Capitolo 413: Acqua lontana non spegne il fuoco

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La nascita del sole aveva colto la Contessa e il Popolano ancora stretti l'uno all'altra sotto il leggero lenzuolo estivo, intenti a scambiarsi raccomandazioni e consigli in vista dell'imminente separazione.

Fu Caterina la prima, rendendosi conto che il mattino era ormai arrivato, a dire: "Forse dovremmo cominciare a vestirci."

Giovanni sembrava molto meno propenso ad affrettare i tempi. In fondo si era deciso che sì, sarebbe partito di buon'ora, ma senza fretta. Anche se Corradini voleva sfruttare al meglio la prima giornata di viaggio, per non arrivare in prossimità delle montagne in un momento sfavorevole, era stato decretato che non fosse il caso di partire all'alba.

La piccola scorta che avrebbe accompagnato Giovanni probabilmente stava ancora dormendo a quell'ora. O, se non dormendo, per lo meno non era ancora intenta a mettersi addosso abiti e armature.

"Sai a cosa stavo pensando, prima?" chiese l'uomo, restandole vicino, petto contro petto, e sfiorandole la pelle della schiena con la punta delle dita: "Che io sono ancora innamorato perso di te, dopo più di un anno di matrimonio. Dicono tutti che questo genere di passione brucia in fretta, ma io ti desidero ancora come il primo giorno."

La Sforza fece un breve sorriso e poi, più per non lasciarsi prendere dallo sconforto che altro, fece un sospiro e disse, a voce abbastanza alta e sbrigativa: "Avanti, è ora di prepararci. È da sciocchi sperare di fermare il tempo."

E prima che il Medici potesse provare a fermarla, la donna si alzò dal letto e si mise a sistemare gli abiti che avrebbero indossato.

Il fiorentino la osservò per qualche istante mentre, infilatasi una leggera vestaglia, vagava per la stanza, indaffarandosi più del dovuto probabilmente solo per evitare di proseguire il discorso.

Alla fine, quando anche lui lasciò il loro giaciglio, la Sforza gli fece vedere l'abito che aveva scelto per lui.

Avevano deciso che avrebbe lasciato la città senza grandi cortei, né troppo spettacolo. Ci sarebbero stati gli stendardi e i tamburi, perché nessuno doveva pensare che Giovanni stesse scappando in sordina da Forlì. Tuttavia, non ci sarebbe nemmeno stato il dispiegamento di forze che aveva accompagnato Ottaviano alle porte.

Caterina, dopo aver passato le brache al marito, prese il camicione bianco che avrebbe portato sotto al giubbetto rosso e oro, ma il Medici la fermò: "È ancora presto." le sussurrò.

La donna incrociò per un istante i suoi occhi chiari e ribatté: "Non vorrai essere l'ultimo ad arrivare nel cortile."

"Ma nemmeno il primo." mise in chiaro l'uomo, passandosi una mano tra i riccioli un po' umidi di sudore, e sforzandosi di fare un sorriso degno di tale nome: "Ti prego, Caterina..." le bisbigliò, fermandole le mani, che stavano spiegando il camicione davanti a lui.

La moglie lo guardò fingendo di non capire. Sapeva benissimo cosa voleva ancora da lei, ma cercava di non prestargli il fianco.

"Ti prego: ancora una volta." soffiò lui, inducendola a posare il camicione sulla scrivania e facendo correre una mano al bordo della sua vestaglia, con la stessa lenta irruenza con cui l'aveva fatto molte altre volte da che si amavano: "Ti voglio così tanto..."

La Contessa, che nelle ultime ore era stata tutt'altro che avara con il marito, avrebbe voluto dire di no per molti motivi, ma alla fine, trovandosi a sbattere contro l'ineluttabile evidenza che prima che arrivasse il mezzogiorno lei sarebbe stata sola, non gli si negò nemmeno quella volta.


"Mi raccomando – stava dicendo il castellano, guardando il Capitano Giovanni Corradini con occhio penetrante – seguite alla lettera quello che vi ha detto la Contessa."

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)On viuen les histories. Descobreix ara