Lettura e neuroscienze

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Lettura e neuroscienze

Fonte: G. Longo "Cognizione ed emozione"

Buonasera a tutti! Qualche tempo fa mi sono cimentata nella scrittura di un articolo sulla relazione tra lettura e attività cerebrale, argomento che mi è stato chiesto di approfondire. Premesso che la questione è molto tecnica e molto complessa, condividerò con voi alcuni spunti frutto dei miei studi.

Prima di tutto, vorrei ribadire che la lettura è un processo molto complesso. Quando si impara a leggere ci si focalizza sulla decodifica dei segni, che diventano suoni, per poi passare a costruire le parole e dunque i significati. Bene, decodifica e recupero dei significati sono due dei meccanismi implicati nel processo di lettura. Il nostro cervello, mentre leggiamo, mette in moto una serie di attività, che compiamo in automatico. Per esempio l'inferenza, ovvero la nostra capacità di comprendere qualcosa che il testo non spiega esplicitamente: "il cielo era grigio quella mattina, uscii di casa con l'ombrello e misi nella borsa l'impermeabile spiegazzato", non è necessario dire "perché avrebbe potuto piovere", lo capiamo da soli, grazie alla nostra esperienza e al nostro sistema di significati. Si tratta di un esempio banale, ma le inferenze vengono messe in atto ad una pluralità di livelli e ci permettono di capire ciò che accade anche senza dover costringere l'autore a dare spiegazioni ovvie e, talvolta, pesanti. Poi c'è la comprensione, altro meccanismo impegnativo, l'interpretazione, per le quali viene messa in gioco la nostra memoria episodica, ovvero quella legata alle nostre esperienze precedenti. È questo il motivo per cui nessun lettore comprenderà e interpreterà il testo allo stesso modo di un altro, vi è una continua interazione tra testo e lettore, si costruiscono a vicenda, in un certo senso.

Inoltre, i processi di comprensione e interpretazione sono legati ad un altro ambito, quello su cui vogliamo focalizzare la nostra attenzione, ovvero quello emotivo. Infatti sono le nostre emozioni a dare un certo significato a ciò che leggiamo, così come sono le nostre emozioni a sensibilizzarci verso determinati significati piuttosto che altri. Ora, la vicenda di come il nostro cervello "crea" le emozioni è assai articolata. Innanzitutto, crea emozione ciò che è rilevante per noi, ciò che non ci è indifferente in altre parole, che corrisponde ai nostri scopi, ai nostri desideri, ma anche a ciò che ci fa arrabbiare. La sede delle emozioni sta in una delle zone più antiche del nostro cervello, il cosiddetto sistema limbico, che è collegato a molteplici aree cognitive, per consentirci un'interconnessione tra le informazioni. La corteccia limbica è legata sia a processi emotivi sia a processi cognitivi, come l'apprendimento e la memoria. Ecco il perché di questo stretto legame tra ciò che leggiamo, o impariamo, e le nostre emozioni. Diciamo che il nostro cervello è un po' come il web, una rete di connessioni, dove emozione e cognizione si intersecano continuamente, regalandoci le sensazioni dei personaggi di cui leggiamo la storia. Perché questo accade? Si parla di un meccanismo di absorption, per indicare il fatto che quando si assume il ruolo di lettori si immagina il mondo dalla prospettiva di altre persone, ovvero dei personaggi. Vi è una sorta di assorbimento incorporato nella narrativa per cui si condivide lo spazio e il tempo del personaggio, ovvero c'è una ridislocazione temporale e affettiva nel mondo evocato dal testo. Quando leggiamo, infatti, sospendiamo per un momento la nostra realtà e ci immergiamo in un mondo altro.

Per ritornare all'importanza dell'inferenza, non sempre abbiamo a disposizione tutte le informazioni riguardo un personaggio, talvolta conosciamo i suoi pensieri e i suoi sentimenti, talvolta la sua visione su un determinato aspetto. Altre volte condividiamo la conoscenza dei fatti con i personaggi, ma per conoscere le loro emozioni dobbiamo andare oltre quanto leggiamo, attuando appunto un processo inferenziale, non abbiamo dunque piena accessibilità al loro punto di vista. Uno dei casi in cui avvertiamo maggiore tensione emotiva è quando conosciamo ciò che il personaggio non conosce e osserviamo come egli agisca essendo all'oscuro di determinati fatti. Sta andando dritto tra le braccia di un malvagio traditore? Noi lo sappiamo, lui no e questo ci mette una sorta di inquietudine, possiamo immaginare la sua indecisione, la sua ingenuità e successivamente il suo stato d'animo negativo, che abbiamo in un certo senso anticipato. Ecco perché i bravi autori mettono in atto tutta una serie di artifici per modulare alla perfezione le informazioni che ci mettono a disposizione.

