Capitolo 323: Idem velle atque nolle, ea demum firma amicitia est

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 Trevignano era stata presa, su ordine espresso del papa, dall'esercito guidato da Juan Borja, ma nel giro di nemmeno un paio di giorni, Bartolomeo d'Alviano, alla testa di appena trenta uomini, era riuscito a riprendersela, lasciandosi alle spalle oltre duecento cadaveri nemici.

"Questi, invece – stava spiegando Bartolomeo, indicando con una delle mani callose il piccolo arsenale di artiglieria leggera che aveva appena fatto entrare al castello di Bracciano – li abbiamo presi a un contingente romano che stava scappando verso Cerveteri."

Bartolomea passò in rassegna un pezzo dopo l'altro, commentando a bassa voce i pregi e i difetti delle varie armi e facendo mettere da parte quelle più danneggiate e istruendo il maestro d'armi su dove piazzare quelle in buono stato.

"Allora..." sussurrò Bartolomeo, avvicinandosi un po' di più alla moglie, mentre i loro soldati cominciavano a occuparsi del bottino: "Sono stato bravo?"

La donna gli sorrise appena e ricambiò bisbigliando: "Come sempre."

Il cielo era grigio e freddo, come lo era da giorni, e Natale si stava avvicinando, eppure il figlio del papa non sembrava intenzionato a smettere le sue offensive.

A sprazzi abbastanza irregolari, interrotti soprattutto dagli ordini estemporanei del papa e dall'ansia di sapere Carlo Orsini sempre più vicino, il Duca di Gandia attaccava le mura del castello di Bracciano, perlopiù su pressioni del Duca di Urbino, che lo affiancava ormai in pianta stabile, ma per il momento non era ancora riuscito a far breccia nelle difese tenute magistralmente nella mano salda di Bartolomea.

"E il Borja s'è visto, quando hanno attaccato in questi giorni?" chiese Bartolomeo, a cena, mentre lui e la moglie mangiavano davanti al camino in una delle stanze più calde del castello.

L'Orsini scosse il capo, addentando un pezzo di carne salata e poi prendendone subito un altro, piantandoci in mezzo la punta del coltello con una forza che tradiva la sua irritazione: "Ma figuriamoci... Quello è un asino vestito da guerriero."

L'uomo si fece un momento pensieroso, scuotendo la testa: "Non capisco perché questi ragazzini viziati vogliono andare in guerra, se poi non sono pronti a prendersi certi rischi. Se impugni l'elsa di una spada, devi pensare che potrai arrivare a due grandi estremi."

"Uccidere o essere ucciso, hai ragione." annuì la signora di Bracciano, allungando le gambe e poggiando i piedi sul bordo del tavolinetto: "È quello che dico anche io ai giovani che tirano in ballo l'idea di fare il soldato. Bisogna parlar chiaro con quelli, o alla prima baruffa se la fanno addosso e mettono a rischio tutti i loro commilitoni per niente. Ma questo è il figlio del papa e lo sai che il Borja vuole mettere a ferro e fuoco il mondo. O faceva il soldato e si metteva la gonna, come suo fratello. Piuttosto, continua a mandare verrettoni e a lasciare in giro editti in cui offre un buon compenso a chiunque dei nostri passi dalla sua parte. Non lo trovi ridicolo?"

Il marito fece segno di sì e si prese un altro pezzo di formaggio stagionato. Stavano già usando solo cibo della dispensa. Benché se l'aspettassero, quell'assedio era arrivato nel momento sbagliato. Con le campagne in crisi e molti uomini distolti dai loro impegni per andare in guerra, la disponibilità di derrate alimentari per gli Orsini era molto ridotta.

Forse pensando le stesse cose, Bartolomea fece un profondo sospiro e, agitando il coltello in aria con la naturalezza di chi gesticola mentre chiacchiera del più e del meno, soggiunse: "Ma se questi non attaccano davvero, dandoci la possibilità di batterli o almeno di sbloccare la situazione in un senso o nell'altro, andrà a finire che moriremo di fame. E io preferirei di gran lunga morire trafitta da una lancia, piuttosto che morire perché non metto niente sotto i denti da quindici giorni."

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Where stories live. Discover now