Capitolo 342: Mettimi come un sigillo sul tuo cuore

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Lorenzo il Popolano stava sfogliando i registri con gesti seccati, scuotendo la testa a ogni pagina con maggior forza, borbottando tra sé qualche frase di rammarico.

La villa di Cafaggiolo era immersa in un sole freddo, ma abbastanza luminoso. Lui e Semiramide avevano deciso di tornare lì per qualche giorno, lasciando il palazzo che avevano in città, per sfuggire alla confusione che ancora vigeva a Firenze.

Lorenzo andava un giorno sì e uno no alle riunioni della Signoria e quando era alla villa si metteva a controllare gli affari di famiglia, trascurati in modo imperdonabile mentre era all'estero.

"E voi non avete fatto nulla per fermarlo?" chiese il Medici con un filo di voce, mentre il dito passava su un ammanco di trecento ducati, usati, a quanto dicevano le ricevute, per comprare delle stoffe recapitate direttamente a Forlì.

Uno degli amministratori, il più anziano, portavoce degli altri, guardò un momento i suoi colleghi e poi si schiarì la gola e rispose: "Non pensavamo di averne l'autorità. Voi stesso ci avete detto che tanto voi quanto vostro fratello avevate libero accesso alle casse di famiglia. Quando ci sono arrivati gli ordini, noi abbiamo semplicemente spedito le cambiali."

Il Popolano si passò una mano sulla fronte, trovandola imperlata di sudore freddo. Quando Simone Ridolfi gli aveva scritto per dirgli che aveva accettato una carica come Governatore di Imola, Lorenzo si era convinto che il cugino l'avesse fatto solo perché ormai certo che Giovanni non avesse più bisogno di una balia.

E invece, ora che si trovava davanti alla realtà raccontata dalle carte, doveva ricredersi grandemente: Simone aveva lasciato perdere Giovanni solo perché aveva capito che ormai era irrecuperabile.

Il Medici trovò altre piccole richieste di denaro, quasi tutte spese per tessuti preziosi e per un paio di armi di pregio.

Stava già per chiudere il pesante registro, quando, svogliatamente, ripercorse a ritroso ancora un po' di cifre e per poco non sentì il cuore fermarsi nel petto.

"Diecimila ducati?!" sbottò, picchiando con forza la mano chiusa a pugno sulla scrivania.

I suoi amministratori sussultarono e subito dopo uno di loro provò a dire: "Si è trattato di una spesa che vostro fratello ha detto necessaria per..."

"Ed era solo una parte!" esclamò Lorenzo, vedendo altri piccoli prelievi poco sotto: "Ma che... Ma come..! Quella maledetta donna! Una meretrice assetata di soldi, ecco cos'è! Ma come accidenti ha fatto Giovanni a farsi fregare così?!"

La sua voce, insolitamente a un volume molto alto, aveva attirato l'attenzione di Semiramide, che stava ricamando nella stanza accanto.

Tenendo ancora in mano il suo lavoro di ricamo, la donna arrivò nello studio e guardò il marito, i cui occhi tondi erano talmente spalancati da sembrare in procinto di cascare già dall'orbita.

"Cos'è successo?" chiese Semiramide, arrivandogli accanto e guardando i registri.

"È successo che tuo cognato – disse Lorenzo, prendendo moralmente le distanze dal fratello – ha deciso di spolpare le casse della nostra famiglia per fare lo splendido con un'assassina!"

La moglie del Medici controllò un momento i resoconti delle spese e comprese molto bene la furia del marito.

Sospirando, guardò gli amministratori e disse con aria di rimprovero: "Diecimila ducati. È il doppio di quel che si dice che gli Orsini stiano spendendo per riavere le loro terre dal papa."

"Noi abbiamo solo fatto che quel ci era stato detto dalle signorie vostre." si schermì uno dei funzionari, abbassando il capo.

"Sì, ma quando avete capito che mio fratello aveva perso la testa, potevate anche..!" cominciò a gridare Lorenzo, ma la moglie gli aveva messo una mano sulla spalla, stringendo quel tanto che bastava per fargli capire di tacere.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Onde as histórias ganham vida. Descobre agora