41. Crisalide

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41.

Lirl percepì una vaga ombra nera, soave, il profumo del lago. Poi penetrò, i suoi occhi, il chiarore della luna.

Era disorientata, appannata. Seduta, contro il capanno del fieno, sulla scogliera.

Lo spirito benigno del lago, forse, l’aveva protetta, mentre la propria giusta coscienza stava per sopprimerla, come un animale pericoloso.

Non ricordava niente dell’inquietante brillante nero, incastonato in lei, che aveva visto, in quell’eterno fulmineo attimo.

Per fortuna non si era uccisa, come esigevano la sofferenza, il senso di giustizia, l’orrore di sé, lo schifo diafano, che la pervadeva ancora, un po’.

Il suo spirito cercava di farla sopravvivere, la distanziava da un senso di colpa torvo.
Ma lentamente esigeva che fosse cosciente, pian piano, ‘di essere ciò che non si doveva’, per darle modo di recuperarsi all’onda di un mondo normale.

Forse sua madre l’aveva raggiunta, ‘impotente forza’ nel suo cuore. Non abbastanza formata, per plasmarla all’amore per i figli.
C’era stato troppo poco tempo.

Troppo breve era stata la grazia di essere cullata in lei.

Ma abbastanza da spegnere, con un lieve soffio, il rogo in cui stava bruciando, quel giorno, sulla scogliera. 

La voce di sua madre aveva bucato, nel nero, l’odio per se stessa, porgendole la formula di perdono, come quando era bambina.

Piangi, lava via con le lacrime la cattiveria.
Anima mia, ritrova candore e rivivi più brava, più buona.
Io ti perdono. Vai.. ”

Era come se avesse dormito, invece era rimasta lì, quieta e immobile, gli occhi aperti, sorda e cieca.

Una nuova crisalide, un nuovo io.

Si alzò, lentamente ricomponendo il ricordo della giornata. Ricordava quasi tutto, ma pensava di essersi assopita, agitata e stanca di emozioni.

Si avvicinó al bordo della scogliera, per farsi permeare dalla luce sfumata del lago, che proiettava nel cielo il bacio della luna.

Era uno spettacolo sontuoso, immane, che non aveva mai visto. Dava una carezza d’immenso.

Chiuse gli occhi, incrociò le braccia contro il petto, posò le mani sulle spalle. Trattenendo il soffio delicato, che le palpitava ancora dentro, morbidamente accucciato nella parte più orribile di sé.

Rimase così, il volto rivolto alla luna. Si rese conto che, per poco, non si era buttata dalla scogliera. Ma non sapeva perché. Rabbrividì. Guardò in basso, sulle rocce.

Il suo corpo non era là.

L’umore della notte si posava solletticante sulla pelle, fresco, dispettoso, vivido. 

Allungò le braccia, a palmi in sù, per accogliere la creatura fresca, che abitava il vaporoso respiro del lago. 

In un sussurro istintivo, disse alla nebbiolina lucente..“mamma..“

Helòr - l'Oro di Hellok Où les histoires vivent. Découvrez maintenant