L'amigdala è l'altra zona cerebrale impiegata nell'elaborazione delle emozioni, anch'essa connessa con una pluralità di altre aree in grado di evocare informazioni sensoriali ad ogni tipo di stimolo. Avete presente Inside out? I cinque personaggi tristezza, gioia, disgusto, rabbia e paura rappresentano le cosiddette emozioni elementari, quelle per cui l'amigdala costituisce la base e a cui provoca risposte nel sistema nervoso autonomo, rendendo il nostro corpo in grado di affrontare determinate situazioni, se abbiamo paura ci disponiamo in uno stato di tensione che ci consente di stare in allerta, in quanto percepiamo la presenza di un pericolo. Ciò che consente alla lettura di evocare emozioni è il processo di inferenza a cui accennavo poco fa, ovvero la possibilità di leggere oltre le parole, di comprendere più di quello che c'è scritto sulla nostra pagina. Si tratta di meccanismi inconsci che provocano una transizione dalla comprensione all'emozione. Ecco perché i testi letterari sono in grado di suscitare emozioni reali, pur essendo il lettore consapevole, nella maggior parte dei casi, dell'irrealtà della situazione descritta. Ridiamo o piangiamo di fronte a qualcosa che sappiamo non essere reale.

La narrativa ha al centro dei suoi testi le emozioni, ovvero ci fornisce dei segnali di ricordo che riportano alla mente le nostre emozioni, ma in un contesto di sicurezza. Cosa significa? Quando leggiamo un thriller proviamo una serie di emozioni negative, come la tensione, la paura, che normalmente non apprezziamo, in quanto nella vita reale esse sono indice di un imminente pericolo, mentre nella lettura rimaniamo ad una sorta di distanza di sicurezza che ci permette di sperimentare le emozioni senza viverne direttamente le conseguenze. Ecco perché si parla di terapia emotiva tramite la lettura. Si tratta di una simulazione della mente, per la quale proviamo piacere in quanto le emozioni ci assorbono, immergendoci in un mondo che non è quello del libro che stiamo leggendo, ma in uno spazio nostro, quello della nostra immaginazione, costruito grazie ai suggerimenti dell'autore, ma soprattutto grazie al lettore. In questo spazio immaginario si sperimentano proprie emozioni, non emozioni di altri, nello specifico dei personaggi, si è coinvolti perché siamo noi i protagonisti di questo mondo. I lettori si dedicano ad immaginare di essere parte del mondo rappresentato e l'emozione è la risposta alla vividezza dell'immaginazione. Si immagina di vedere ciò che accade ai personaggi e non è essenziale la somiglianza con quanto descritto, in quanto non si tratta di un processo di imitazione ma di immaginazione, la quale può connettersi ad emozioni reali. Si parla di valutazione cognitiva come quel processo per cui noi attribuiamo determinati giudizi ad una situazione, in tale ambito vi è una sovrapposizione tra realtà e immaginazione, in quanto valutiamo gli stimoli immaginari allo stesso modo degli stimoli reali.

Nel precedente articolo, la nostra Laura mi ha chiesto se tali meccanismi siano in qualche modo identificabili con l'empatia. Anche, ma non solo. L'empatia è la naturale predisposizione dell'uomo ad interessarsi delle emozioni altrui, in quanto esse possono avere un impatto sulle nostre vite. C'è in noi un innato interesse verso le emozioni altrui ed è questo che spinge gli autori ad elaborare congetture verso i sentimenti dei nostri personaggi. Quando leggiamo un romanzo i sentimenti sono connessi agli stati empatici in quanto gli esseri umani sono predisposti a capire i sentimenti degli altri e sono volti ad anticipare i comportamenti. Il nostro punto di vista privilegiato? Generalmente, tendiamo a cogliere le implicazioni emotive dal punto di vista del personaggio in primo piano che viene seguito per tutto il corso della narrazione, per questo aggiorniamo la valutazione dello stato emotivo del personaggio nello svolgersi degli eventi.

Sapete qual è la cosa super intrigante? Che tutte queste emozioni che proviamo per empatia, assorbimento, inferenza eccetera hanno effetti fisiologici sul nostro organismo, legati al battito cardiaco, alla temperatura, alla frequenza respiratoria. Tali variazioni sono particolarmente intense quando la descrizione si concentra sugli effetti corporei o quando si descrive una situazione che ha per noi una rilevanza personale. Immaginare di provare la sensazione descritta dal testo, dunque, fa attivare il nostro sistema nervoso autonomo come farebbe l'emozione reale in questione.

Che dire? L'argomento è decisamente complesso e ho cercato di parafrasare alcuni punti chiave, ovviamente in modo breve, per non annoiarvi. È qualcosa di molto affascinante secondo il mio punto di vista che dà a noi autori quella responsabilità di cui vi ho precedentemente parlato. Possiamo regalare un turbinio di emozioni con le nostre parole, averne consapevolezza è il primo passo per divenire davvero scrittori e creatori di sogni.

Nella speranza di essere stata quanto più chiara e semplice possibile vi abbraccio e vi ringrazio per l'attenzione. A presto!

Martina

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