Capitolo 421: Tu quidem macte virtute diligentiaque esto

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Ottaviano si svegliò, smosso da un brutto sogno. Nel padiglione c'era un silenzio tutto particolare e al giovane bastò poco per capire che quella calma era legata all'assenza del Medici.

Dopo aver scrutato nel buio quasi perfetto della tenda ed essersi reso conto che il patrigno non era nella sua branda, la mente del Riario venne attraversata da tutta una serie di valutazioni, una peggiore dell'altra, che lo portarono a mettersi in fretta in piedi.

Infilò le brache e uno dei giubbetti che teneva accanto alle armi e poi, indossati anche gli stivali, andò all'ingresso del padiglione.

Sapeva che Giovanni se la cavava benissimo anche da solo, ma lo aveva visto troppo in difficoltà, in quei giorni, per poter stare tranquillo nel non vederlo in tenda di notte.

"Messer Medici..?" chiese, rivolgendosi al soldato che faceva da guardia lì fuori.

Questi, che si era messo a sedere e stava quasi per addormentarsi, si alzò di scatto e, cercando di ridarsi un contegno militare, rispose: "Ha lasciato il padiglione un po' di tempo fa. Mi ha detto che sarebbe tornato prima dell'alba."

Ottaviano sospirò. L'aria profumata d'agosto gli riempì i polmoni e, mescolati ai dolci aromi di fiori ed erba, sentì nitidamente anche tutti gli odori che un campo di soldati portava con sé, da quelli spiacevoli come il tanfo degli abiti sporchi, a quelli più gradevoli, come gli ultimi effluvi che arrivavano dalle salmerie.

Indeciso sul da farsi, il ragazzo si vide davanti agli occhi sua madre, che lo accusava di aver messo in pericolo Giovanni e di non essersi preoccupato per lui. Così, a malincuore, si strinse un po' nelle spalle e disse alla guardia che sarebbe tornato presto anche lui.

Attraversò gran parte del campo senza sapere davvero dove cercare. Se per qualche motivo il Medici fosse stato nel padiglione di qualcuno, non avrebbe mai potuto scoprirlo.

Passò accanto a decine e decine di soldati che sonnacchiavano all'aperto, certi perché di lega troppo bassa per avere una tenda, certi per godersi il fresco della notte. Ne vide molti giocare ai dadi, benché Paolo Vitelli l'avesse espressamente vietato, e ne trovò ancora qualcuno intento a sistemare le proprie armi e armature alla luce di una torcia.

Siccome non aveva visto il patrigno da nessuna parte, fece un ultimo tentativo, per quanto credesse l'idea impossibile.

Passò dalle salmerie, ma non lo trovò, e da lì andò in coda al campo, laddove stanziava la varia umanità che si era messa al seguito dell'esercito.

Ottaviano conosceva abbastanza bene quella parte dell'accampamento e così riuscì a fare un'ispezione abbastanza accurata, e, con suo sollievo, non trovò il Popolano nemmeno lì.

Stava già riallontanandosi, di nuovo attanagliato dai dubbi su dove fosse Giovanni, quando una mano gli si posò sulla spalla e, in quella stretta, riconobbe quella del suo amico Manfredi.

Il giovane era a torso nudo, l'alito che sapeva di vino e, quando il Riario si voltò a guardarlo, gli disse, inclinando il capo e facendo ondeggiare un po' i lunghi capelli biondi: "Cerchi una donna? Se vuoi te ne consiglio io una che..."

"Sto cercando il mio patrigno." lo interruppe il forlivese: "Scusami, ma non ho tempo..."

Manfredi si accigliò, e, alzando appena la voce, mosse un passo verso l'altro, che stava già andando via: "L'ho visto, sai... Prima... Mi sembra che sia andato verso il limitare del bosco... Da quella parte." indicò un punto vago, che, però, al Riario parve già un'ottima partenza.

Lo ringraziò in fretta, e, sperando che il vino non avesse fatto straparlare il suo amico, ricominciò a cercare il Medici.

Non trovandolo lungo la fortificazione di legno che avevano usato per recintare il campo, si fece riconoscere dalle guardie e disse che voleva andare un momento nel bosco.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora