116. Vattene

9 1 3
                                    

116.

Núha stava imparando, con l'aiuto di un libro, ad allevare animali. Aveva dovuto improvvisare.
Una serie di ostacoli pratici le aveva impedito di continuare a fare la giornalista, da lì.

"Non voglio che mia moglie faccia l'operaia" le aveva detto Rúnhr, arrabbiato, quando lei aveva cercato un'occupazione.

"Cosa ci posso fare? In queste zone è l'unico lavoro che si trova"
"Non ti preoccupare, ci penserò io e poi voglio che allevi tu Lànghrian e non degli estranei."

Lei non aveva perso tempo, doveva contribuire all'economia familiare.
Si era informata su come allevare animali da cortile e da un bel po', vendeva ciò che produceva. Se la cavava bene.
Aveva deciso di allevare razze di pregio, da amatori, collezionisti. Non sopportava di allevare e poi vendere animali che sarebbero stati uccisi.
Guadagnava abbastanza, la clientela si stava allargando.

Lànghrian era diventato un bel tipetto. Puntava sempre in su.
La prima arrampicata, la fece scalando una grossa caffettiera, da 10 tazze. Da piccolo, attaccato al mobiletto della cucina, quando non sapeva ancora camminare.

Poi passò agli armadi, quindi un albero di nocciolo, da cui non riusciva a scendere e poi un muretto di pietra a secco.
L'ultima bravata fu salire in fienile, per raggiungere un gattino. Prodezza eseguita in due minuti, letteralmente alle spalle della mamma, che lo iscrisse subito all'asilo, anche se non aveva tre anni.

Felicissimo di avere un sacco di cose da combinare, al mattino trottava e saltellava verso 'la scuola'. "Io vado a scuola, non all'asilo, sono già grande!" Diceva a tutti.

Era un bimbo divertente e particolare Aveva iniziato a parlare molto presto. Un giorno era esploso con la sua prima parola.
"Lu..la!!!" aveva detto improvvisamente alla luna piena, splendida nel cielo terso.

Poi, in montagna, all'arrivo di Rúnhr, che non vedeva da tre giorni, aveva scandito la seconda parola "Pa!..paaa!!!!!" aveva detto estasiato e aveva allungato le braccia.

Aveva attitudine ad inventare le parole. Sparava e ideava le sue definizioni, sempre qualcosa di infantilmente 'scientifico'.

Le trote erano le 'trottole'. Andarle a pescare era 'trottolare'. Tutte le cose come cerchi, sfere, bidoni erano i "circoli". E poi c'era il suo gioco preferito.
Lo zio, per farlo giocare, lo rincorreva urlando "ciappalo, ciappalo..!". Perciò quando arrivava, lui gli chiedeva di giocare a 'ciappalare'.

Solo se pioveva si poteva stare tranquilli. Con addosso la sua mantella impermeabile e stivaletti di gomma, percorreva in lungo e in largo ogni singola pozzanghera. Non combinava guai, giocava con le mani nel fango, porgeva l'acqua agli animali, costruiva forme, con il suo sechiellino e paletta, costruiva dighe.

Gli uomini di scuderia erano abituati ad averlo sempre in giro, erano cordiali. Ma Lànghrian un giorno, corse da Núha arrabbiatissimo.

"È stato lui a rubarli, vieni mamma!"

La portò vicino a una siepe, le fece vedere.
Sotto, c'erano i gambi, tagliati rasoterra, di un grosso mazzo di funghi chiodini.
Poco più in là, Buss li stava osservando.

"Lui, è stato lui a rubarmi i funghi," fece Lànghrian, puntando il dito accusatore.
"Non sono stato io" fece Buss.

"Sì, invece. Volevo chiamare la mamma, ieri, per raccoglierli, ma hai detto che non erano pronti e invece me li hai rubati"

"I tuoi sono da un'altra parte" disse lui ridendo sotto i baffi.

"No, tu non li vedi mai. Solo io ho 'l'occhio secco' e li trovo. Ma tu me li rubi."
"E va bene" disse lui "Facciamo a metà?"

Helòr - l'Oro di Hellok Where stories live. Discover now