Guardians

Door Reigan10

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[Completa - in revisione] In seguito alla terribile Guerra Rossa avvenuta dieci anni fa, il Continente centra... Meer

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Capitolo 142
Capitolo 143
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Capitolo 145
Epilogo
Grazie!

Capitolo 115

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Door Reigan10

Peter si trovava disteso su di una superficie fibrosa, morbida al tatto, nella quale sentiva quasi sprofondarsi. L'aria era intrisa di leggiadria e un odore che gli giungeva familiare spirava nel vento. Subito annegò in un mare composto di agrodolce serenità, una sensazione che aveva già vissuto, anche se forse vissuto non era il termine adatto.

Gli ricordava infatti ciò che aveva provato durante il suo ultimo incontro con Misty, quando il suo corpo era stato orribilmente martoriato, morente.

"Dove sono?"

Si alzò in piedi, confuso, e studiò il circondario.
Fin dove l'occhio nudo riusciva a scorgere, non distinse altro che grano e il suo giallo tenue che invadeva tutto l'ambiente con l'ondeggiare dei fili liscissimi.

"Northfield...?" Sussurrò, non capendo cosa stesse accadendo. Fino a un attimo prima era da tutt'altra parte rispetto ai dolci campi di grano in cui aveva passato alcuni mesi della sua vita negli anni precedenti.

Cosa voleva dire?

A un tratto, di fronte a lui notò un insieme di capelli biondi che riconobbe all'istante. E, sulla destra, quasi a formare un triangolo tra i tre presenti, vide una ragazza dai capelli rossi, sfumati lateralmente di giallo.

I due parvero accorgersi di lui, all'apparenza assaliti dalla stessa confusione.

"Peter!" Lo chiamarono all'unisono.

"Alex, Karen, siete voi?" Il ragazzo rispose al richiamo, spiazzato da quell'incontro surreale, nell'ambiente bucolico dall'atmosfera fin troppo soave in cui si era ritrovato.

"Sì, sembra che siamo tutti e tre in questo... strano luogo, per qualche motivo. Non vi ricorda Northfield?" Constatò Alex.

"Lo stavo pensando anch'io!" Replicò Karen. Il suo volto apparve a Peter e Alex piuttosto segnato, come se fosse reduce da una sofferenza immensa, schiacciata dalla pressione. "Sembra il posto in cui si trovava la casa di Mary-Beth." A quel nome, la sua espressione si rabbuiò ancora di più. Forse la battaglia a Fiery Littoral era stata solo un sogno? Oppure era lo scenario attuale a esserlo? Ma sarebbe stato strano, considerando che Peter e Alex le sembravano estremamente reali. E in più davano l'idea di essere straniti quanto lei, mentre nei sogni tutto appariva così ovvio, dato per scontato, senza le domande che in quel momento tormentavano tutti e tre.

"Ma cosa sta succedendo? È impossibile che siamo stati catapultati tutti qui, di punto in bianco." Disse Peter. "È quasi come se stessimo sognando nello stesso momento."

"Non è del tutto falso, Peter."

Il ragazzo si voltò, udendo quella voce che gli inondò il petto di calore.
In mezzo alla fitta vegetazione, distinse una figura di spalle con indosso un rustico vestitino nero e un cappello di paglia. Non era apparsa dal nulla, piuttosto, erano i tre che per qualche misteriosa ragione parevano non averla notata fino a quel momento, pur essendo lei tra di loro da un bel po'.

"Mary-Beth! Cosa succede, tu lo sai?" Chiese Alex, con aria grave.

"Non sarà che..." Sussurrò Karen, orripilata.

Mary-Beth sorrise loro, luminosa in viso come mai l'avevano vista, i chiari occhi rosa che riflettevano la luce del sole. "Questo è il mio Ultimo Desiderio, ragazzi. Volevo vedervi ancora una volta, voi che siete le persone a cui devo di più." Rivelò, senza mezzi termini.

Peter trasalì. Allora era davvero come per Misty. "Stai scherzando, vero? Se questo posto è il tuo Ultimo Desiderio, significa che..."

Il volto rassegnato ma allo stesso modo sereno della maestra confermò i suoi orridi dubbi. Il ragazzo si sentì mancare il respiro, quasi crollò sulle ginocchia. Udì Karen iniziare a singhiozzare, già consapevole della realtà dei fatti. L'aveva realizzata con i suoi occhi, d'altronde, pur avendola inizialmente negata.

