137. Fuego

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137.

Al mattino, non era molto meglio, il dolore non consentiva il sonno. Raddoppiò la dose della medicina e si alzò intontita. Fece una doccia, si mise in ordine. Dal giorno prima non aveva mangiato.

Scese, fece colazione, ma capì che non doveva stare in piedi, il dolore si arrendeva troppo lentamente ed era molto debole e confusa. Ritornò a letto e si addormentò.

Si risvegliò vagamente, pian piano, sentì le braccia di Rúnhr tenerla contro di lui. Era molto felice, gli si strinse addosso e si riassopì leggermente.

Lui la guardò con dolcezza, mentre gli stropicciava la camicia. Per infilare il viso sotto il suo mento. Sembrava un volpacchiotto che si sistemava in tana.

Si era accorto della sua inquietudine. A volte sfinita, un po' pallida, si affaticava più facilmente, nervosa, molto silenziosa.

'Cosa diavolo hai?' pensò.
Percorse quell'ovale minuto, racchiuso fra i ricci, orgogliosamente sconvolti, come il solito, ma intriganti e battaglieri.

Dicevano subito 'attento a te'. Ma ti sfioravano sensuali, intrappolando un uomo in un desiderio improvviso. Da cui molti fuggivano confusi. C'era qualcosa di inconsapevole nel suo sguardo, che metteva soggezione.

Era una donna dolce, invitante, ma impegnativa. Qualche uomo, si sentiva soppesato dai suoi occhi. Quindi molti erano tentati, pochi ci provavano.

Rúnhr e James non si erano persi d'animo. Si erano dimostrati uomini e mariti magnifici, perché cercavano proprio una compagna così.

Rúnhr sapeva che qualcosa non stava funzionando.

Stava riflettendo, nel letto, mentre la stringeva. 'Abbiamo qualche nuvola. Sei tanto dolce e paziente, ma se si tratta di Lànghrian mi tieni testa duramente.

Preferisci lui, vero, peste? Lo vedo.

Da quando mi sono espresso contro la scuola di regia, siete diventati più uniti. Confabulate, parlate sottovoce, vi interrompete se arrivo. Mi sento escluso. E infelice.

Quella maledetta regia..Lànghrian farà un salto nel vuoto. Mi fa rabbia che non mi dia ascolto. Ho una gran paura per lui, che perda tempo inutilmente e poi si demoralizzi se non ingrana col lavoro.
Ma non mi capisci e ti allontani da me"

Non era rabbia, era paura, timore di un allontanamento emotivo di lei.
Questa fobia di solitudine era radicata in lui, fin da ragazzo. I genitori, lo abbandonavano in città, lasciandolo solo, a mendicare compagnia in un bar, dagli estranei.

Aveva temuto che la nascita di figli potesse precludergli buona parte della complicità di sua moglie. Non era stato così.
Però, guidato dalle sue paure sommerse, ultimamente aveva cominciato a deformare le cose.

Per lui, la difesa dei diritti del figlio, indicava che Núha metteva il marito in secondo piano. Anche perché dopo l'inizio del corso di regia, "i due traditori, parlottano a volte fra loro, e smettono quando mi avvicino'.

Ma era un atteggiamento di riguardo verso lui, quando stavano discutendo di cinema.
Siccome non voleva sentirne parlare, non volevano infastidirlo, generando tensione.
Invece lui credeva che volessero escluderlo dall'intimità familiare.

La gelosia gli pungeva dentro, le sue parole, contaminate dal dolore, suonavano aspre e ingiuste.

La discussione appena avuta con Núha non era stata una cosa da poco.
Quando lui l'aveva trovata, nella stanza degli ospiti, e si era infilato nel letto, lei stava dormendo e aveva accolto il suo abbraccio con molta dolcezza, gli si era incollata addosso.

Helòr - l'Oro di Hellok Where stories live. Discover now