Capitolo 321: Che ti fa ciò che quivi si pispiglia?

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Achille non riusciva a credere che suo fratello fosse scappato dalla battaglia senza nemmeno sincerarsi se lui fosse ancora vivo o meno.

Si era anche perso il momento esaltante della vittoria. E, cosa non trascurabile, sparendo a quel modo l'aveva fatto preoccupare.

Quando non l'aveva trovato da nessuna parte, una volta messi in fuga i malatestiani, Achille era tornato al campo, lasciando un momento al suo vice il compito di riorganizzare la città e scrivere al governo faentino per spiegare che i Martinelli erano stati scacciati, e aveva cominciato a cercare anche lì.

Uno degli scudieri l'aveva sentito chiamare a pieni polmoni il fratello e così gli si era avvicinato e gli aveva fatto sapere ch ePalmerio aveva preso un cavallo e se n'era andato.

"Dove?" aveva chiesto allora Tiberti.

Il ragazzo aveva detto di non saperlo e aveva aggiunto che Palmerio era ferito a una gamba e al volto.

Achille, allora, aveva cominciato a smaniare, domandandosi che ne fosse stato di lui. Già pensava che forse potesse giacere morto per strada, quando arrivò una staffetta con un messaggio, scritto da una grafia che non conosceva, che riportava le parole di Palmerio.

'Sono scappato a Forlimpopoli. Raggiungimi lì.' aveva fatto scrivere.

"Messer Palmerio Tiberti – sottolineò la staffetta con sollecitudine – mi ha detto di consegnare il messaggio solo se avessi trovato ancora uomini della Sforza al campo, altrimenti di andarmene per la mia strada facendo finta di niente."

Achille aveva dato una moneta al giovane e poi si era messo a ragionare.

Prima di tutto, doveva contare le perdite, in modo da poterne rendere conto alla Contessa, una volta di ritorno a Forlì, e poi doveva prendere accordi vantaggiosi per suo fratello.

Anche se era scappato a Forlimpopoli, appena si fosse rimesso, Palmerio avrebbe dovuto riprendere il suo posto.

'Ho rischiato la vita e ho perso la stima della mia signora pur di salvargli la città e l'onore. Che venga almeno a prenderseli.' pensò con rabbia Achille.


Caterina stava leggendo con concentrazione la lettera che Tiberti le aveva fatto recapitare da Civitella.

Achille le aveva scritto che la città era finalmente tornata nelle mani della sua famiglia, che le perdite, tutto sommato, erano state moderate, che i soldati di Rimini e dei Martinelli erano scappati e anche che Palmerio, suo fratello, era stato gravemente ferito ed era andato a rifugiarsi, su suo espresso consiglio, a Forlimpopoli.

La Contessa aveva seri dubbi sul fatto che fosse stato Achille a far andare Palmerio a Forlimpopoli, tanto più che Piero Landriani le aveva mandato una staffetta per dirle che il fratello Tiberti fuggiasco era stato soccorso da un cerusico al quale aveva confessato di essere scappato a gambe levate dal cuore della battaglia senza neppure conoscerne l'esito.

Infine Achille assicurava che sarebbe tornato in città al più presto, ma non prima di aver sistemato l'organizzazione di Civitella.

A Caterina quell'ultima parte non piacque per niente. Non era una richiesta, ma una semplice costatazione. Quasi per certo, lei avrebbe concesso comunque volentieri qualche giorno in più al Capitano Tiberti, ma avrebbe preferito che lui avesse avanzato una richiesta formale, piuttosto che prendersi una simile libertà.

Era quasi sera e la Tigre era rimasta nelle sue stanze per gran parte del pomeriggio, ragionando su come comportarsi con Tiberti, quando fosse tornato in Forlì.

Aveva anche avuto la mezza idea di mandare a prendere suo fratello Palmerio e tenerlo a Ravaldino a mo' d'ostaggio, ma poi le era parsa una misura eccessiva.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Where stories live. Discover now