"Non può essere, è tutto falso, giusto?" Alex aveva un'espressione incredula negli occhi azzurri, le lacrime minacciavano di fare a pezzi gli argini che le contenevano. "Ora mi sveglierò e sarà tutto come prima, è così?" Domandò, quasi supplicante, la voce un tremolio smorzato.

"Basta così, Alex. Non piangere, e nemmeno tu, Karen." La severità nella voce di Mary-Beth accrebbe ancora di più la loro nostalgia, ma in un certo senso contribuì a calmare i loro animi, come aveva sempre fatto. "Ascoltatemi, ok? Se Karen è qui con noi significa che lei è sopravvissuta, come speravo. Probabilmente prigioniera. I nativi si saranno stabiliti a Northfield e questo Faraday non lo permetterà. Vi chiedo di non compiere pazzie rischiando inutilmente le vostre vite, lasciate fare al governo. Con quei nemici non si scherza. Voglio che viviate tutti e tre dopo questa guerra, e il modo migliore per permetterlo è che restiate lucidi e ubbidiate agli ordini che vi saranno assegnati."

Peter, Alex e Karen non riuscivano a proferire parola, ancora troppo scossi. La ragazza dal crine rosso continuava a versare lacrime, ma nel mentre, i suoi denti erano digrignati in virtù della profonda rabbia che cresceva in lei sempre di più.

"D'accordo, Mary-Beth." Sorrise invece Peter. "Rispetteremo la tua volontà. Non appena localizzerò Karen, però, la metterò in salvo con l'Energia Oscura, concedimi almeno questo."

La donna ricambiò con un cenno d'assenso del capo e un'espressione radiosa. "Sei diventato proprio un ragazzo forte e maturo, Pete. Lo sei sempre stato. Guardatevi, i miei allievi, così cresciuti... avete superato ogni mia aspettativa. Sono proprio fiera di voi, ragazzi."

"Non andartene... possiamo restare così, insieme, un altro po'? Ti prego. Non voglio dirti addio..." Karen persisteva nel mantenere il capo basso, incapace di guardarla.

"Venite qui, tutti e tre." Mary-Beth allargò le braccia e cinse i suoi allievi in un lungo abbraccio, smorzato dai forti sussulti di Karen e da quelli più contenuti di Alex. Persino la mascella di Peter iniziò a tremare, avvertendo le movenze un po' impacciate che la sua insegnante ancora manteneva quando mostrava affetto. Il suo odore leggero e rurale, la pelle morbida che emanava un calore quasi materno. "Sarete sempre le persone per me più preziose su questo mondo."

La realtà che li circondava prese a dissolversi poco alla volta, mentre il contatto tra i loro corpi continuava, così reale, concreto, a dispetto del mondo idilliaco in cui si trovavano.

Ma lo sentirono. Tutti e tre capirono che il tempo con la loro maestra era agli sgoccioli.

"No...!" Implorò Karen, comprendendolo. "Non sono pronta!"

"Va tutto bene." Sussurrò Mary-Beth. Strinse più forte i tre. "Chiudete gli occhi."

Serrate le palpebre, Peter sentì chiaramente la realtà scivolargli lungo le dita come i fili di grano che riempivano i campi di Northfield, il corpo diventò più pesante, l'aria più fredda.

"Addio."

Quell'ultima parola risuonò dritta nella sua testa, sommessa e gentile come una carezza.

Riaprì gli occhi.

Era nel letto all'interno della sua abitazione nel verde di Southfield, avvolto dalla semi-oscurità del primo mattino.

Scrutò la figura Alex, seduto sul materasso del letto di fronte al suo, con la schiena affusolata. Sul suo viso vi erano profondi solchi attraversati dalle ruscelli di lacrime. Proprio come su quello di Peter.



Dorothy e Lily ammiravano l'aurora purpurea che precedeva l'albore dell'ascesa solare, al di là dei rami curvi che si allungavano sopra le loro teste, le gambe penzoloni fino a lasciare che le dita nude dei loro piedi sfiorassero la superficie rigida del fiume sottostante.

