CAPITOLO 30

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Irama mi fulmina con lo sguardo. Ma c'è una nota di incertezza nella sua voce.
<<Per quale motivo me lo chiedi?>>
<<Non lo so...perché sono sempre stata gentile con te,e tu mi hai sempre trattata malissimo. E pensare che a un certo punto credevo che potessimo essere amici.>> È una tale stupidaggine che mi vergogno subito di averla detta.
<<Amici? Noi?>>,scoppia a ridere,poi continua: <<Non ti sembra evidente il motivo per cui non possiamo essere amici?>>
<<Sinceramente no.>>
<<Bè,tanto per cominciare sei una santarellina del cazzo. Scommetto che sei cresciuta in un impeccabile quartiere residenziale,i tuoi genitori ti compravano tutto quello che chiedevi e non ti è mai mancato nulla. Con le tue stupire gonne a pieghe,poi! Chi cavolo si veste così a diciott'anni?>>
Sono esterrefatta. <<Tu non sai niente di me,e ti credi superiore!>> grido.
<<Ma non è vero niente! Mio padre è alcolizzato e ci ha abbandonate quando avevo dieci anni,e mia madre ha sgobbato per pagarmi l'università. A sedici anni ho iniziato a lavorare per aiutarla a pagare le bollette,e i miei vestiti mi piacciono: scusami tanto se non vado in giro vestita da spogliarellista come tutte le altre! Per essere uno che ci tiene a essere originale,di sicuro ci pensi due volte a giudicare le persone diverse da te!>>
Ho le lacrime agli occhi,e gli volto le spalle per non farmi vedere in questo stato,ma mi accorgo che stringe i pugni. Come se si ritenesse in diritto di essere arrabbiato.
<<Sai una cosa,Irama? Non voglio essere tua amica>>,gli dico,e vado ad aprire la porta. La vodka mi ha dato il coraggio di parlargli in quel modo,ma ora mi fa percepire tutta la tristezza della situazione.
<<Dove vai?>> fa lui. Così imprevedibile. Così volubile.
<<Alla fermata dell'autobus,per tornare in dormitorio e non mettere mai più piede qui. Non mi interessa diventare amica di nessuno di voi.>>
<<È troppo tardi per prendere l'autobus da sola.>>
Mi giro a guardarlo. <<Non penserai di farmi credere che t'importa qualcosa della mia incolumità?>>
<<Non sto dicendo che mi importa qualcosa...Ti sto solo avvertendo che è una pessima idea.>>
<<Bè,Irama,non ho altra scelta. Sono tutti ubriachi,me compresa.>>
E poi arrivano le lacrime. Sono profondamente umiliata che Irama,proprio lui,mi veda piangere. Di nuovo.
<<Piangi sempre,alle feste?>> chiede,con un sorrisetto.
<<Ogni volta che ci sei anche tu,a quanto pare. E dato che sono le uniche feste a cui vado...>> Faccio per uscire.
<<Carmela>>,dice,così piano che quasi non lo sento. La sua espressione è inscrutabile. La stanza ricomincia a girarmi intorno e mi aggrappo alla cassettiera accanto alla porta.
<<Ti senti bene?>> mi chiede.
Annuisco,anche se ho la nausea. <<Siediti due minuti,poi andrai alla fermata dell'autobus.>>
<<Pensavo che nella tua stanza non potesse entrare nessuno>>,osservo sedendomi per terra.
Mi viene il singhiozzo e lui mi avverte: "Se vomiti nella mia stanza...>>
<<Ho solo bisogno di un po' d'acqua.>> tento di alzarmi.
<<Ecco>> fa lui,mettendomi una mano sulla spalla per tenermi giù e porgendomi il suo bicchiere.
Lo spingo via,irritata. <<Ho detto acqua,non birra.>>
<<È acqua. Io non bevo.>>
Mi sfugge un verso a metà tra un sussulto è una risata. È impossibile che Irama non beva.

~MI DROGHERÓ DI TE.~  \\IRARMEN\\Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz