Capitolo 256: ...fecemi la divina potestate...

317 29 0
                                    

La moglie di Bernardino chiuse le imposte con un colpo secco e poi tornò dal marito, inveendo contro di lui: "E cosa pensi di fare coi nostri figli?! Li vuoi lasciare qui?"

L'uomo, che si stava infilando nelle tasche del giaccotto i pochi averi di valore che c'erano in quella casa, lanciò uno sguardo perso alla moglie, poi i suoi occhi gli caddero sul suo ventre, che nascondeva una vita ancora tanto fragile da non essere palese: "Non lo so... Prendiamo con noi anche loro... Scappiamo anche con loro..." farfugliò.

La donna, cercando di ignorare la confusione delle strade, le campane a martello e le grida delle guardie, che stavano facendo aprire a viva forza i portoni di tutti, tentò un'ultima volta di far ragionare il marito: "Come pensi di poter scavalcare le mura in cinque? Già sarebbe un'impresa se fossimo solo in due..!"

"Io devo andarmene! Ci sono dentro fino al collo! Hanno preso Gian Antonio! Prenderanno anche me! Cosa vuoi che importi se non ero al ponte con gli altri?!" fece Bernardino, mettendosi a spiare da dietro le imposte, in attesa di un momento favorevole per uscire: "Tu arrangiati, fai quello che ti pare!"

La donna, allora, trattenendo le lacrime di vergogna per la viltà del marito, gli disse: "Scappa, scappa. Io non fuggirò, anche se verrò uccisa."

"Ma che uccisa e uccisa..." sbuffò l'uomo, andando alla porta: "Sei una donna e sei incinta e in più sei la sua cameriera personale, non ti farà nulla."

Mentre Bernardino metteva una mano sulla maniglia e si preparava a tuffarsi fuori per inseguire la chimera della fuga, sua moglie sussurrò: "Tu non la conosci."

L'uomo, per non essere trattenuto da una discussione proprio in quel momento così confuso e difficile, finse di non aver sentito e uscì di casa, richiudendosi la porta alle spalle e cominciando a correre.


 Quattro soldati entrarono nella casa di Giorgio Gobbi sfondando la porta, in risposta alle resistenze dell'uomo, che si ostinava a non voler aprire.

Gettatolo gambe all'aria, gli uomini della Contessa passarono al setaccio ogni angolo di ogni stanza, rivoltando gli armadi e facendo a pezzi il mobilio, incuranti delle preghiere della moglie di Gobbi, che li implorava di lasciarli in pace.

"L'Auditore ha veduto vostro fratello tra i colpevoli – spiegò uno dei soldati, bloccando la donna con un braccio – e pensa che lo stiate nascondendo voi. E se fosse così, non sono certo che vi salverete dalla forca!"

Quando la moglie di Gobbi scoppiò a piangere, i soldati presero a cercare con maggior foga, interpretando quel cedimento come un'ammissione di colpa.

Don Domenico, rintanato nella cassapanca della sorella, stava pregando in silenzio, frenetico, sciorinando tutte le preghiere che sapeva e inventandone anche di nuove.

Quando sentì i passi pesanti e ferrosi degli uomini della Contessa, il prete di raggomitolò ancora di più, ma non riuscì a impedire ai suoi denti di battere tanto forte da potersi di certo sentire anche oltre lo spesso legno che lo nascondeva.

Prima che Don Domenico potesse rendersi conto di quello che stava accadendo, la luce di una torcia gli illuminò il volto rigato di lacrime e sudore e due soldati, scoperchiata la cassapanca, lo tirarono su di peso, afferrandolo sotto le ascelle.

"C'è un errore!" gridava il religioso, mentre veniva trascinato fuori casa sotto agli occhi sgomenti e pieni di terrore della sorella e del cognato: "Io non c'entro! Che state facendo?! Sono un uomo di Chiesa! C'è un errore!"


 L'Auditore aveva fatto sì che il corpo di Gian Antonio Ghetti venisse recuperato e rimesso in sesto, per quanto possibile.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora