Capitolo 400: Dichiarazione di guerra

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La notizia della morte di Savonarola aveva portato la Contessa e il Popolano a una notte in bianco, trascorsa a discutere e pianificare le mosse future.

Anche se entrambi si erano convinti – sia per quello che aveva scritto Semiramide, sia per lo notizie ufficiali che erano arrivate i giorni prima – che alla fine il frate sarebbe stato davvero condannato, saperlo impiccato e bruciato era tutta un'altra cosa.

"Tuo fratello adesso deve giocarsela bene." aveva detto a un certo punto Caterina, seduta accanto al marito, le mani strette in grembo e le gambe incrociate: "Se prenderà il potere, se lo prenderà davvero, allora potremo dirci tranquilli. Almeno per un po'."

Giovanni aveva annuito e, grattandosi un po' una guancia su cui stava ricrescendo la barba, aveva sussurrato: "Se ci riuscisse, tu devi prendere la cittadinanza fiorentina. E così anche i nostri figli."

La Tigre l'aveva guardato un po', più concentrata nel capire che cosa intendesse davvero con quel 'nostri' che non sull'aspetto politico di quella decisione.

"Tutti i nostri figli." aveva rimarcato quasi subito il Medici: "Anche Ottaviano e Cesare. Anche se hai del rancore verso di loro e anche se ormai sono adulti, e tecnicamente non sottostanno più alla tua potestà, devi far rientrare anche loro."

Per la Contessa non era una novità, il fatto che Giovanni prendesse tanto sul serio la sua carica di padre adottivo, ma ogni volta che finiva per includere altri a parte Ludovico nell'elenco dei suoi figli, alla donna veniva sempre uno strano nodo allo stomaco.

Da un lato, ne era più che felice. Le dava sicurezza, vederlo tanto sicuro e deciso e far parte appieno di quella famiglia. Dall'altro, però, la semplicità con cui offriva il proprio sostegno anche a chi non aveva il suo sangue nelle vene, le ricordava di quanto lei, che invece ne era la madre, non fosse capace di accettare i propri figli.

Non avevano toccato più l'argomento e a mattina fatta, senza essere riusciti a dormire nemmeno un minuto, avevano dato appuntamento al Vescovo di Volterra.

Appena prima di dare inizio a quelli si preannunciavano discorsi difficili, la Sforza era stata raggiunta dal castellano che le aveva consegnato un dispaccio arrivato da Pesaro. Il suo parente, Giovanni Sforza, le scriveva per dirle che aveva saputo per vie traverse delle trattative preliminari per far sposare Ottaviano a Lucrecia Borja.

'Fate com'havete in animo, cugina, ma vi dico de stare attenta maxime a costei e al di lei padre, chè la sua rete è pronta a catturare chiunque vi si avvicini e farne carne da macello' aveva scritto.

Caterina, leggendo solo una riconferma di quello che già sapeva, aveva fatto a pezzi la lettera per evitare che finisse in mani sbagliate e poi si era preparata mentalmente, assieme al marito, a incontrare di nuovo Francesco Soderini.

Si erano incontrati questa volta a palazzo, nella sala delle udienze, con Luffo Numai e Cardella come unici testimoni.

Soderini, che nella notte aveva ripercorso i suoi errori e aveva capito di avere esili speranze, aveva cambiato del tutto registro e si era scusato per aver dato un'impressione errata.

"Vorrei farvi capire, da amico e parente – cominciò a dire, dopo i primi convenevoli – che anche voi, mia signora, potrete avere gran giovamento da questo matrimonio."

"Fatemi un esempio." disse Caterina, fissandolo senza espressione.

Francesco si strinse le mani l'una nell'altra e poi, con il tono di chi sceglie una cosa a caso tra un ventaglio infinito di possibilità, ribatté: "Per esempio, se Venezia dovesse attaccarvi, Sua Santità vi difenderebbe..."

"Con quanti uomini?" domandò all'istante la Contessa, fredda.

Giovanni, accanto a lei, non diceva nulla, ma la sua presenza pesava ugualmente come un macigno, per il Vescovo. Se la Leonessa era seduta dritta sul suo scranno, le mani sui braccioli e il viso inespressivo, impreziosito da una serie di gioielli che probabilmente valevano più denaro che l'intero palazzo, il Popolano se ne stava in piedi accanto a lei in una posa apparentemente rilassata.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Where stories live. Discover now