Capitolo 316: Ex factis, non ex dictis amicos pensent

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"Certo, le riunioni del Consiglio sono aperte a tutti,teoricamente... Com'è ovvio, possono intervenire attivamente solo i membri aventi diritto, ma nulla vieta alla popolazione di assistere e sentire con le proprie orecchie quel che viene detto."confermò il castellano Cesare Feo, guardando Giovanni Medici in modo tagliente e trattenendosi appena in tempo dal chiedere il perché di una simile domanda.

L'ambasciatore fiorentino viveva lì da mesi, ormai, eppure non si era mai nemmeno sognato di prendere parte a una delle riunioni, anche se, per via del suo ruolo, ne avrebbe avuto tutto l'interesse.

Dunque quell'improvvisa decisione di assistervi aveva lasciato Cesare di stucco e l'uomo non riusciva a nascondere la sua perplessità al Popolano, che, di rimando, non smetteva di sorridere pacato, come se stesse discorrendo del clima.

"E quante ore durano, queste riunioni?" chiese il fiorentino, appena il castellano ebbe finito di parlare.

"Dipende. Di norma tutta mattina, ma se ci sono cose molto serie da discutere possono durare fino a sera o anche solo una manciata di minuti." rispose Cesare, sollevando le spalle con fare affettatamente annoiato.

Giovanni sospettava che quello non fosse solo un modo per dire che non lo si poteva sapere; da quello che aveva capito della Tigre, era probabile che lei davvero altalenasse tra quei due estremi.

Non faticava a credere che, se l'argomento all'ordine del giorno fosse stato particolarmente grave, la donna avrebbe potuto o ragionarci e specularci sopra tutto il giorno, oppure prendere la sua decisione in un batter d'occhio, senza chiedere conferme o consigli a nessuno.

Dopo aver ringraziato il castellano, Giovanni andò nelle sue stanze con la maggior rapidità che il suo passo ancora un po' incerto gli permetteva, e si diede una bella sistemata.

Si pettinò con cura i riccioli, benché quella mattina fosse impossibile domarli del tutto, e scelse degli abiti freschi e puliti,malgrado fossero un po' troppo leggeri per quella giornata fredda.

In un soffio, fu pronto per uscire. Si diresse senza indugio al palazzo dei Riario, dove si svolgevano le riunioni del Consiglio Cittadino e, calcandosi un po' in testa la berretta di seta rossa,sperò con tutto se stesso che il suo gesto non venisse frainteso da nessuno, dalla Contessa in primis.

Dopotutto, voleva solo vedere la donna che amava in uno dei suoi ambienti naturali.

L'aveva vista addestrarsi nel cortile coi soldati, l'aveva vista a caccia nei boschi, l'aveva vista mentre leggeva e commentava le opere letterarie che amava. Adesso voleva vederla alla guida dello Stato.

Quando arrivò nella sala del Consiglio – dopo essere passato attraverso ben tre perquisizioni che lo trovarono del tutto disarmato– Giovanni si rese subito conto che la riunione era iniziata in modo infuocato.

Fin da stare sulle scale, infatti, si sentivano le voci dei Consiglieri, con il loro forte accento romagnolo, e pure qualche colpo di quando in quando, come se i pugni sul tavolo fossero un semplice intercalare.

"Questa è una spesa inutile!" stava gridando uno, mentre il Popolano faceva il suo ingresso in sordina e si andava a mettere contro il muro, assieme ad altri che sembravano possidenti e cittadini di alto rango che, però, non facevano parte della rappresentanza che contava.

"La rocca di Ravaldino – fece un altro, fingendosi più conciliante – è già abbastanza sicura così. A che diavolo serve un mastio, lo possiamo sapere?"

Caterina, così immersa nella questione discussa da non vedere nemmeno il profilo di Giovanni accanto alla porta, stava ascoltando in silenzio.

"Un mastio è una spesa inutile. Avete già il fossato. Abbiamo comprato dei nuovi cannoni. Fate arruolare tutti i nostri contadini e lasciate che perdano i loro giorni ad addestrarsi per una guerra che non arriverà mai, mentre i nostri campi rimangono incolti o al massimo in balia delle maldestre cure di qualche povera donna..."riprese il primo, scuotendo platealmente il capo, mentre qualcuno applaudiva in segno di assenso: "Invece di giocare a fare il comandante, dovreste..."

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora