L'OPINIONE DI LAURA: Parlo io o parli tu? facciamo un po' per uno.

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Un saluto a tutti!

Non potete immaginare quanto sia stata felice, la scorsa settimana, quando zio Watty ha ripristinato l'account delle babbers, dopo averlo chiuso senza un reale motivo apparente.

E adesso torniamo a noi e parliamo dell'argomento del giorno: con che tipo di stile deciderò di impostare il mio libro?

Non sto parlando dello stile personale, quello che contraddistingue ognuno di noi per come si esprime nella scrittura, sto parlando del tempo e della persona che racconterà la nostra storia.

Molto spesso, soprattutto fuori da wattpad, mi sono imbattuta in lettori che si lamentavano del fatto che la maggior parte degli scrittori odierni scrive quasi sempre in prima persona. Non importa se in tempo passato o presente, alla fine chi racconta la storia è il o la protagonista della stessa, che accompagna il lettore nella sua vita in tempo reale e lo fa partecipe anche di tutti i suoi pensieri.

Cosa c'è di male nell'impostare una storia così? Niente, io lo adoro. Però posso capire quei lettori che ne sono un po' stufi. Tra questi, direi che prevalentemente sono lettori di una certa età, quelli cioè che hanno iniziato a leggere quando la maggior parte dei libri in circolazione, se non tutti, erano in terza persona, e che innamoratasi di tale stile, spesso e volentieri si ritrovano a rimpiangerlo.

Ma perché ultimamente la maggior parte degli scrittori usa sempre più spesso la prima persona invece che la terza?

C'è chi dice che ci si trova meglio, che gli sembra più facile. Non lo so, perché chi usa la terza persona dice la stessa cosa.

Personalmente sono dalla parte di quelli che ritengono la prima persona più facile, perché l'autore in questo caso si immedesima nel protagonista, descrivendo le situazioni, i pensieri e gli stati d'animo come se fosse lui a viverli e a provarli. Non per niente, infatti, chi scrive in prima persona ritiene che sia un modo più efficace e diretto di trasmettere certe sensazioni al lettore, perché è una sorta di discorso informale, un linguaggio più giovanile e veloce.

D'altro canto, invece, chi scrive in terza persona ritiene che riesca a descrivere meglio certe situazioni, perché non le descrivere da un unico punto di vista, ma può sbizzarrirsi a descriverle cambiando continuamente postazione e visuale. È come se, affacciandosi da una grande terrazza, decidesse di descrivere il panorama che vede da lì, e che gli basti fare qualche passo senza interrompere il discorso per aggiungere dettagli alla narrazione.

Questo ultimo esempio però si potrebbe fare anche in prima persona, basterà cambiare punto di vista. Facile no? Infatti, gli autori che usano la prima persona, usano spesso il cambio di punti di vista, in questo modo immergono il lettore a tutto tondo ugualmente, tanto quanto la terza persona. Addirittura molti potrebbero dire che, con il cambio di punti di vista, la narrazione sia più efficace perché la descrizione dei dialoghi e delle emozioni sarà sempre più diretta e veloce.

Siete d'accordo?

Personalmente non ho niente in contrario al cambio di punti di vista, ma andando avanti lo sto apprezzando sempre meno, soprattutto quando trovo quegli autori che ne fanno un certo abuso. Non si limitano a usarlo tra un capitolo e l'altro, ma a cambiare punto di vista più volte all'interno del solito capitolo. Ok, questo è solo un punto di vista personale, ma lo trovo frustrante da parte del lettore trovare un libro dove il punto di vista cambia ogni tre per due, e soprattutto quando i personaggi che si danno il cambio nella narrazione sono più di due.

Vi è mai capitato di leggere una storia dove, all'inizio del primo capitolo, inizia a parlare la protagonista femminile, dopo poche righe cambia e parla il protagonista maschile e dopo ancora alcune righe, prende la voce addirittura l'antagonista? Io personalmente in queste storie mi ci perdo, perché non rieco a capire più chi sia il personaggio principale e quello secondario, o la spalla. È un dilemma!

