Pillole di ortografia

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Buonasera a tutti i nostri cari lettori, è bello vedere che siete sempre di più. L'inverno è la stagione in cui siamo tutte molto impegnate, giornate brevi e una lista infinita di cose da fare, lo stress ci rende nervose, i pochi momenti di pausa non migliorano la situazione e dobbiamo trovare un modo per sopravvivere. La mia sopravvivenza? Diciamo che una buona parte ce l'hanno quei mondi paralleli in cui mi piace immergermi, i libri. Per questo credo che Wattpad sia una grande risorsa, perché tutti noi abbiamo delle storie da raccontare e da regalare a chi ne ha bisogno, anche i più giovani, i più inesperti. Così spero che per loro queste poche pagine siano un aiuto, giocare con la grammatica è il primo passo per divenire scrittori esperti!

Il terzo argomento che voglio affrontare? Diciamo che è il cugino di quello della settimana scorsa, il Natale si avvicina e le riunioni di famiglia diventeranno presto all'ordine del giorno. Ecco che il nostro già esplorato apostrofo si unisce al suo fratellastro, l'accento. Credete che sia un argomento particolarmente semplice, non è così? Se consideriamo le regole più generali lo è, anche se non di rado mi capita di piangerlo tra le righe di storie probabilmente non rilette dopo la prima stesura. In questo caso possiamo consolarci, i nostri vicini Spagnoli non avranno l'apostrofo ma con gli accenti non scherzano! Fortunatamente l'italiano ha mantenuto l'accento grafico solamente nel caso delle parole tronche terminanti per vocale, ovvero quelle parole la cui accentazione cade sull'ultima sillaba.

Ma prima di arrivare a questo, qualche considerazione su questo segno ballerino. Ho cominciato a curare questa rubrica anche perché sono sopravvissuta ad un corso di linguistica italiana, ecco, diciamo che in quel caso la grammatica non è stata esattamente divertente. Giusto per inserire qualche parolone, l'accento è l'intensità di pronuncia di una sillaba che fa in modo che questa presenti una prominenza fonica rispetto alle altre. Generalmente all'intensità coincide un aumento della pressione dell'aria nel canale orale. Questo è quanto dicono quei simpaticoni dei manuali, tradotto in un linguaggio meno vicino all'ostrogoto? L'accento è la vocale su cui si concentra la nostra pronuncia, questo significa che è presente in ogni parola, anche se non lo vediamo. È un po' come se avesse un mantello dell'invisibilità, che è costretto a togliere in alcuni casi. Dunque anche in albero, torta, libro e chi più ne ha più ne metta è presente l'accento. Senza di lui sarebbe impossibile pensare di pronunciare le parole. Dove si trova? Ditemelo voi, con un piccolo aiuto. Àlbero, albèro, o alberò? Semplice, non è vero? Il gioco è fatto, perlomeno per ora...

Non sto a parlarvi di accenti acuti e gravi, una noia mortale e un vezzo da linguisti. Noi siamo scrittori, ci basta sapere quando e come utilizzarlo. Dicevamo, l'accento in italiano non si segna su ogni parola, almeno questa i padri della nostra lingua ce l'hanno risparmiata. Ci sono solamente due casi in cui l'accento fonico diventa grafico, ovvero in cui è necessario segnarlo. Del primo caso ho già scritto poco fa, possiamo darlo per assodato. Se più forte è l'ultima vocale c'è bisogno di un segnale, a ciò che si dirà, si scriverà, si leggerà, un piccolo segno si aggiungerà, oplà!

Facile come bere un bicchier d'acqua? Io dico di sì, quindi passiamo oltre. Non siete più giustificati, verrò a darvi la caccia ahahah! È una cosa che sanno in pochi, ma formalmente in italiano l'accento è obbligatorio anche quando serve a distinguere due parole omografe ma non omofone, ovvero che si scrivono allo stesso modo ma si pronunciano in modi differenti. "Abbàino o abbaìno, bàcino o bacìno, bàlia o balìa, cambiano molte cose se l'accento si porta via! I princìpi acquistano un titolo regale, divenir prìncipi non è poi così male, ma quando una calamìta diviene calamità, una mèta si riduce alla sua metà, allora dobbiamo rammentare che l'accento è da ricordare!"

E qui veniamo al difficile, quei poveri monosillabi che nessuno considera. Sarà forse a causa della politica, ma in questi giorni ho sentito talmente tante urla da parte di quella parolina sottovalutata e non accentata da avere pena per lei, oltre che per tutte le mie colleghe che un tempo hanno speso le loro ore ad insegnare ad alunni indisciplinati la differenza tra "Dico di sì" e "Si dice che...". Sono stati davvero rari i casi in cui il sì affermativo è stato accentato in questi giorni... Ovviamente non si tratta di un caso isolato, "ne ho sentite di molto peggio, non è stata né la prima né l'ultima", capito il messaggio? Il "né" come negazione correlativa è accentato, così come il dà prima persona singolare del verbo dare. E poi c'è la questione del sé, accentato solamente quando è pronome personale, tendenzialmente quando non viene seguito da "stesso". In realtà pare che ultimamente sia accettato anche scrivere "sé stesso", ma in questo caso mi piace essere conservatrice.

Di monosillabi accentati ce n'è una gran quantità, lì e là, ma l'accento non si trova su qui e qua, nemmeno va e sta fanno eccezione, non accentarli o faranno indigestione!

Che dire? Anche per questa volta è ora di concludere la nostra piccola guida all'ortografia. Come al solito, confido nell'avervi fatto sorridere e se trovate casi da pelle d'oca segnalatemeli, ci sono un'infinità di lati oscuri nella nostra lingua antica e ballerina! Vedrò di fare qualcosa anche per loro. Nella speranza di aver salvato tanti potenziali lettori da una crisi di nervi data da parole sgrammaticate, vi saluto e vi invito alle prossime puntate!

MartinaGhirardello

autrice di "Fiori di Campo"

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