88. Invito a nozze

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88.

Núha aveva il suo lavoro, che le piaceva molto.
Un ottimo lavoro. Fra diverse belle proposte, aveva scelto di entrare nel settimanale leader della nazione, Mleck.
Le piaceva scrivere, la carriera di giornalista la interessava.

Era esausta, l'impegno era un po' eccessivo per la sua condizione, ma sarebbe migliorata. E comunque era molto apprezzata. Aveva anche una rubrica, tutta sua, con la sua foto, sul settimanale.

Avevano deciso, la data delle nozze ufficiali era già fissata. Intervenne un imprevisto.
I genitori di Rúnhr e i suoi parenti, gli amici, fecero una gran pressione su di loro.

"Non è bello che non gli facciate sapere che vi sposate, e non li invitiate al matrimonio. Sono comunque i tuoi genitori Núha. Dovete rispettarli." Disse il padre di Rúnhr.

Lei pensò 'Ma non sai che mio padre ha tentato di farmi fuori. E non te lo dirò mai.
Solo io conosco il cuore e la testa dei miei, impossibile spiegarlo a gente fiduciosa e benpensante come te.
Nemmeno Rúnhr sa veramente tutto, di quello che mi è successo in famiglia. Conosce solo quello che ha vissuto con me'.

Cercò in tutti i modi di far capire a Rúnhr che era una pessima idea.
I suoceri, nel sentire che lei non ne voleva sapere, si misero in angoscia. Ed ebbe anche la sensazione che si offendessero un po'.
Quindi cedette, per non dargli un dispiacere, e per rispetto.

"Va bene, telefonerò a mia madre. Ma non aspettaltevi niente di buono."

Lirl, inaspettatamente accettò di riceverli. Núha le spiegò di non tentare di trattenerla con la forza, o sarebbero stati guai grossi.
Arrivò il giorno. Verso sera andarono dai suoi.

Quando entrarono in salotto, né Lirl, né Claude le chiesero come stava.

Si accomodarono sul divano.
Rúnhr disse "Siamo venuti ad avvisarvi, nonostante quel che è successo, che ci sposiamo fra poco.
Crediamo, che i fatti, vi abbiano fatto capire che ce la caviamo benissimo da soli e ci vogliamo molto bene.
Se vi fa piacere, siete invitati al matrimonio. Ma vi precisiamo che non vogliamo regali, né ora, né mai.
Sarete nostri ospiti, in albergo, per il tempo che volete."

Lirl rispose subito, secca "Ma lei lavora?"

Rúnhr con pazienza e un sorriso le disse "Certo, ho sempre lavorato e, anche se mi avete fatto perdere il buon lavoro, che mi ero creato con fatica, mi sono ripreso bene"

"Non è vero!!! L'abbiamo fatta seguire!
Lei alle otto e mezza di mattina, porta a spasso il cane. Se avesse davvero un lavoro, non avrebbe il tempo di farlo, a quell'ora."

Núha intervenne "Ancora detectives! Finitela una buona volta. Lui ha gli orari che il suo lavoro comporta. Io i miei. Nessuno deve giustificare niente a voi. Capito?"

Lirl, urlando, si rivolse ancora a Rúnhr.
"La verità è che lei non lavora!
Mia figlia fa la puttana e lei è il suo mantenuto! Ecco cosa fate!"

Núha si alzò e disse con calma "Oh santocielo! Ancora quella storia.
Mi spiace Rúnhr. Andiamocene. Sono pazzi, non vale nemmeno la pena rispondere."

Si avviarono alla porta.

Claude intervenne rabbioso. Era imbestialito.
"Non crederete che non sappia perché siete qui! Volete solo avere i miei soldi.
Non avrai mai niente da me Núha. E lei Rúnhr non creda, sposandola, di avere diritto a qualcosa quando fra poco morirà. Ho già provveduto"

"E chi vuole qualcosa da te?" disse, Núha non ti ho mai chiesto una lira, ho fatto tutto da sola.
Rúnhr è come me.

Ma, ascolta bene, ti dò una brutta notizia..'Non'..morirò"

"Non ci credo."