La giovane dai capelli blu e umidicci come alghe marine, nella brezza fresca del boschetto intorno alla casa in cui risiedevano Peter e Alex, aveva gli occhi rivolti al suolo. Ma l'espressione che mostrava era molto più serena rispetto al giorno precedente. Dal momento in cui Dorothy le aveva rivelato di essere in attesa di un figlio, quello di Marcus, una sensazione fino a quel momento totalmente sconosciuta si era impadronita di lei, sovrapponendosi al dolore, che pure restava, fresco e pulsante.

Dorothy però era sempre lì, al suo fianco, pronta a lenirlo con la sua presenza confortante.

"Hai già deciso come chiamarlo?" Chiese quest'ultima d'un tratto.

"O chiamarla." Ridacchiò Lily.

"Già, sarebbe carina una femminuccia!" Rise a sua volta Dorothy, accompagnata dalla compagna.

Le sue risate, notò Dorothy, non erano più spensierate ed esuberanti come le ricordava. Adesso ognuna di esse le sembrava uno sforzo, il frutto della lotta contro una sofferenza che Lily aveva sempre celato alla perfezione. E l'aveva fatto, capì la giovane Guardian, soprattutto grazie a Marcus. Senza di lui sarebbe stata durissima per Lily, ma la promessa di un bambino, un barlume di gioia in un mare di dolore, bastava per spronarla a lottare con tutta sé stessa.
Dopotutto, Lily era sempre stata una combattente nata, fin da piccola.

"Non so, se fosse femmina mi piacerebbe chiamarla Nanako." Squittì Lily, pimpante.

"È un bel nome." Concordò Dorothy, curiosa su quella scelta. "Qualcuno che conoscevi?"

"Era una mia amica ai tempi delle elementari, una lunga storia." Si limitò a dire Lily.

"Capisco." Dorothy non indagò oltre. Non sapeva molto del passato di Lily, ma qualcosa le diceva che sarebbe stato meglio non rivangarlo in quel momento.

"Vorrei solo che quando nascerà non sarà in un mondo martoriato dalla guerra." Mormorò, in un soffio appena percettibile, Lily. "Vorrei donargli o donarle una vita serena, non una travagliata e vissuta nella costante paura di un conflitto imminente."

Dorothy le strinse le mani, incontrando gli blu dell'amica con i suoi, grandi e dorati. "Ti prometto che in qualunque scenario dovesse nascere, farò di tutto per proteggere tuo figlio. Noi tutti lo faremo." Costrinse Lily ad abbassare lo sguardo per la luce intensa che il suo volto emanava. "E-e poi, probabilmente per allora la guerra sarà finita! Spero solo di avere tutti gli arti a posto per allora!" Dorothy decise di alleggerire la tensione del momento con una risatina ironica, accorgendosi dell'imbarazzo dell'altra.

Fu in quell'istante che sopraggiunse Larina alle loro spalle, notata da Dorothy che balzò in piedi con atletismo.



"Ehi, Larina! Unisciti a noi, l'acqua è bella fresca." Affermò, energica, la Guardian.

"Va tutto bene?" Le salutò Larina, sorridente come sempre. "Malauguratamente, porto delle cattive notizie. Le ho sentite da Peter e Alex, che a quanto pare ne erano già a conoscenza da appena svegli. Strano..."

"Che notizie?" Indagò Dorothy.

"Abbiamo perso anche Fiery Littoral, a Northfield. Sembra che i nativi si siano stanziati lì in una loro base, non si sa cosa abbiano in mente di fare. A mio parere, verrà formata una squadra speciale per riconquistare la zona, ma è ancora tutto in fase di sviluppo, vediamo come si evolve la faccenda."

"Oh, no... Karen?!" Chiese Dorothy, impaurita.

"È viva, ma prigioniera, stando a ciò che mi ha spiegato Peter." La rassicurò Larina. "Noi dobbiamo pensare ai fronti qui a Southfield, a Northfield ci penseranno terzi. Non possiamo abbandonare la nostra area di competenza. Infatti, volevo informarvi che sto andando via, e con me Fujiwara. Dice di volersi recare di persona a Northfield per valutare la situazione."

Dorothy abbassò il capo, pensierosa riguardo quella pioggia di informazioni tutte in una volta. Guardò Lily, seduta sull'erba fresca con aria interrogativa. "Ho capito, io e Alex resteremo qui con Peter un altro po', in attesa di ordini. Voglio restare accanto a Lily per qualche tempo."

"D'accordo, ma non dilungatevi troppo, per favore. Raggiungi al più presto la città di Haru, io sarò lì."

