Capitolo 142

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Era circondato dal calore più infernale. Fiamme e magma distruttivi, tanto roventi da distorcere e deformare l'aria stessa nei dintorni, inglobavano completamente il suo corpo rannicchiato in uno spazio buio, cupo e angusto, dove la luce del sole era appena una lacrima fioca che pioveva da una lontanissima fessura, in alto.

Non lo scalfiva nemmeno, il tepore del sole, tra quegli ardenti flussi magmatici di un intenso e puro color indaco.

Il suo crine, un tempo dalla tonalità simile al miele, adesso era composto di verdi e fluorescenti fili sottilissimi che cascavano lungo tutto il suo corpo avvolto da un impolverato kimono chiaro.

A gambe incrociate, osservava il nulla con un ghigno ambizioso, famelico quasi, gli occhi di giada ridotti a due fessure immemori della gentilezza che in passato trasudavano. Il caldo soffocante intorno non lo avvertiva affatto, come se lui stesso fosse parte del paesaggio, energia antica e devastante che piegava la natura.

Restando in un'immacolata immobilità dal sentore divino, attendeva.

"Hai resistito a lungo prima di cedere, tenace uomo, più di chiunque altro. E ancora sento nitidi i tuoi sentimenti, i rimpianti le speranze. La paura."

La voce era la stessa che sempre era fuoriuscita dalle labbra di quel corpo, di Fujiwara Taiyo. Ciononostante, il suo suono era completamente diverso, più sinistro. Tonante come una saetta, eppure calmo come lo scorrere un fiume, leggero ed evanescente come il fruscio dell'erba.

"Così come avverto i sentimenti di tutti i tuoi predecessori umani. Esseri destinati a soffrire di più, a sentire di più. A provare con maggior nitidezza la disperazione, che loro stesso causano con quei sentimenti a cui tanto tengono. So quanto dolore create e quanto esso si sussegua, sempre uguale in un ciclo simmetrico, nonostante il passare degli anni. La storia della vostra vita si ripete sempre."

L'essere si alzò in piedi, la lama ricurva che pendeva dal fodero al suo fianco sinistro parve brillare di luce propria, sprigionando un'energia immane.
La veste svolazzò, all'apparenza anch'essa composta d'aura a causa della fusione con l'ambiente. Il fuoco divampò lungo i margini del suo corpo, diventando parte della sua essenza e bruciando l'atmosfera nelle vicinanze.

"Ed è mio compito far sì che questo ciclo del male si chiuda. Ho ascoltato fin troppi lamenti." Tuonò, mentre avvertiva dei lontani e minuscoli Kaika avvicinarsi a quel luogo. "La morte dovrà propagarsi tra gli umani, perché segua l'origine di altra vita. La nascita di un nuovo mondo."



Diversi chilometri a nord, nella zona più prossima alla grande montagna che troneggiava sul bosco, Peter avanzava a passo rapido accanto a un accigliato Somber, tra le fronde degli alberi e cespugli che costeggiavano lo stretto e secco sentiero terroso sul quale si trovavano.

I cinguettii delle varie specie di volatili esotici in alto, mescolati al canto pigro di qualche cicala appollaiata sui tronchi, facevano loro da cornice e riempivano l'aria con una vivida melodia. Era piuttosto piacevole da ascoltare, così come passeggiare immersi nella natura. Nonostante a Somber di solito piacesse più restare in solitudine, specialmente in luoghi isolati e dall'elevata altitudine.

Peter, al contrario, era sempre in grado di adattarsi a ogni situazione, mettersi a proprio agio senza mai lasciar trasparire alcun suo punto debole, se non nei momenti in cui bisognava fermarsi e parlare di logistica. La sua forza erano l'impulsività e l'intraprendenza.

L'opposto del compagno, che rendeva la riflessività e l'ingegno il suo cavallo di battaglia.

Ciononostante, a discapito delle grandi differenze caratteriali, tra i due era sempre intercorso un tacito rispetto, una sorta di riconoscimento del valore dell'altro. Anche quando Somber era sparito, unendosi ai ribelli per sue esigenze personali, Peter non l'aveva mai giudicato, fidandosi della sua capacità di giudizio. Dei suoi valori.

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