Capitolo 290: Chi fugge dalla battaglia può combattere un'altra volta

En başından başla
                                    

"Un disguido – si era scusato il milanese, quando gli aveva mostrato l'opera d'arte – ma tutto a vostro vantaggio, non credete? Questo marmo di certo vale più di una misera tela, ma il prezzo resta il medesimo!"

Soprassedendo su ciò, il porporato aveva comunque accettato l'acquisto di buon grado e aveva posto quell'antico cimelio nel centro del suo miglior salone, vantandosene con tutti gli ospiti – non che in quel periodo fossero in molti a frequentare il suo palazzo – fino a sfinirli.

Quella mattina di maggio, però, con quella luce impietosa che colpiva il profilo efebico del Cupido, Raffaele non riusciva più a zittire la voce che dentro di sé lo metteva in guardia.

Da quando la statua era arrivata, erano subito cominciate delle voci molto antipatiche circa la sua autenticità e, di conseguenza, sulla scarsa furbizia del Cardinale, che si era fatto truffare come niente, pagando una cifra ingente per un falso.

Non che Raffaele pensasse che i chiacchieroni della curia romana fossero in grado di riconoscere un falso da un originale, ma la sua natura paurosa e sospettosa l'aveva subito gettato nello sconforto.

Quando qualcuno bussò alla porta, Raffaele staccò la punta del dito dal liscio marmo della statua e si apprestò con cuore dolente a sentire cosa le sue spie avessero da riferire.

Avendo soldi da spendere e non avendo altre velleità, ormai, se non il collezionismo e l'istruzione del cugino Cesare Riario, il Cardinale aveva pagato profumatamente degli uomini molto esperti affinché scoprissero lo scopribile su quel benedetto Cupido Dormiente.

"Allora?" chiese con la vigliacca impazienza di chi attende una notizia infausta ed è combattuto tra il desiderio di una conferma e l'illusoria attesa di una smentita.

"Abbiamo messo sotto torchio quel milanese – fece la spia, un omaccione con un occhio solo e due mani grosse come badili – l'intermediario che vi ha portato questa cosa..."

Raffaele, che comunque apprezzava molto la linea limpida e precisa di quella statua, si risentì un po' per il tono usato dalla spia, ma non disse nulla, stringendosi le mani l'una nell'altra e portandosele al petto, in ansia.

"Ha ammesso che non è un originale, ma che anzi è una roba fresca, freschissima, anticata per farvela comprare e pagare di più." concluse la spia: "Ha anche detto che prima si pensava di rifilarvi una crosta, ma alla fine una statua era più semplice da patinare e così hanno fatto."

"E chi è stato a volermi truffare?" chiese il Cardinale, occhieggiando verso il Cupido con rinnovata diffidenza.

Il delatore fece spallucce e ammise: "Questo non lo abbiamo scoperto. Anche se gli abbiamo detto che gli cavavamo la lingua, quel dannato milanese ha detto di non sapere i nomi di quelli che l'avevano proposto. Se volete risposte, vi conviene mandare qualcuno a Firenze."

Raffaele ringraziò, allungando ancora una moneta d'oro alla spia, senza un vero motivo, forse solo per l'inconscia paura di vedersi a sua minacciato dalle quelle manone, e si mise subito a pensare al da farsi.

Ormai era stato gabbato e su questo non c'era nulla da dire. Anzi, cercare il colpevole per essere rimborsato, forse, lo avrebbe fatto passare ancor di più da fesso.

I suoi occhi incavati si posarono sulla statua di marmo e improvvisamente una nuova prospettiva gli si aprì davanti.

Forse non si trattava di una statua antica, ma c'era da ammettere che era un'opera più che notevole, un'opera che davvero nulla aveva da invidiare a quelle dei grandi scultori latini e greci.

Chiunque ne fosse l'autore, doveva trattarsi di un grande artista.

Con un entusiasmo tutto nuovo, Raffaele ci ragionò sopra e poi decise di mandare a Firenze Jacopo Galli, un mediatore molto esperto e dai metodi efficaci.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin