Capitolo 257: ...la somma sapienza...

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Rosaria, moglie di Antonio Ghetti, si svegliò all'improvviso, quando sentì gridare la sua serva.

Suo marito le aveva permesso di avere una cameriera solo da poco. Aveva potuto permettersela grazie agli avanzamenti di grado che aveva ottenuto da quando la Contessa era a capo del governo.

Mettendosi la vestaglia, la donna uscì dalla sua camera da letto e cominciò a chiedere: "Si può sapere che sta..?", ma la voce le morì in gola, quando si trovò di fronte una squadriglia di uomini armati, guidati dal Governatore della città, che impugnava una spada e una torcia.

In due tenevano ferma la cameriera, tappandole la bocca con le mani guantate di ferro. La poveretta piangeva in silenzio, ma non provava a liberarsi, forse troppo spaventata per farlo.

Tommaso Feo avanzò con la furia di un titano, riempiendo senza fatica l'angusto corridoio che lo separava dalla padrona di casa.

Stava a petto nudo e il suo viso era trasfigurato dall'odio. Lasciando la fiaccola a uno di quelli che lo seguivano, l'uomo alzò la spada minacciosamente e afferrò Rosaria per i capelli.

Troppo scossa da quel gesto repentino, la moglie di Gian Antonio Ghetti si vide passare la propria vita davanti agli occhi, mentre il braccio imperlato di sudore del Governatore caricava ancora di più il fendente, come se fosse deciso a reciderle la testa dal collo in quel preciso istante.

"Perché?!" gridò la donna, appena prima che Tommaso sferrasse il colpo.

La voce suonò strozzata per via dell'angolo innaturale che la gola di Rosaria aveva preso e fu quel dettaglio a far indugiare il Governatore quel tanto che bastava per permetterle di tentare il tutto e per tutto.

"Che cosa volete fare?" chiese, cercando di non soffocarsi con la saliva: "Perché mai volete uccidermi? Che cosa sarà mai successo di così grave, che io debba perdere oggi la vita per mano vostra?"

Il Governatore respirò un paio di volte pesantemente, tenendo sempre la spada alta: "Tuo marito ha ucciso mio fratello, ecco che è successo."

Rosaria deglutì, con fatica. Sapeva che sarebbe stato in quei giorni, anche se non sapeva la data precisa. Era andata via da Forlì proprio per quello. Aveva voluto tutelarsi da eventuali disordini in città, ma non aveva pensato che il più grande pericolo stava proprio a Imola.

"E che c'entro io?!" tentò la donna, spronata solo dal desiderio di sopravvivere.

"Ho avuto ordine di uccidere te e i tuoi figli." rispose Tommaso, guardandola in modo fisso, come se in realtà non la vedesse: "E anche tutti i vostri parenti che vivono qui. Domani mattina non dovrà più esserci nemmeno un Ghetti in grado di respirare in tutta Italia!" ringhiò.

Rosaria avrebbe voluto raddrizzare la schiena. Tirata all'indietro, col cuoio capelluto che doleva all'inverosimile per la presa salda e feroce del Governatore, faticava a respirare e sentiva gli occhi lacrimare per lo sforzo e la paura.

Tuttavia non provò a ribellarsi, certa che fosse necessario giocarsi al meglio quell'unica possibilità.

Mettendo una buona dose di genuina sorpresa, domandò: "Chi è che vi ha dato l'ordine?"

"La Contessa in persona." fece il Feo, impassibile.

La donna strabuzzò gli occhi. Suo marito era stato convinto che la Contessa fosse la diretta mandante dell'omicidio... Perché mai ora avrebbe dovuto voler morti i congiurati che le avevano fatto il favore di togliere di mezzo Giacomo Feo?

Dato che Rosaria sembrava rimasta senza parole, Tommaso espirò con forza e si preparò a colpirla.

Vedendo tre soldati ricomparire in corridoio con i suoi figli stretti da catene pesanti, la moglie di Ghetti si ridestò e, fermando ancora una volta la mano del suo boia, gridò: "Confesserò! Ho molti nomi da fare! Non uccideteci! Posso fare molti nomi!"

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Where stories live. Discover now