C420: Avvezza i tuoi soldati a spregiare il vivere delicato...

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Il papa sembrava aver trovato la quadra, in merito a tutta la questione che riguardava suo figlio Cesare.

Solo qualche giorno prima il Santo Padre aveva istituito una commissione che andasse a revisionare il matrimonio del re di Francia, con la finalità di annullarlo per permettergli di prendere una moglie che fosse più di suo gradimento.

In cambio, con continue rassicurazioni del legato speciale mandato dal francese, Luigi XII si impegnava formalmente a favorire l'ascesa politica del giovane Borja, nonché a spingerlo militarmente e finanche trovargli un buon partito in Francia.

Anche se Rodrigo non voleva separarsi da suo figlio, sapeva che recarsi alla corte del re sarebbe stata per lui una buona cosa e, ancor di più, imparentarsi con la nobiltà francese.

Tuttavia restava ancora l'annosa questione dello scioglimento dei suoi voti e, malgrado il padre fosse certo che il figlio sarebbe stato entusiasta di levarsi di torno la pesante cappa di Santa Madre Chiesa, Cesare sembrava tergiversare.

Anche quella sera, mentre il papa si godeva il venticello fresco che, finalmente, a sole calate spirava dalla finestra del balcone aperta, il figlio stava mugugnando ed esponendo tutte le sue perplessità.

"Non accetteranno mai quello che dirò..." stava borbottando il giovane, facendo passi nervosi e poi bloccandosi di colpo per agitare in aria una mano: "E poi mi faranno arrabbiare e non sarò più in grado di mantenere la calma e andrà a finire che..."

Rodrigo teneva gli occhi socchiusi, come se le lamentele del figlio non fossero altro che il ronzare fastidioso di una mosca. Cesare, da quanto Lucrecia si era risposata, era più intrattabile del solito e il pontefice aveva deciso di soprassedere.

Morto Juan, essendo Jofré ancora troppo giovane e troppo ingenuo, poteva contare solo su quella pietra grezza che si trovava davanti e dunque non era il caso di essere troppo duro con lui, in quel momento.

Tuttavia, un minimo di disciplina era necessaria.

Poteva chiudere un occhio sui suoi passatempi notturni, benché per un papa non fosse semplice sopportare i pettegolezzi che volevano il figlio un novello Giulio Cesare, ovvero 'marito di tutte le mogli e moglie di tutti i mariti'.

Poteva anche far finta di non vedere come il giovane spendeva soldi in feste e vestiti, attirandosi le ire di quelli che non potevano permettersi di fare altrettanto.

E poteva anche sopportare la gelosia che Cesare dimostrava verso Lucrecia, anche quando, inavvedutamente, si metteva a battibeccare con lei in presenza di testimoni.

Malgrado tutto ciò, però, non poteva più sopportare la sua indecisione. E così, quella sera, annusando l'aria che profumava d'agosto, perse la pazienza.

"Ti scriverò io quello che dovrai dire davanti al concistoro." fece Rodrigo, facendo vibrare le grosse nari e sollevando finalmente lo sguardo verso il figlio: "Ma dovrai leggere esattamente quello che scriverò. E dovrai essere credibile."

Il giovane Borja smise di camminare nervosamente per la stanza e, la metà del viso segnata dal mal francese bagnata dalla luce della luna che rischiarava Roma, parve sul punto di controbattere.

Il Sommo Pontefice sollevò l'indice, ammonitore e, senza bisogno di alzare la voce, suonò abbastanza perentorio quando sottolineò: "Hai solo questa possibilità. Vedi di giocartela bene. Se vuoi essere davvero il mio braccio armato e l'erede del mio impero, devi imparare a rispettare gli ordini che ti do."

Cesare, a quel punto, non sentì la forza di dire più nulla e, con un profondo inchino, chiese silenziosamente al padre il permesso di ritirarsi.

Non appena Rodrigo l'ebbe scacciato con uno sbuffo, il giovane andò quasi di corsa verso i suoi appartamenti. Sentiva che i tempi stavano accelerando e dunque non era più tempo di aspettare.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Where stories live. Discover now