Capitolo 276: Onorando molti e fidando in pochi

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Pandolfo, che si era seduto mollemente alla scrivania – che era ingombra di fogli stracciati, tagliacarte e ninnoli vari – sollevò le sottili sopracciglia, facendole sparire sotto i capelli neri: "Di cosa, precisamente? Ho fatto molte cose negli ultimi giorni, non posso ricordarmele tutte..."

Guglielmo non cedette all'irritazione per quel tono che suonava come una chiara provocazione, e spiegò: "La mia signora non è stata contenta di vedervi appoggiare la causa del Gottifredi più giovane. Il patto di reciproco rispetto e lealtà è stato tradito da voi con troppa facilità, secondo la mia signora. Avete mandato gli abitanti di Meldola contro i nostri soldati, dopo che la Contessa aveva stretto con voi un accordo molto chiaro. Vi ha fornito la scusa per chiamare a Rimini Guerra e farne ciò che volevate, ma in cambio si aspettava da voi lealtà."

Il Pandolfaccio sbuffò, cominciando a giocherellare con uno degli stiletti, passandoselo da una mano all'altra distrattamente: "Le donne sono pronte a credere a tutto, non trovate?"

Altodesco tradì per la prima volta il suo profondo nervosismo e il suo viso venne attraversato da una breve contrazione, mentre rimbeccava, risentito: "State molto attento a come parlate, ricordatevi chi avete davanti, messer Malatesta. Se mancherete di nuovo di rispetto alla Contessa, sarò costretto a..."

"A fare cosa?" ridacchiò Pandolfo, puntellandosi sulla sedia, come un bambino curioso, mentre le sue dita si stringevano con maggior cattiveria attorno al manico del tagliacarte: "A lamentarvi con la vostra signora? E che può mai fare lei contro di me? A differenza di Guerra, io so molto bene che lei non ha nessuno dalla sua parte. Non riuscirebbe mai a mettere in difficoltà Rimini. Io ho l'esercito che era stato di mio padre e non ho paura di usarlo. Quella gatta avrà anche artigli affilati, ma non riuscirebbe a ottenere sostegno nemmeno da Faenza, anche se ha messo in scena la buffonata di far sposare sua figlia con quel bambinetto che fanno passare per l'erede di Galeotto Manfredi... Perché, quindi, dovrei temerla?"

Altodesco si irrigidì. Non sapeva come contrastare quell'ostilità. La cosa che più lo scompensava era vedere la mano del signore di Rimini circondare l'impugnatura dello stiletto con una forza che poteva preludere un attacco improvviso.

Quell'uomo era pazzo, ci si poteva aspettare di tutto da lui, perfino un colpo di testa come uccidere un ambasciatore straniero senza averne motivo.

Inoltre, nemmeno i suoi discorsi mettevano Altodesco in una buona posizione. La Contessa gli aveva paventato una possibilità simile, ma non ricordava più che genere di invettive e minacce gli aveva raccomandato di usare come contrattacco. La tensione che aveva accumulato gli stava annebbiando la memoria. Sapeva bene che le guerre si vincono anche nei salotti e nei parlatori segreti, dunque sentiva sulle sue spalle una grandissima responsabilità. E, insieme, pesava anche la consapevolezza di non essere all'altezza delle richieste della sua signora.

"Vi sentite messo all'angolo, ambasciatore?" chiese Pandolfo, con un sorriso mellifluo, mentre si alzava e si avvicinava a Guglielmo con fare insinuante, lo stiletto ancora in pugno e uno sguardo rapace che fece venire i brividi al forlivese: "Vi aiuto io. Dite alla Tigre che non ho alcuna intenzione di sottostare al suo volere senza averne un valido motivo, tuttavia, sono un uomo ragionevole e di indole volubile. Se saprà offrirmi qualcosa in cambio, o se sarà in grado di dimostrarmi la sua forza e quindi di impensierirmi davvero, allora potrei anche cambiare idea."

Altodesco guardò dritto negli occhi folli di Pandolfo e annuì, senza riuscire a dire altro. Sentiva la lama del tagliacarte pericolosamente vicina e si stava pentendo amaramente di averlo seguito nelle sue stanze.

"E ora, su, forza! Correte a scrivere alla vostra signora!" lo canzonò il signore di Rimini, portando il suo lungo naso a meno di un millimetro da quello dell'ambasciatore: "Non vorrei mai che si impensierisca, non ricevendo la vostra lettera quotidiana..!"

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Where stories live. Discover now