Intervista ai professionisti del...Fantasy

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Intervista ai professionisti del...Fantasy

Buonasera, con questa prima intervista arricchiamo la raccolta di un nuovo tassello, una serie di "chiacchierate" con i professionisti dell'editoria, ovvero chi ha fatto di una passione il proprio lavoro.

Iniziamo questo percorso con un ospite d'eccezione, Stefano Mancini (StefanoMancini01), affermato autore del panorama fantasy italiano, giornalista ed editor.

Bentrovato Stefano, grazie per essere qui con noi.

1. Come è nata la passione per il fantasy e cosa ti ha spinto ad accostarti a questo genere amatissimo dai lettori ma che viene troppo spesso sottovalutato dalle case editrici italiane? Come vedi il futuro del fantasy in Italia?

La passione è nata in maniera molto naturale anni fa (ma proprio tanti anni fa). Avevo forse dieci-dodici anni e cominciai a scrivere le mie prime storie. Raccontavo di draghi, elfi, nani e cavalieri, senza sapere che esisteva un genere con quel nome, il fantasy appunto. Da lì in poi non ho fatto altro che continuare a scrivere e a seguire l'istinto.

Il futuro del fantasy lo vedo simile al suo passato. È un genere che in Italia ha molti appassionati, ma sul quale le grandi case editrici non vogliono puntare seriamente, se non attraverso autori (stranieri) già affermati all'estero. Le cose quindi temo continueranno a restare così. Ma esiste un pubblico di nicchia che ama il genere e sa riconoscere i suoi autori italiani di talento.

2. Parliamo di ambientazione, in nessun altro genere come in questo, è importante costruire un'ambientazione fantasiosa, articolata ma convincente. A cosa ti ispiri per creare le tue ambientazioni, in particolare quella di Pestilentia, il tuo ultimo romanzo edito da Astro edizioni?

L'ambientazione è importantissima in un fantasy. Serve a dare concretezza e coerenza ad avvenimenti straordinari. Le mie ambientazioni nascono da una profonda valutazione della storia, dei personaggi e di ciò che voglio raccontare. Con la saga del mondo di Mhur (al momento composta da quattro libri: "Le paludi d'Athakah", "Il figlio del drago", "Il crepuscolo degli dei" e "L'erede del mago"), volevo un mondo fantasy classico, con elfi, nani, draghi, battaglie grandiose, atti d'eroismo e tutto il corollario che gli appassionati vogliono trovare in un fantasy degno di questo nome.

Con "Pestilentia", invece, ho creato un mondo molto più cupo e dark, perché volevo addentrarmi in una storia diversa, in cui la componente fantasy, fosse accompagnata da quella storica e distopica.

3. La psicologia dei personaggi è un ingrediente fondamentale per la riuscita di un libro. A maggior ragione se si tratta di un fantasy, in cui la rosa dei personaggi principali è spesso molto ampia, o di una trilogia. Secondo te cosa rende un personaggio speciale e indimenticabile per i lettori?

Io credo che un personaggio resti indimenticabile quando ha caratteristiche eccezionali, unite però a una grande umanità e a elementi comuni di ognuno di noi. L'eroe senza macchia e senza paura lo trovo un po' superato. A me piace che i personaggi (siano miei o dei libri che leggo) abbiano decine di sfumature diverse, positive e negative, e quindi il più realistici possibili.

4. Qual è il personaggio a cui sei più affezionato della trilogia "L'Era delle Guerre", edita dal Linee Infinite. Ci vuoi parlare di quest'opera?

Sono davvero tanti e non sarebbe giusto fare dei nomi. La saga è un'opera corale e quindi fare delle scelte è troppo complicato, non chiedetemelo.

Quanto a parlarne, ben volentieri. Come detto, è un fantasy ancorato al genere più classico, in cui, però, ho inserito una trama originale, che finora non si era ancora vista nel panorama tipico del genere. Non ci sono compagnie, non ci sono mondi da salvare, né un Oscuro Signore. Ci sono invece due popoli al massimo del loro splendore, elfi e nani, che come tali decidono di darsi battaglia senza quartiere. Quello che succederà sarà grandioso e drammatico al tempo stesso.

5. Tu Stefano, sei davvero un autore versatile e dalle mille sfaccettature, che riesce ad accostarsi a generi molto diversi fra loro. Allora mi sorge spontanea una domanda: come ti approcci al pubblico di giovanissimi? Credi che i ragazzi, a cui spesso tu ti rivolgi con i tuoi libri, debbano essere "trattati con i guanti", con letture "ad hoc", o pensi che sia giusto affrontare insieme a loro temi importanti come l'omofobia o la sessualità? In parole povere, che cos'è per te la scrittura responsabile?

Io credo che tutto si possa dire (o scrivere in questo caso) con le giuste parole. Perciò non sono affatto contrario ad affrontare temi scottanti e delicati. In "Pestilentia" parlo di un amore tra due donne, ma anche di ciò che può accadere nel mondo quando la fede viene travisata e una religione illogica prende il sopravvento sulla ragione. Ovviamente i temi devono essere inseriti nel contesto, non essere piazzati là solo per fare scalpore o per dire: «Ho inserito un argomento scottante». In quel caso il risultato rasenta il ridicolo. Se invece i temi delicati sono intrecciati alla storia e ai personaggi, allora la scrittura (e la lettura) possono essere strumenti validissimi per aprire dibattiti e per mostrare diversi punti di vista.

6. Infine, come di rito, tre consigli in pillole a tutti gli autori fantasy e non.

Questa è difficile, soprattutto perché non mi piace molto dare consigli. Se però posso permettermi, direi agli autori (di qualunque genere) di leggere molto e qualunque libro, dai classici, fino ai libri più leggeri e contemporanei. E poi suggerisco di scrivere, anche poco, ogni giorno, perché l'allenamento rende perfetti. O quasi...

Grazie Stefano per essere stato con noi,

Un saluto affettuoso, alla prossima intervista.

Grazie a voi per l'ospitalità.

Valentina G. Bazzani 

 Bazzani 

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