135. La paura

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135.

Aveva appena terminato la discussione con Rúnhr, percorse l'ultimo tratto di giardino, per arrivare in casa. La paura le pascolava dentro, invadente, inesauribile.

Ma era lontana, la teneva in pugno, intrappolata in ogni nanosecondo, impedendole di procedere.
Sospesa, negata, ignorata, rivoltata, accecata, perché non sapesse di esistere, prendendo forza.

Il futuro. Lei costruiva il futuro, testarda, ma il futuro marciava indietro.

Ogni sforzo per costruire, sembrava un passo a ritroso.. Ad ogni passo, scoppiava una mina.
La sua vita trascorreva in trincea, ormai.
Non bastava essere cauti, generosi, aggressivi, geniali, creativi. Una maligna maledizione sembrava ingurgitare tutto. Rivoltare gli sforzi, riducendo tutto in poltiglia. Ormai non restava che il sarcasmo, l'auto ironia.

Era grottesco, quello che stava accadendo alla sua esistenza, incredibile, persino per lei, che lo viveva.
Per questo non raccontava mai niente di sé. Niente di vero.

Il futuro era trattenere il fiato, aspettando il prossimo secondo. Sperando, un secondo in più, un momento in più, che Lànghrian riuscisse a crescere senza troppi danni, a diventare un uomo e gestire la sua vita.

Poi, lei avrebbe potuto andarsene, quando non serviva più.

Stirava la propria vita con ostinazione, la deformava, la ignorava, la osservava senza compassione. Ma era il tempo, che non scorreva, non mutava, non si rigenerava, con l'alternarsi dei cicli della fortuna, delle stagioni.

Non c'era niente per lei, l'esistenza sembrava una matrigna, che generava sempre nuove, odiose perfidie.

Viveva ad ondate, le maree dell'emicrania erano i suoi ritmi. Non c'era scampo, non c'era cura.

E lei doveva sembrare viva.
Non l'automa che era, che si comandava di essere.. che sorrideva, al posto suo, provvedeva, ascoltava, in un balletto fuori dalla realtà, in un mondo parallelo, in cui ogni giorno era un'agonia.

E le notti incubi angosciosi, da cui si svegliava semi soffocata, in apnea. Il suo viaggio onirico era una continua ricerca fra decadenti e truci paesaggi, in cerca di una casa, di un affetto, di pace, che non trovava mai.

O percorreva continuamente nuove vie, cercando Rúnhr, telefonando a Rúnhr, che non rintracciava mai, in quel limbo malefico non rispondeva alle sue telefonate.

La sua realtà era peggio dei sogni.

Sapeva di essere sospesa a un filo, in un equilibrio, ogni giorno pronto a spezzarsi, senza aiuto e familiari che potessero sostenerla.

La vita era pronta a precipitare Lànghrian in un baratro, se ogni giorno non calcolava guardinga, il proprio comportamento, misurando le parole e gli atteggiamenti.

Tutto il fragile equilibrio che, a tutti i costi, aveva costruito era ormai in balia degli umori di lui, di Rúnhr.

Si era trasformato, un po' alla volta, in un essere capriccioso e isterico, subito urlante, per qualunque assurdità. O per niente. Seguendo un'onda emotiva sconosciuta.

In un'altalena di dolcezza e furia, stava diventando un nemico.
Minacciava continuamente di disfare la famiglia, ma il peggio era, che stava prendendo di mira Lànghrian.

La disperazione era il respiro di ogni istante.

Helòr - l'Oro di Hellok Where stories live. Discover now