Ha senso parlare di buoni e cattivi?

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Di solito tracciare una linea netta tra bene e male, tra giusto e sbagliato, è visto come un metodo semplicistico e approssimativo.

Tuttavia, la realtà non è sempre grigia, e ci sono casi in cui una scelta è innegabilmente giusta o innegabilmente sbagliata.

Vi faccio degli esempi.
Immaginatevi uno studente che ha difficoltà in due materie, non per pigrizia, ma perché non è predisposto. Il primo insegnante cerca di aiutarlo, magari dandogli mezzo punto in più se vede miglioramenti, chiedendogli se gli serve qualcosa, suggerendogli un insegnante abile a dare ripetizioni... lo aiuta e incoraggia i progressi.

L'altro insegnante invece provvede a interrogarlo in piedi, davanti a tutti (quando gli altri li interroga da seduti) per umiliarlo, gli dà meno tempo per rispondere, fa apposta domande difficili e, nel caso lo studente riesca a risollevarsi, tal prof si mettere a inventarsi le cose. Gli dice che era incerto anche se non era vero, gli dice che il tono non andava bene, gli sottolinea cavilli inutili al solo scopo di mandarlo in confusione. E questo magari perché lo studente ha la pelle di un colore che al prof non piace, oppure i suoi genitori hanno idee politiche diverse, oppure perché semplicemente prova piacere nell'umiliare le parti deboli.


Ora vi chiedo: per voi qui ci sono il buono e il cattivo? Oppure, da qualche punto di vista, il secondo insegnante potrebbe essere l'eroe della situazione?



Altro esempio: prendiamo l'esercito e i generali. Vincere una guerra senza perdite è praticamente impossibile.
Abbiamo anche qui due generali:
- il primo si prodiga giorno e notte per trovare strategie e armi per aiutare i suoi uomini; prova rammarico ogni volta che li manda a morire, sa che ci sono missioni suicide, ma al tempo stesso è determinato a vincere; se può, li guida di persona per infondere loro coraggio e ascolta i veterani;

- il secondo invece ha come tecnica "caricate, non potranno colpirvi tutti!" e le sue punizioni sono così crudeli da ridurre i soldati alla disperazione. A propria volta, tal generale dà loro la colpa di fronte a qualsiasi sconfitta e li definisce "munizioni". Non mangia con loro, ma sta nella sua fortezza mentre loro strisciano nel fango, s'ingozza mentre loro muoiono di stenti e mette a morte qualsiasi veterano o ufficiali osi obiettare a qualsiasi ordine, anche se stupido.

Ci sono dubbi su chi sia il cattivo della situazione?

Ricordate anche che ci sono figure storiche che sono state considerate crudeli secondo i criteri dell'epoca. Cristoforo Colombo, per esempio, era così spietato da suscitare scandalo ai tempi dell'inquisizione. 
Ebbene sì: a confronto di Colombo, gli inquisitori erano quasi compassionevoli! Non ci sono dubbi sul fatto che una persona che compie tali massacri da suscitare la disapprovazione di gente come Frollo sia malvagio. Immaginatevi il giudice della Disney che assiste a un massacro così crudele da fargli esclamare "capisco che sono gitani e peccatori, ma questo è troppo!"


Procedendo, vi presente tre modi di essere un re. Qui c'è l'area grigia. In Fate, Alessandro Magno, Arturia (Artù versione donna) e Gilgamesh si radunano per discutere. Offrono tre versioni diverse:
- per Arturia, un vero re dovrebbe sacrificarsi per il suo popolo; è una visione cristiana, tuttavia un re che si espone così tanto diventa un servitore, la gente dipende da lui e rischia di perdere sia la vita e il rispetto; se muore il re, viene il caos;

- per Alessandro, un re deve essere avido, perché non esserlo sarebbe fare un torto a chi è morto per lui; il re deve essere ciò che i soldati vorrebbero diventare, una vera elevazione, un glorioso conquistatore capace d'infondere ammirazione e ambizioni;

- per Gilgamesh, invece, il re può fare tutto ciò che vuole. Non ha doveri di nessun genere. Ciò che fa è giustizia.



Per quanto la visione di Gilgamesh sia palesemente la più avida e crudele, quelle di Arturia e Alessandro hanno i loro pro e contro. Questo è uno degli esempi grigi.

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