Cap.291: Credere alla Fortuna è cosa pazza:aspetta pur che poi si pieghi e chini

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Dopo tre giorni di agonia, durante i quali non ripresa mai conoscenza, Camillo Vitelli morì.

L'infruttuosa azione a Circello aveva causato, nell'esercito al servizio di Carlo VIII, una reazione a catena, resa più travolgente dalla morte assurda fatta da uno dei condottieri più importanti che ne stavano alla guida.

Gli uomini al soldo del re di Francia dislocati nei pressi di Circello, che militavano ormai sotto l'unica guida di Virginio Orsini e del Montpensier, avevano cominciato a dar segni di insofferenza e ogni notte le defezioni aumentavano in modo esponenziale.

Sarebbe stato del tutto inutile fissare punizioni o procedere con repressioni nei confronti di chi tagliava la corda. Il fenomeno ormai era troppo imponente e provare a opporvisi con la violenza avrebbe solo portato a una guerricciola intestina che avrebbe distrutto una volta per tutte le forze d'Oltralpe.

Consci delle difficoltà dei propri soldati e temendo uno scontro campale, al quale, ormai, non avrebbero più avuto possibilità di scampare, i due comandanti avevano iniziato a indugiare in manovre poco concrete, che consistevano essenzialmente nel continuo spostarsi senza mai fissare un accampamento fisso, in modo da confondere gli aragonesi e ritardare uno scontro, nell'attesa di avere un piano più preciso e delle forze maggiori.

Virginio, in particolare, era molto teso, perchè avvertiva come non mai la fine imminente e la sconfitta.

La morte di Camillo Vitello lo aveva colpito in modo particolare e molto personale. Vedere lo stesso uomo che pochi giorni prima era stato raggiante dinnanzi alla vittoria ottenuta con il suo caracollo, una mossa geniale scaturita dalla sua mente, morire con il cranio spaccato dopo interminabili ore di respiro spezzato e rantoli di dolore gli aveva fatto rivalutare molte cose.

Aveva visto morire tanti uomini, nel corso della sua vita, molto spesso si trattava di persone più giovani di lui e qualche volta si era trattato di amici o parenti. Eppure solo quando aveva sentito Camillo tirare l'ultimo faticoso respiro, aveva capito che prima o poi sarebbe capitato anche a lui.

Magari non a quel modo, magari non con quello strazio, ma non avrebbe potuto sottrarsi neppure lui al suo destino.

E questo bastava a farlo sentire un uomo perso. Malgrado il suo mestiere e quello con cui si confrontava da anni, la consapevolezza della sua mortalità lo stava trascinando in un gorgo da cui era difficile risalire. L'unica cosa che poteva fare per non pensarci troppo, era tenersi impegnato.

Tuttavia anche darsi da fare sembrava non essere sufficiente. I problemi che doveva affrontare erano a volte difficili da sormontare e dagli altri comandanti a lui collegati non arrivavano certo notizie più confortanti.

Sapeva che suo cognato Bartolomeo d'Alviano non riusciva a pagare i suoi uomini da quasi quattro mesi e sommando a questo l'apparente sordità di Carlo VIII che dalla Francia sembrava intenzionato a far arrivare solo ordini e nemmeno una moneta, il quadro si faceva sempre più tetro.

"Non c'è quasi più acqua, e qui è impossibile trovarne ancora." riferì Gilberto di Montpensier.

Virginio ne squadrò il grosso naso, poi l'arcata sopraccigliare prominente e infine i suoi occhi si puntarono assorti nella profonda fossetta che aveva nel mezzo del mento: "E allora spostiamoci ancora."

"Ma dove?" fece l'altro, allargando le braccia e cominciando a misurare a lunghi passi il terreno, sollevando nuvolette di polvere rossa.

Si erano fermati in aperta campagna e anche il terreno secco sotto i loro piedi pareva voler sottolineare l'amara scoperta del Montpensier.

L'Orsini ci ragionò a lungo, desiderando come non mai un letto fatto come Dio comandava o anche solo una poltrona per riposare un po' le sue gambe stanche.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Where stories live. Discover now