"Non preoccuparti troppo per me, Dorothy. Starò bene, fa' ciò che devi senza problemi." Intervenne Lily, posandole una mano sulla spalla.

"Va bene..." Dorothy si rabbuiò, assumendo un'aria assorta, cosa che non sfuggì a Larina.

"Qualcosa in particolare ti turba, Dorothy? È da Greywatch che mi sembri combattuta, come se non credessi in ciò che stai facendo." Domandò.

L'altra esitò, indecisa sul confessare o meno i propri dilemmi interiori alla donna, che seppure le avesse dato l'impressione di una persona gentile e molto umana, era pur sempre un suo superiore che aveva il diritto e il dovere di metterla in riga, se necessario. I Guardians dopotutto avevano l'obbligo di prendere parte alle operazioni belliche, pena la corte marziale.

"Nulla, è che da quando sono una Guardian ho sempre pensato a punire chi mi ha fatto del male: Jansen Dolberg per aver ucciso i miei genitori, i nativi per aver minacciato la realtà in cui vivo, i Vulture per tutti i crimini che hanno commesso. In questa guerra invece ho assistito alla morte di molti innocenti, tra cui Marcus. E io stessa sono stata la causa della morte di tanti altri che non conoscevo nemmeno. È qualcosa che pesa sulla coscienza, anche se ti ripeti che non hai scelta, che devi farlo. Non è semplice abituarsi." La giovane donna liberò le sue ansie come fossero una cascata.
Era così semplice con Larina come interlocutrice, non giudicava ed era sempre comprensiva, nonostante la sua postura inflessibile e i modi autoritari. Dorothy la considerava una leader nata.

Larina però aggrottò insolitamente la fronte. "I tuoi genitori? Intendi Ryoga e Milly Goover?"

"Esatto, perché lo chiedi?" Chiese Dorothy. D'un tratto un cattivo presentimento la gettò in uno stato d'ansia intrinseca.

"Credevo lo sapessi... ma avendo affrontato una spedizione con lui, forse avrei dovuto immaginare che non era così." Mugolò Larina.

"Che vuoi dire? Larina, tu sai qualcosa sui miei genitori? Quindi, è vero che non è stato Dolberg!" Ormai era impossibile per la donna sfuggire alla morsa della ragazza dalla chioma candida. i suoi occhi spiritati erano così ferocemente bramosi che Larina si pentì di aver fatto menzione di quella faccenda.

"No, non è stato lui. Ma non serve che tu sappia, è stato molto tempo fa." Tentò inutilmente di sviarla.

"Per favore, rivelami il nome." Disse Dorothy, inamovibile.

Larina la scrutò, stupita da quel cambiamento nella pistolera. La sete di vendetta era radicata in lei fino a quel punto? Davvero era la scelta giusta rivelarle l'identità del carnefice dei suoi genitori?

"Dorothy, sono passati tanti anni." Rettificò, persuasiva.

"Ho bisogno di conoscere quel nome." Ripeté a sua volta l'altra. Era impossibile trattare con lei, non ascoltava nemmeno. Perfino Lily parve sconvolta da quell'atteggiamento atipico per la ragazza solare che lei conosceva.

"Promettimi che una volta venuta a conoscenza di quel nome, tu non agirai d'impulso. Sono seria, Dorothy, devi giurarlo. Potresti pentirtene."

"Lo giuro. Ora dimmelo." Dorothy sembrava quasi un automa volto solo a un obiettivo. Uno scopo che aveva ben poco di luminoso.

Dopo un ultimo tentennamento, Larina comprese che non avrebbe avuto senso tergiversare oltre. Se Dorothy avesse compiuto qualcosa di istintivo, sarebbero stati problemi suoi, lei l'aveva avvertita. "Ebbene, la persona che ha ucciso i tuoi genitori più di dieci anni fa al tempo ovviamente combatteva per lo Shihaiken, essendo cresciuto nel dojo di Fujiwara Taiyo."

Dorothy trasalì, intuendo subito di chi stesse parlando. Le sue palpebre si spalancarono in maniera maniacale per il dolore e lo stupore mescolati che le assalirono l'animo. Un un'espressione terrificante prese forma sul suo viso.

"Penso tu abbia già capito a chi mi riferisca. Adesso quell'uomo dirige un'importante compagnia navale, e il suo nome è Antonio Santos." Concluse Larina.

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