Capitolo 317: Dove men si sa, più si sospetta

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Mordendosi con agitazione crescente l'unghia del pollice, Bianca Giovanna guardò suo marito entrare nel salottino con passo ciondolante e un calice di liquore in mano.

Attese con pazienza che Galeazzo si guardasse in giro, come faceva sempre, e andasse un attimo alla finestra a fissare l'orizzonte gelido e immobile del novembre bobbiese.

Sanseverino non aveva mai condiviso il letto con la sua sposa, soprattutto in riguardo alla sua giovane età, però spesso, di sera, ne cercava la compagnia per scambiare due chiacchiere o giocare acarte.

Anche quella volta, infatti, dopo il suo consueto giro a vuoto peril salottino la cui seconda porta dava sulla camera della moglie, Galeazzo si sedette sulla poltroncina accanto a lei e propose: "Vi andrebbe una bella partita a carte?"

Bianca Giovanna fece segno di sì con la testa, ma non si alzò a prendere il mazzo come faceva di solito.

L'uomo parve non notare quella strana ritrosia, così la giovane prese coraggio e disse quello che desiderava dirgli da giorni: "Voglio tornare a Milano."

Galeazzo si accigliò, si grattò il mento squadrato e trattenne uno sbadiglio: "E perché?"

Dal tono annoiato del marito, la figlia del Moro capì subito che selo avesse messo a parte dei suoi sospetti, si sarebbe fatta ridere dietro. Perciò preferì usare una scusa.

"Dopo Natale, Beatrice partorirà. Voglio passare le feste con lei e restare finché il bambino non sarà nato." disse Bianca Giovanna, tenendo lo sguardo basso.

Il Sanseverino si sistemò sulla poltrona, come intento a pensarci sopra, poi concesse: "Se è quello che volete... In più, questa città non è molto accogliente, in questo periodo dell'anno."

La giovane Sforza trasse un sospiro di sollievo e, rincuorata, si alzò per prendere le carte. Mentre giocavano, Galeazzo non nominò più Milano e così fece la moglie.

Solo quando decise di ritirarsi per la notte, l'uomo disse: "Partiremo entro settimana prossima, se per voi va bene. Il tempo di avvisare i miei servi a Milano, affinché rinfreschino ilpalazzo."

Bianca Giovanna lo ringraziò di cuore e chiamò le sue domestiche in modo che la preparassero per andare a riposare.

Una volta lontano dall'ala in cui stavano gli appartamenti della Sforza, il volto di Sanseverino si rabbuiò. Sentendosi non dissimile da un Giuda qualunque, andò con passo guardingo fino agli alloggi dei fratelli Dal Verme.

Come sempre, li trovò insieme, intenti a discutere fittamente, tanto vicini che quasi si sfioravano, i profili tanto simili da farli sembrare due specchi che si riflettevano l'uno nell'altro.

"La mia signora vuole tornare a Milano." disse l'uomo, atono.

"Quando?" chiese Francesca.

"Le ho detto che non potremo partire fino a settimana prossima." spiegò Galeazzo, mentre le iridi scure dei due fratelli lo tenevano sotto controllo.

"Va bene." sussurrò la Dal Verme: "Vi daremo un paio deinostri servi, che vi accompagnino durante il viaggio e si occupino di vostra moglie, quando sarete a Milano."


Dopoi giorni che aveva passato assieme alla Contessa, Giovanni aveva cercato di non darle l'impressione di volerla seguire ovunque e a tutti i costi, benché restare con lei il più possibile fosse in realtà il suo più profondo desiderio.

Aveva notato che ella si era fatta molto distaccata, tutto d'improvviso, come se si fosse pentita di aver indugiato così a lungo in sua compagnia nei giorni addietro.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Where stories live. Discover now