Capitolo 379: Chi è diffamato, è mezzo impiccato

255 27 118
                                    

"Ah, e allora adesso lo scultorello scoperto dal Sansoni ha finalmente trovato di che pagarsi il pane?" borbottò Rodrigo, leggendo di sfuggita una lettera in cui si faceva cenno al fatto che Michelangelo Buonarroti avesse accettato una commissione per scolpire un Cristo morto tra le braccia della Madonna: "Quel francese – proseguì in un sobbollire quasi inudibile, alludendo al Cardinale Jean de Bilhères de la Groslaye – pagherà fior di denari per l'opera di uno che ancora non si rade tutti i giorni..."

Cesare, che stava aspettando abbastanza pazientemente che il padre finisse di sbrigare la corrispondenza, si grattò la gola e sospirò molto rumorosamente.

Il papa, ben interpretando quel gesto di impazienza, accantonò un momento le sue lettere e chiese, sforzandosi di restare calmo e pacato: "Di cosa vorresti parlarmi?"

"Tra meno di una settimana istruiranno il processo per lo scioglimento del matrimonio di Lucrecia." disse piatto Cesare, facendo appena mezzo passo avanti.

Alessandro VI, a quelle parole, perse ogni interesse sui pettegolezzi che riguardavano Michelangelo Buonarroti e si concentrò sul figlio. Guardandolo con fare indagatore, gli occhi penetranti intenti a studiare il peculiare profilo di Cesare, il Santo Padre giunse le mani in grembo e rimase in silenzio, come a dire che non capiva quale fosse il punto.

"Sapete che cosa si dirà." fece il giovane, deglutendo e chiedendosi se suo padre fosse davvero potente come credeva anche all'interno del Vaticano.

"Lo so benissimo. E, se proprio lo vuoi sapere, tra qualche giorno un medico scelto di comune accordo con quel dannato Sforza la visiterà." precisò Rodrigo, riprendendo a sfogliare le lettere, seppur senza capirci più nulla.

"Ma lo Sforza ha firmato il non cognoverim, mentre noi sappiamo che..." riprese Cesare, riacquistando per la prima volta da molto tempo il tono spaurito che a volte aveva da ragazzino, quando si sentiva in difficoltà.

"L'ha firmato perchè lo abbiamo costretto noi!" sbottò il papa, che non voleva più parlare di quelle cose: "Credi che al tribunale sarebbe bastata quella stupidaggine del vecchio contratto mai sciolto?!"

In realtà, e Rodrigo un tantino se ne vergognava, lui per primo era stato convinto che sarebbe bastato. Non appena, però, gli era stato detto chiaro e tondo che la corte avrebbe rigettato quella scusa, dicendo che canonicamente non aveva un valore sufficientemente spiccato, allora aveva subito accelerato i tempi per far capitolare Giovanni Sforza, il più debole della discendenza milanese.

"Ricordati che siamo dei Borja!" inveì il Santo Padre, un'amarezza alla bocca dello stomaco così bruciante da non riuscire più a stare seduto: "Se agli altri bastano due parole per scagionarci, a noi ne servono venti! Se a un altro basta una scusa qualunque per sciogliere un matrimonio, noi dobbiamo scomodare pretesti di ogni sorta! Finché tutti saranno più invidiosi di noi che non spaventati da noi, questa situazione non cambierà mai!"

"E allora vedete di spaventarli di più, padre." concluse Cesare, quasi tremando nel sorprendersi capace di tanto ardire.

Per un istante padre e figlio si fissarono negli occhi, ritrovandosi l'un l'altro nel fuoco che intravedevano.

Tuttavia, quando Rodrigo stava per congedare il figlio con un noncurante cenno del capo, fu Cesare a dar prova di aver la situazione in pugno. Senza attendere infatti il permesso paterno, girò sui tacchi e andò alla porta a passo svelto.

"Io non potrò spaventarli ancora per molti anni..." soffiò il papa, rimettendosi a sedere, sentendosi molto più vecchio, ora che il suo erede si permetteva di trattarlo a quel modo: "Presto toccherà a te."

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Where stories live. Discover now