Sia Núha che Rúnhr si sorrisero.
"Cosa c'è da ridere?" chiese Claude.

"Sorridiamo perché, mentre il dottor Perugini ci diceva 'che io non morirò, potrò sposarmi e avere figli', voi stavate aspettando, come degli stupidi, sotto il suo studio, per rapirmi la seconda volta. Ma ci aveva fatto spostare a Tobir, per impedirvelo."

Claude e Lirl si diedero un'occhiata significativa e molto stupita.
Núha se ne accorse. Aveva ragione Perugini, erano proprio stati là, in agguato, per niente.
Beffati in pieno.

Poi continuò "Il dottore ha cambiato il luogo dell'appuntamento. Era scandalizzato della vostra condotta.

Quanto a Rúnhr, sei ridicolo papà, sa benissimo che non erediterà un bel niente, sposandomi, perchè non sto per morire., ma per rifiorire. Perugini gli ha detto che vivrò e avrò figli.
Sei invece tu che sei morto dentro."

"Non ci credo che sei stata da Perugini. E chi ti avrebbe pagato quella parcella pazzesca?"

"Lui!!!" disse indicando Rúnhr"
Non io sicuramente, non avevo ancora un buon lavoro" disse Núha, divertita da quella perfida mezza bugia, che si era inventata per fargli dispetto.

E soggiunse "Noi ci siamo stati da Perugini, eri tu che mancavi là. Ti ha dato una severa lezione di vita."

Claude rimase senza parole, in un silenzio nevrastenico.

"Papà non preoccuparti per i tuoi soldi, non li vorrò mai. Hanno disfatto la famiglia, sono 'veleno'.
Io non voglio il tuo veleno. Tienteli stretti, va bene così.
Hai scelto tu.

Adesso basta parlare, ce ne andiamo. Abbiamo fatto il nostro dovere, ma non siete più invitati.
Al nostro matrimonio, vogliamo solo 'gente perbene'.

Ma vi ringrazio per non avermi nemmeno chiesto come sto, quando sono arrivata.
E ora, di non aver manifestato un briciolo di stupore positivo, nel sapere che 'non' sto vivendo i miei ultimi giorni.

Quest'ultima indifferenza per le mie condizioni, mi conferma che ho fatto bene ad andarmene.
'Ora', mi avete insegnato che, 'non' ho fatto un errore a sfuggirvi.
Per questo soltanto vi ringrazio."

Se ne andarono sorridenti. Erano molto sollevati di non averli fra i piedi alla cerimonia.
Fecero per ripartire in macchina, ma 'qualcuno' aveva bucato una ruota.
Un altro piano diabolico: distrarre Rúnhr, con la ruota, e afferrare lei, portandola lontano, dove lui non l'avrebbe trovata.

Rúnhr capì al volo, invece di controllare cosa poteva fare per la ruota, si guardò attorno e veloce mise in moto lo stesso e partí.
Aveva visto qualcuno arrivare di corsa. Più avanti si fermó a una stazione di servizio.

"Al diavolo" disse, meglio perdere le ruote che te. Ho visto che stava arrivando qualcuno, di corsa."

"Sì ho visto anch'io, due operai, che correvano verso di noi. Era per me.
Mi sono girata a guardare, quando stavamo scappando. Gesticolavano e imprecavano, quando sei filato via.
Deve essere stato mio padre, a dargli l'ordine per telefono, di fermarci, per portarmi via. Ma forse era un po' stordito dalla nostra reazione e non è stato abbastanza rapido."

Appena consegnata la macchina, per la riparazione, controllarono se qualcuno li aveva seguiti. Nessuno.

Si guardarono sorridendo, poi si misero a ridere..
Anche il buco nella ruota..anche quello doveva capitare! Non bastasse il resto. Ma erano liberi.
La faccenda era tutta, talmente surreale, patetica, grottesca, da costringerli a ridere, per la sua assurdità. Sembrava un fotoromanzo, o di vivere un film, di quart'ordine.

Helòr - l'Oro di Hellok Where stories live. Discover now