Capitolo 294: Prendere le misure

348 34 124
                                    

Lucrezia, senza battere ciglio, aveva accettato la partenza frettolosa proposta dalla figlia e così Caterina aveva dovuto piegare la testa alla prospettiva di tornare a Forlì con una scorta, seppur esigua, di uomini armati.

Per quanto avesse detto e fatto, non avrebbe sopportato l'idea di cadere in una qualche imboscata proprio mentre con lei c'era sua madre. Malgrado tutto, era contenta di averla ancora vicina.

L'estate che stava entrando nel pieno concesse al piccolo gruppo di avere luce fino a tardi e quando arrivarono a Forlì la sera era calata da poco.

"Voi andate avanti – fece la Contessa, non appena entrarono in città – prima devo fare una cosa."

Lucrezia non fece domande e proseguì assieme alla scorta verso la rocca. Caterina, invece, condusse il suo cavallo fino alla casa di Andrea Bernardi.

"Mia signora..." fece l'uomo, sorpreso nel vederla arrivare a quell'ora: "Mi dispiace per la vostra perdita. Ricordo molto bene vostra sorella, era una donna di valore."

La Contessa ringraziò in modo frettoloso e poi cominciò a guardarsi in giro irrequieta, come se non si decidesse a parlare.

Così il Novacula provò: "Avete bisogno di qualcosa?"

La Tigre aveva passato tutto il viaggio di ritorno a rimuginare. Tutto quello che voleva era riuscire a riposare e trovare un po' di calore. I suoi nervi erano stati esasperati dagli eventi caotici e affrettati delle ultime ore e nulla voleva di più di qualcuno che la tenesse stretta e le facesse credere che tutto, prima o poi, sarebbe andato per il meglio.

"Sapreste ritrovare quel ragazzo..?" cominciò la donna, mentre le sue narici venivano riempite dal profumo invitante della cena che Bernardi si era appena portato in tavola: "Quello del postribolo, quello di quella volta..."

Il barbiere, che si era messo a cenare tardi per via del caldo, comprese subito chi fosse il giovane a cui la sua signora si stava riferendo, così annuì, secco, e confermò: "Credo di poterlo fare."

La Tigre abbassò lo sguardo e disse: "Fatelo venire alla rocca al più presto. Pagatelo quanto vuole, non mi interessa, voglio solo non dover pensare a nulla per un po'."

Il Novacula strinse i denti e poi, cercando di non lasciar trapelare troppo la sua contrarietà, offrì una ciotola di minestrone alla Contessa.

Rendendosi conto di essere davvero affamata, Caterina prese la pietanza con gratitudine e in un soffio la mangiò tutta.

"Mentre ero via è successo qualcosa che dovrei sapere?" chiese poi, prima di lasciare la casa del suo amico.

Il barbiere scosse il capo, ma disse: "Solo qualche nuovo caso di febbre e un altro morto, ma si trattava di un anziano."

La Tigre sospirò: "Ho capito. Speriamo non scoppi un'epidemia. Non sarebbe proprio il momento..."

Dopo qualche frase di circostanza, i due si salutarono e Bernardi assicurò che avrebbe cercato il giovane che la sua signora voleva e che l'avrebbe fatto andare alla rocca appena possibile.

Caterina uscì dalla casa del Novacula e rimontò in sella. Attraversò la città con lentezza, scrutando le poche finestre illuminate e chiedendosi che tipo di vita facessero le persone che vivevano oltre quei vetri e quelle imposte.

Quando infine arrivò a Ravaldino, passò il ponte al trotto lento e poi arrivò fino alle stalle. Lasciò il cavallo a uno dei garzoni e poi salì al primo piano e andò alla sua stanza.

Un'ombra la stava aspettando davanti alla porta.

"Che volete?" chiese la donna, riconoscendo alla luce tremula della torcia il profilo di Giovanni Medici.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora