Immortalità, noia e mal di vivere

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Oggi vi presento un articolo già pubblicato altrove, ma lo riposto perché pertinente.

Può essere che nel vostro libro appaiono delle divinità: come sono?

Lovecraftiane e quindi perverse?
Cristiane e infinitamente sagge?
Hanno pregi e difetti dei mortali?

In quest'ultimo caso, prima o poi, andranno incontro alla noia. Per approfondire l'argomento, uso Sailor Galaxia (manga) come esempio.

Nel fumetto è, a prima vista, semplicemente perfida e ambiziosa. Non gradendo il suo pianeta, lo definisce spazzatura e lo fa saltare in aria. Vaga da un mondo all'altro, alla ricerca di qualcosa che la soddisfi, ma non trova nulla di suo gradimento. E cosa fa quando qualcosa non le piace? La distrugge! 

Ma questo è troppo semplice: analizziamola dal punto di vista filosofico, e allacciamola al mal di vivere.

"ognuno non sa quel che si voglia e cerca sempre
di mutar luogo, quasi potesse deporre il suo peso"
(Lucrezio, I secolo a.C.)

Il continuo vagare di Galaxia è una ricerca della felicità che però non porta a niente. Non valuta nemmeno l'idea di cercare l'amore. Inconsciamente, lei rinnega il suo recondito desiderio.

"Così ciascuno fugge sé stesso, ma, a quel suo 'io', naturalmente,
come accade, non potendo sfuggire, malvolentieri gli resta attaccato,
e lo odia, perché è malato e non comprende la causa del mal"
(Lucrezio, I secolo a.C.)

Galaxia è quindi affetta da un tipico problema delle divinità dell'antica Grecia: la noia, ossia "un sentimento doloroso insito nella stessa vacuità della vita", il mal di vivere. Non sappiamo nulla del suo passato, ma è probabile che, essendo potentissima, abbia sempre avuto ciò che voleva. Quando puoi avere tutto, dato che è nella natura umana mirare sempre più in alto, presto o tardi perdi gli obiettivi, e con essi il senso dell'esistenza. Perfino nella brevità della vita umana ci sono celebrità che paiono avere il mondo in mano, ma cadono nella tossicodipendenza e arrivano al suicidio.

"finché ciò che bramiamo è lontano, sembra che esso superi
ogni altra cosa; poi, quando abbiamo ottenuto quello, altro
bramiamo e un'uguale sete di vita sempre in noi avidi riarde"
(Lucrezio, I secolo a.C.)


Nella sua ricerca (e distruzione), quando incontra il Wiseman (uno stregone), comprende che l'impurità della galassia è dovuta all'esistenza di Chaos. Ci sono delle forze contrapposte (Chaos e Sailor Moon), per cui, per ottenere l'equilibrio, è necessario che queste vengano distrutte.

Galaxia si prefigura quindi un obiettivo. L'obiettivo è il motore della vita e le dà un significato.

"Di qui nasce quella noia e quella scontentezza di sé, quel rivoltolarsi dell'animo, che non si placa in alcun luogo, quella sopportazione malcontenta e malata del proprio ozio"
(Seneca)

Di certo i suoi metodi non sono apprezzabili o tollerabili, ma guardiamo il contesto.

Una persona che non è stata educata al rispetto della vita e, soprattutto, che non ha nessuno che la moderi (come appunto una divinità), perde i freni inibitori e il rispetto. Galaxia si considera "prescelta da Dio" e chi identifica il proprio pensiero con quello divino, non ha più freni inibitori. Lei si considera il giudice supremo, ogni sua scelta è giusta, e tanto sta solo distruggendo della "spazzatura".

I suoi immensi poteri le appaiono come una prova.

"Chiunque abbia potere è portato a abusarne, egli arriva fin dove non trova limiti" (Montesquieu)

Le cose non vanno come previsto e Sailor Galaxia rischia di morire, ma viene salvata da Sailor Moon. Da quel semplice gesto Galaxia capisce che ciò che cercava era semplicemente l'amore. Il messaggio è che il nostro mondo ha dei difetti, ma merita comunque di essere amato e nostro dovere è agire per migliorarlo.

Ammetto che detto così suoni davvero banale, e l'autrice non si è sforzata di renderlo interessante. La redenzione è praticamente istantanea.

Però possiamo ampliare l'analisi: in una società come quella nipponica, una persona in una posizione di potere allontanerà chi vorrebbe aprirsi. Non sei una figura d'amare, ma da servire. Ugualmente, se mostri dolcezza e generosità finirai con l'apparire vulnerabile, inadatto al ruolo. Il dio diviene quindi una vittima impossibilitata a esprimere se stessa, un "re schiavo".

Questo discorso si può applicare anche alle divinità, che potrebbero temere di perdere il rispetto e la devozione dei mortali, nel caso apparissero deboli.



E voi, invece? Le vostre divinità come sono?

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