Capitolo 275: Errat autem qui amicum in atrio quaerit, in convivio probat

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Cesare Feo abbassò il capo e assicurò che avrebbero setacciato il Gottifredi come il riso.

Lasciando la missiva di Tiberti appoggiata sulla scrivania, Caterina si alzò. Sarebbe andata subito nella saletta in cui voleva incontrare il rifugiato, ma si rese conto di essere in abiti da lavoro e si disse che quello era un momento cruciale della sua campagna. Doveva cambiarsi, scegliendo vestiti più adatti. Anche se coi suoi uomini poteva mostrarsi poco attenta alla forma, davanti a uno dei suoi potenziali nemici era necessario far sì che la sua autorevolezza non si potesse mettere in dubbio, men che meno per colpa di un abito sgualcito.

"Potete andare, ora." disse, per congedare il castellano, che stava ancora sull'uscio aperto della stanza: "Sarò da Gottifredi tra un attimo."

Cesare Feo si inchinò e si richiuse la porta alle spalle, lasciando la sua signora libera di indossare un abito più consono alle trattative che si apprestava a condurre.

La Contessa ci mise un po' a scegliere cosa indossare. Non aveva più molti vestiti e certi, per quanto un tempo di foggia invidiabile, stavano passando di moda o erano rovinati. Per la prima si trovò a pensare che suo marito Giacomo aveva ragione, quando le consigliava di farsi confezionare pure lei qualche abito nuovo.

Alla fine ne scelse uno dai colori neutri, molto semplice, ma elegante, il cui unico difetto visibile era un piccolo buco sul fianco, che poteva coprire molto agevolmente mettendosi sulle spalle un ampio scialle di lana. In fondo faceva freddo, quindi poteva anche starci.

Da quando non aveva più una cameriera personale, poi, Caterina aveva lasciato perdere tutte le sottovesti difficili da infilare e anche certi abiti dal corpetto strutturato erano finiti in fondo a una delle cassapanche e non aveva più nemmeno provato a metterli. Se il suo ospite l'avesse trovata troppo rilassata, in quell'abito dalle forme morbide, non le importava.

Lasciò i capelli sciolti, trovando che una retina l'avrebbe fatta sembrare solo più vecchia e non per forza più ordinata e rimpianse per la prima volta le acconciature raffinate che la moglie di Bernardino sapeva elaborare con apparente grande facilità.

Prima di uscire, comunque, si diede una rapida occhiata allo specchio. Seppur in parte celato dallo scialle, il suo corpo era messo in risalto dalla stoffa morbida color crema e i suoi capelli biondi rilucevano con arroganza sulle sue spalle e forse Gottifredi avrebbe apprezzato quei dettagli anche più di quanto la Tigre non sperasse.

Gottifredi aspettava in ansia, seduto in punta di poltrona, un calice pieno fino all'orlo davanti, accompagnato da pane nero e qualche pezzo di formaggio, e gli occhi nervosi che scattavano senza posa da un angolo all'altro della saletta.

Quando la Contessa entrò, l'uomo si alzò repentinamente, andando perfino a sbattere con le gambe contro il tavolo e rischiando di rovesciare il vino: "Mia signora – disse subito, avvicinandosi a lei e mettendosi in ginocchio – sono un vostro fedele servo!"

Caterina lasciò che l'uomo le baciasse il dorso della mano e poi gli indicò le due poltroncine sistemate vicino al tavolo: "Prego, mettetevi comodo e ditemi ogni cosa."

Il maggiore dei Gottifredi aveva il viso largo e portava i capelli alla guisa dei soldati più rigorosi, ma nei suoi occhi si leggeva un'insicurezza che poco si abbinava al suo aspetto marziale.

"Mio fratello ha preso la rocca di Cusercoli – cominciò a spiegare – forte dei soldati che ha potuto comprarsi coi soldi che gli aveva dato il Conte Guerra. Crede di essere lui il padrone della città solo perché il signore di Cesena l'aveva preferito a me. E lo aveva preferito solo perché lo sapeva più facile da controllare."

"Guido Guerra è morto, dunque le sue idee ormai valgono meno di un otre bucato." commentò subito la Tigre, prendendo il suo calice e alzandolo in direzione del suo ospite: "Quindi il buon senso direbbe che ora Cusercoli spetta giustamente a voi, in quanto fratello maggiore. È questo che volete dire, immagino."

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora