Capitolo 418: Valiceno

272 30 45
                                    

Quel giorno il caldo aveva cominciato a tormentare i soldati già prima che nascesse il sole. I preparativi al campo erano stati meticolosi e curati nei dettagli e Paolo Vitelli era stato capace di orchestrare il tutto affinché gli uomini scelti fossero pronti con addirittura un'ora di anticipo rispetto al progetto iniziale.

Dopo essersi messo da solo gli abiti di lana pesante e la cotta di maglia, Giovanni aveva baciato il nodo nuziale che portava con una catenina al collo e poi si era fatto aiutare a indossare l'armatura e aveva subito capito che sarebbe stata una giornata infernale.

Non si trattava solo del caldo che, già insopportabile stando in camicione, diventava pessoché disumano con addosso tutte quelle vesti e tutto quel ferro. Il vero problema, almeno per lui, era un altro: il corpo che, caricato a quel modo, minacciava di non supportarlo e cedere prima ancora di andare sul campo di battaglia.

Le sue giunture protestavano a ogni movimento, trovando solo un illusorio sollievo nel momento in cui montò a cavallo. Sistemò la spada al fianco, decidendo di sguainarla solo se vi fosse stata una reale necessità, e tenne una mazza chiodata – arma più rozza, ma, aveva notato durante i suoi allenamenti a Ravaldino, più semplice da usare per le sue mani – assicurata al lato della sella.

Malgrado il suo viso fosse scavato dalla preoccupazione e anche dalla fatica, il Medici sembrava realmente un uomo avvezzo alle armi, benché fossero passati anni dall'ultima volta in cui aveva indossato un'armatura completa.

Ottaviano, invece, sembrava un'altra persona, quella mattina. Il patrigno, con parole calme e ben studiate, lo aveva convinto nottetempo a farsi sistemare i capelli, in modo che l'elmo non gli desse noia e dunque, con una pettinatura che finalmente appariva degna di un guerriero, e la schiena tenuta dritta da tutto il ferro che portava addosso, il Riario dava realmente l'illusione di essere pronto alla guerra.

La colonna di uomini si portò abbastanza rapidamente fino al limitare della località Valiceno, quasi in vista di Cascina.

Grazie agli osservatori, Vitelli era certo che i carriaggi veneziani sarebbero passati di lì, assieme a una nutrita schiera di uomini che si spostavano seguendo le indicazioni del comando generale.

Ludovico della Mirandola, accanto a lui, non parlò per tutto il tragitto, comunicando a stento perfino con i suoi secondi, tradendo un'agitazione che fece venire i brividi anche al Medici.

Quella non sarebbe stata una scaramuccia come le altre. La tensione era palpabile. Tutti avevano capito che il comandante si stava giocando forse l'intera campagna, con quella prova di forza.

Giovanni sentiva un vago senso di nausea, e il cuore che correva, ma, avendo accanto a sé Ottaviano, pallido come un cencio, si sentiva in dovere di mostrarsi forte e sicuro di sé e così, stringendo i denti, non faceva una piega nemmeno quando, assecondando la strada un po' scoscesa, il suo cavallo gli dava qualche piccolo scossone che risvegliava i suoi dolori.

Il piano di Paolo Vitelli aveva un che di geniale e un che di folle, il Popolano ne era sicuro. Poteva tramutarsi in una disfatta o diventare motivo di vanto e chiave di volta per riprendere Pisa. La decisione di mandare in avanscoperta buoi e asini era degna di un pazzo, ma non era da escludersi che quel tocco di teatro si sarebbe tramutato in un colpo da maestro.

E ormai, per capirlo, bastava solo aspettare.


Marco da Martinengo si asciugò il sudore dalla fronte, mentre controllava i suoi uomini che uscivano dalle porte di Cascina.

Era ancora nero di rabbia per le accuse mosse contro di lui dai veneziani. Un'inchiesta aperta contro di lui con l'accusa di essere stato poco incisivo, specie dopo la battaglia di San Regolo, era per lui un'onta difficile da dimenticare.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Where stories live. Discover now