse la donna, ricoprendosi e andando a salutarlo con un bacio sulla guancia – è che vorrei avere come minimo vent'anni in meno."

Bartolomeo fece un sorriso stiracchiato. Detestava quando sua moglie parlava della sua età, soprattutto se lo faceva con quel tono malinconico.

Il più delle volte, lui si dimenticava di aver diciotto anni meno di lei, ma quando la sua donna diceva certe cose, non poteva far altro che farsi attanagliare dalla paura, al pensiero che ormai Bartolomea aveva quasi sessant'anni. Poca gente viveva tanto a lungo.

Con un sospiro, che avrebbe dovuto aiutarlo a pensare meno, l'uomo si cavò gli stivali e andò un momento accanto al fuoco, a scaldarsi.

Quella sera nevicava con forza, come forse mai era successo a Bracciano negli ultimi anni.

I papalini sembravano essersi calmati un po' e anche Guidobaldo da Montefeltro, fino a quel momento molto più bellicoso dell'inetto Juan Borja, aveva abbassato le arie.

Sentendo qualche brivido, Bartolomea preferì stendersi a letto. Aveva dato ordine di essere subito chiamata in caso di bisogno, ma il loro luogotenente poteva bastare, per quella notte di neve. Non si prevedevano attacchi e la donna dubitava che il figlio del papa si lasciasse convincere dal Duca di Urbino a scagliarsi contro il loro castello proprio con quelle condizioni proibitive.

Dopo pochi minuti, Bartolomeo si spogliò e la raggiunse.

Svegliandosi nel pieno della notte, l'Orsini restò per un po' immobile, fissando il camino in cui crepitava ancora un piccolo fuoco. Si poteva sentire il fischio feroce del vento oltre la finestra.

Era stata destata da un sogno orribile, i cui contorni ormai erano già sfumati, e quella vista di morte e distruzione le aveva fatto accelerare il battito cardiaco e provare un forte senso di nausea.

Bartolomeo dormiva in silenzio, come faceva sempre. Era sorprendente come un uomo della sua stazza riuscisse a sembrare un bambino, quando era immerso nei suoi sogni.

La donna si avvicinò un po' di più a lui, muovendosi lentamente per non disturbarlo, e godendosi il calore della sua pelle. Quando stava così appiccicata all'uomo che amava, benché fuori infuriasse la tempesta o la bufera, per Bartolomea i brutti sogni e i problemi non esistevano più.

Mentre si beava di quella sensazione di pace e protezione, si rese conto che quello era il momento giusto.

Non avrebbe mai più trovato il coraggio, altrimenti.

Quei giorni difficili l'avevano messa di fronte una volta per tutte ai suoi limiti e sapeva che, se l'assedio fosse andato avanti ancora, il suo fisico non avrebbe retto.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Where stories live. Discover now