Capitolo 434: Nessuno ama l'uomo che porta cattive notizie

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Il suono sordo e pesante di un corpo ormai senza vita che toccava terra dopo l'ennesimo colpo ricevuto riecheggiò nella cella illuminata quasi a giorno.

Caterina poteva sentire l'odore del sangue e della morte nelle narici e avvertiva uno spiacevole dolore alle nocche delle mani, sintomo dei pugni che aveva continuato a dare senza tregua per quella che le era parsa un'eternità.

Nel silenzio innaturale della cella, che somigliava sempre di più all'ingresso di una chiesa, La Tigre si chinò verso il cadavere e fece molta fatica a voltarlo sulla schiena, perché le sue carni erano viscide di sangue e l'osso sporgeva dalla ferita lacera della coscia.

Quando riuscì finalmente a girare il corpo, facendo sì che il volto venisse illuminato dalle candele della chiesa, riconobbe il viso di Giovanni, non cereo e patito, come quando l'aveva lasciato a San Pietro in Bagno, ma ancora roseo e con l'ombra costante di un sorriso, come quando l'aveva conosciuto.

Però, era indubbiamente senza vita.

Inorridendo per quello che aveva dinnanzi, la donna indietreggiò, l'odore dell'incenso che le riempiva i polmoni e le voci del coro della chiesa di Santo Stefano che intonava: "Sic transit, gloria mundi..."

Nell'andare all'indietro, sentì qualcuno alle sue spalle, guardò con il fiato corto di chi si trattasse e rivide lo sguardo confuso e spaurito di Girolamo che si accendeva all'improvviso della furia che lo prendeva sempre quando si imponeva su di lei...

Cercò di gridare, ma dalla sua gola non arrivava nemmeno una sillaba, e quando finalmente riuscì a dar fiato alla sua paura, si risvegliò di colpo, saltando a sedere sul letto, il cuore in gola e la schiena e la fronte madide di sudore.

Ci mise qualche istante a capire dove fosse e qualche minuto per riconoscere la mano che le stava massaggiando la spalla per farle coraggio.

Nel buio della stanza che aveva occupato per mesi, prima di conoscere Giovanni, il ragazzo del bordello la stava osservando un po' preoccupato, senza dire nulla.

La Contessa chiuse un momento gli occhi, cercando di calmarsi e di ricostruire quel che era successo la sera prima. Ricordava di come quel giovane si fosse lasciato svestire e l'avesse fatta stendere. E poi lei si era resa conto di non volerlo sullo stesso letto che aveva condiviso tante volte con il suo ultimo marito. Gli aveva chiesto di fermarsi e poi gli aveva detto che non potevano restare lì.

Era bastato uscire dalla camera e spostarsi di un paio di metri per entrare in quella che Caterina a volte aveva considerato la sua tana.

A quel punto, non si era più data freni e aveva preteso dal ragazzo quello per cui lo avrebbe pagato.

Dopo, quando lui già si stava alzando dal letto per rivestirsi e andarsene - come, in fondo, aveva dovuto fare tutte le altre volte che era stato in quella rocca - la Sforza lo aveva fermato e gli aveva sussurrato: "Ti prego, resta."

Sorpreso, il giovane si era rimesso sotto il lenzuolo con lei che, però, già gli dava le spalle. Dopo una breve esitazione, lui l'aveva abbracciata stretta a sè e la milanese, sfinita, si era addormentata.

L'incubo che l'aveva svegliata si stava lentamente dissolvendo nella sua mente, anche se il senso di inquietudine che le aveva messo addosso permaneva.

Si rimise coricata e lasciò che il suo amante andasse avanti ad accarezzarle lentamente il braccio, per tranquillizzarla.

"Perché mi avete voluto qui, stanotte?" chiese il giovane, che dalla sera prima non riusciva a darsi una risposta precisa: "Messer Medici è morto da pochi giorni... Credevo lo amaste così tanto da..."

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Where stories live. Discover now