Ho riscontrato che molto spesso, chi scrive in terza persona e abusa degli switch of point of views (yes, i'm poliglotta too), lo fa anche se magari ritiene la terza persona più efficace, ma semplicemente non riesce ad usarla. Capita molto spesso, ve lo assicuro.

Ok... io sono un tipo che ama mettersi alla prova, ma al tempo stesso ritengo che chi dice queste cose non ci abbia mai nemmeno provato. O che addirittura sia una scusa perché gli fa fatica. (Non fate quelle facce che lo so che lo pensate anche voi)

A questo proposito il mio consiglio è sempre uno solo: buttatevi! Provateci, mettetevi alla prova! Chi se ne frega se poi il lavoro non vi piacerà, ma la soddisfazione di averci provato non si può descrivere, e come dissi in un'altra occasione, chi lo sa che invece non troverete la vostra vera vocazione e creerete una vera e propria opera d'arte?

Poi ci sono anche quelli che scrivono sempre in prima persona perché la terza non gli piace proprio, fa loro semplicemente schifo. Be'... non so questi personaggi che problemi abbiano, ma ritengo che, nonostante in entrambi i casi si possa riuscire a far immergere il lettore nella storia, rimanga sempre un alone di magia e mistero in più nella narrazione in terza persona, cosa che nella narrazione in prima sia pressoché impossibile.

Non siete d'accordo?

Se non lo siete prendete per esempio il libro più classico che avete in casa e provate a riscrivere un pezzo dalla terza persona alla prima. Io ho giusto qui una delle primissime edizioni di Pinocchio...

"Come potete immaginarvelo, la Fata lasciò che il burattino piangesse e uralsse una buona mezz'ora, a motivo di quel naso che non passava più dalla porta di camera; e lo fece per dargli una lezione e perché si correggesse dal brutto vizio di dire le bugie, il più brutto vizio che possa avere un ragazzo. Ma quando lo vide trasfigurato e cogli occhi fuori della testa dalla gran disperazione, allora, mossa a pietà, batté le mani insieme, e a quel segnale entrarono in camera dalla finestra un migliaio di grossi uccelli chiamati Picchi, i quali, posatisi tutti sul naso di Pinocchio, cominciarono a beccarglielo tanto e poi tanto, che in pochi minuti quel naso enorme e spropositato si trovò ridotto alla sua grandezza naturale.

– Quanto siete buona, Fata mia, – disse il burattino, asciugandosi gli occhi – e quanto bene vi voglio!

– Ti voglio bene anch'io, – rispose la Fata..."

Che magia!

Ve lo immaginate in prima persona, e che a parlare fosse Pinocchio?

"Come potete immaginare, la Fata mi lasciò a piangere e a urlare una buona mezz'ora, a motivo di quel naso che non passava più dalla porta di camera; lo fece per darmi una lezione severa affinché la smettessi col brutto vizio di dire bugie, il più brutto vizio che possa avere un ragazzo. Ma ad un certo punto, forse mossa a pietà per la mia condizione dato che avevo gli occhi di fuori dalla disperazione, allora batté le mani insieme, a quel segnale entrarono in camera dalla finestra un migliaio di grossi uccelli, i quali, posatisi tutti sul mio naso, cominciarono a beccarlo tanto e poi tanto, che in pochi minuti quel naso enorme e sproporzionato mi tornò ad essere della grandezza naturale.

– ­Quanto siete buona, Fata mia, – dissi asciugandomi gli occhi – e quanto bene vi voglio!

– Ti voglio bene anch'io, – mi rispose lei..."

Sinceramente non mi trasmette proprio proprio la stessa cosa, e a voi?

Laura Pafumi, autrice de "Il mio bacio salato" e "Il cuore ha le sue ragioni"

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