Capitolo 350: Non exiguum temporis habemus, sed multum perdidimus

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I quattrocento fanti e i seicento cavalieri che Bartolomeo d'Alviano era riuscito a mettere insieme a Siena stavano solo aspettando un suo ordine.

Teoricamente, essendo colui che sborsava l'ingaggio, sarebbe stato compito di Piero Medici dare le direttive a riguardo di quella strana campagna militare, ma il signore di Bracciano aveva capito subito che quell'uomo non ne sarebbe mai stato capace.

Inanellato, vestito di seta e velluto, sconvolto nel vedere la pioggia battente infradiciargli i capelli, il Fatuo non aveva più parole per esprimersi e pareva infinitamente pentito di aver lasciato il suo rifugio.

Il piano non era malvagio, in fondo. Erano partiti da Siena all'imbrunire e, con il favore della notte, avrebbero potuto benissimo arrivare fino a Firenze e metterla a sacco prima che qualcuno potesse bloccarli. A quel punto, il Fatuo sarebbe entrato alla Signoria e avrebbe imposto il suo rientro e la cancellazione del suo esilio, proponendo prontamente quello per i cugini Popolani.

Però, poco dopo essersi messi in marcia, la campagna toscana era stata sommersa da un nubifragio infernale, così violento e generoso di pioggia che Bartolomeo non ricordava di averne visto uno uguale in tutta la sua vita.

I cavalli, ma anche gli uomini in mezza armatura, arrancavano nella terra resa molle dall'acqua e il signore di Bracciano pareva uno dei pochi a resistere stoicamente a quella condizione estrema.

Tutti quanti tremavano di freddo e il Medici aveva anche provato a proporre di tornare subito indietro, salvo poi ricordarsi dei soldi sborsati per tutti quei mercenari.

"In città ormai è arrivato Paolo Vitelli con i suoi." disse Bartolomeo, stringendo gli occhi sotto la pioggia ancora fitta, ma molto meno invadente di poche ore prima.

Le porte di Firenze erano lì a poche centinaia di metri da loro e, se solo fosse già sorto il sole, forse avrebbero perfino potuto vedere la cupola del Brunelleschi fare capolino all'orizzonte.

"Ma noi abbiamo mille uomini..." provò a balbettare Piero, scosso dal freddo che i panni bagnati gli impedivano di combattere.

"E loro hanno le mura della città e le guardie, oltre ai soldati di Vitelli." rimarcò Bartolomeo, facendosi appena più loquace del solito solo perché trovava il Fatuo estremamente stupido e duro di comprendonio: "Se anche entrassimo in città, non si arrenderebbero."

A guidare la valutazione di d'Alviano, però, non erano tanto i suoi meticolosi calcoli di probabilità di riuscita, quanto le parole che gli aveva detto la moglie prima di partire da Bracciano.

Gli aveva raccomandato di farsi onore, ma di non rischiare troppo. I soldi li aveva già incassati, dunque, quale cosa migliore che scrollarsi di dosso quel pericolo senza dover nemmeno alzare un dito?

La camminata sotto la pioggia se l'era fatta. Non erano stati abbastanza rapidi, ma la colpa era stata del Medici, che prima aveva ritardato la partenza per ansie sue, e poi del clima, che aveva reso quasi impossibile marciare.

Dunque, agli occhi di tutti, Bartolomeo non avrebbe mai avuto colpe per quella ritirata.

In altri momenti, soprattutto se si fosse trattato di una guerra per la sua famiglia o dalla grande importanza per lui o la moglie, il signore di Bracciano avrebbe attaccato comunque. Confidava molto nelle proprie capacità ed era certo di aver scelto ottimi mercenari, a Siena. Con un briciolo di buona sorte, la città sarebbe stata sua in meno di un giorno.

"Siamo davanti a questa porta da quasi quattro ore." concluse il condottiero, impassibile sotto l'acqua che batteva sulla sua corazza: "Gli uomini cominciano a essere irrequieti. Decidete voi che fare."

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora