Capitolo 290: Chi fugge dalla battaglia può combattere un'altra volta

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Simon Fiorini si era appena coricato e non aveva ancora preso sonno, benché fosse molto tardi. Gli capitava spesso, soprattutto in primavera. Un po' per colpa dell'umidità, un po' perché la cena gli restava sullo stomaco e un po' per via del sole che ogni giorno ritardava sempre di più il suo tramonto.

Era la notte del 6 maggio e Simon, tormentato dall'insonnia, non riusciva a far altro che pensare alle scadenze dei giorni a venire.

Doveva finire di sistemare alcune carte delle compravendite di terreni e doveva fare dei versamenti in denaro a quelli che gli avevano ceduto un appezzamento appena fuori da Bertinoro. In più tutti quei maneggi andavano portati avanti con una certa cautela, senza farsi troppa pubblicità, soprattutto ora che la Contessa Riario aveva rimesso mano alla legge, inasprendo le pene per i trasgressori.

Lui viveva relativamente lontano da Forlì e si sapeva che da anni, ormai, la Tigre difficilmente si avventurava troppo lontano dalla sua rocca. Aveva molte spie in giro, ma Simon si credeva tranquillo, essendo sempre attento a ogni mossa.

Voltandosi tra le lenzuola, sbuffando per il caldo, Fiorini credette di essersi ingannato nel sentire uno strano rumore. Si disse che la colpa doveva essere della vecchia intelaiatura del letto, che scricchiolava ogni qualvolta si muovesse, e richiuse gli occhi nel tentativo di assopirsi.

Quando sentì un secco sbattere metallico provenire da un punto indefinito della casa, l'uomo non ebbe più voglia di trovare delle scuse rassicuranti e pensò a salvare la pelle.

Sapeva benissimo che prima o poi avrebbe passato dei guai, o per i reati perpetrati contro Dio, o per quelli perpetrati contro lo Stato.

Chi fosse a bussare alla sua porta quella notte non gli interessava. Non poteva che essere qualcuno intenzionato a fargli pagare il suo salato conto, dunque nel dubbio era meglio darsela a gambe e basta.

Scivolando fuori dalle coperte, in silenzio assoluto, Simon Fiorini prese da sopra alla cassapanca la sua spada corta, mai usata, ma sempre a portata di mano, e poi, camminando lentamente e trattenendo il fiato, si avvicinò alla porta.

Sentì delle voci che sussurravano concitate e dei passi avvicinarsi. Dovevano essere in molti e per essere arrivati fino a lì dovevano aver passato il recinto senza essere visti, o, ancor peggio, uccidendo le guardie che stavano lungo tutto il perimetro della proprietà.

Facendosi il segno della croce, Fiorini lasciò la camera e si affrettò ad attraversare quasi metà del suo palazzo, pregando e facendo scongiuri.

Per fortuna, quelli che erano entrati in casa sua per prenderlo – o ammazzarlo – avevano scelto una strada diversa e Fiorini riuscì a raggiungere l'imboccatura del passaggio segreto senza farsi trovare.

Quando aveva pregato il costruttore di curare in modo particolare quel corridoio scavato nel muro, l'aveva fatto per scaramanzia, più che per convinzione.

L'aveva trovata un'idea di moda, come se aggiungere una via di fuga alla propria magione la rendesse più simile a quella del mondo che contava davvero, ai castelli dei potenti e alle rocche dei grandi signori.

Ma avrebbe creduto che sarebbe realmente arrivato il giorno in cui quel vezzo gli avrebbe salvato l'osso del collo.

Mentre correva a perdifiato nel passaggio buio, confidando nel fatto di non inciampare e di ricordarsi bene la perfetta linea retta del percorso, Simon Fiorini scoppiò a ridere da solo.


 Il Cardinale Raffaele Sansoni Riario stava rimirando il Cupido Dormiente arrivato da poco a Roma.

Si trattava di una statua e già questo gli aveva fatto un po' storcere il naso, dato che il mediatore si era detto sicuro fino all'ultimo che si trattasse di un dipinto.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Where stories live. Discover now