Capitolo 64

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Amber attendeva seduta al tavolino accanto alla vetrata di un bar nella zona est di River Town, non molto distante dal dojo del maestro Fujiwara.
Batteva nervosamente l'indice in maniera costante sulla superficie legnosa del tavolo, guardando a tratti fuori dalla finestra, in attesa della ragazza con cui doveva incontrarsi.

Dal paesaggio urbano all'esterno, si poteva intuire che si trovava in una zona periferica della città, ben lontana da quella principale, a nord, dove si poteva ammirare in lontananza la maestosa South Arena, in cui ogni anno si tenevano grandi eventi.
I marciapiedi, che delimitavano verticalmente in ambo i lati la strada, erano pieni di piccole panche in pietra, spesso con alcuni graffiti disegnati sopra, e a volte sormontarti da alberelli che offrivano una piacevole ombra per rifugiarsi dalla calura estiva.

Sulla parte dirimpetto al bar, si estendeva un muretto non molto alto e interrotto da una breve serie di scalini marroni in salita, subito seguita da una in discesa, che conduceva a un rione dalle abitazioni compatte e ravvicinate.

È da quelle scalinate che Amber vide arrivare Dorothy, abbigliata con una canottiera sportiva gialla, pantaloncini bianchi e un berretto blu sui morbidi capelli.

Il cuore di Amber sobbalzò quando la notò.

"Eccoti, grazie per essere venuta." La accolse con un gran sorriso.
Lei, al contrario della giovane, indossava la sua divisa lavorativa blu scuro ben abbottonata, nonostante il caldo.

"Ciao, Amber! Sono contenta di chiacchierare un po' da sole. Ho sentito che stanno per organizzare un altro evento alla South Arena, ne parlano tutti qui in città!" Raccontò Dorothy, arzilla.

"Grandioso... chissà di cosa si tratta." Fece Amber, titubante.

"Tutto a posto, Amber? Volevi parlarmi di qualcosa in particolare?" Chiese Dorothy, ordinando nel frattempo un'aranciata con ghiaccio, mentre Amber prese un caffè macchiato.

"A dire il vero, sì... riguarda Summer." A quel nome, il viso di Dorothy mutò in un istante espressione, divenendo malinconico e sofferente. "Lei per te... significava molto, vero?" Domandò Amber, fissandola con i suoi profondi occhi verdi.

Dorothy abbassò lo sguardo. "Era tutto ciò che rimaneva della mia famiglia. Lei conosceva mamma e papà, e io non ne avevo mai sentito neanche parlare. Ascoltarla mentre mi raccontava di loro mi rendeva così felice..." Dorothy socchiuse gli occhi, che furono riempiti da tutto il dolore che la ragazza provava al ricordo della compagna. "Perché me lo chiedi, comunque?"

Amber deglutì, con fare ansioso. "Io non voglio renderti triste facendotela ricordare, proprio ora che hai ritrovato Somber e ti sei riunita con Peter e Alex, ma ho bisogno di scusarmi, Dorothy... non sono riuscita a proteggerla, anche se ero lì con lei nel Continente orientale, al suo fianco! Mi dispiace, piccola, mi dispiace così tanto..." Amber aveva le labbra tremolanti e allo stesso tempo le braccia irrigidite per delle fitte provocate dalle ferite che conservava, intensificate inoltre dall'aria condizionata nella caffetteria. "Per colpa mia hai perso tutto quello che ti restava della tua famiglia." Quasi mormorò la donna con un'espressione profondamente addolorata.

Dorothy la fissò in modo intenso per qualche secondo, con occhi tristi.
Poi, allungò le mani verso le braccia di Amber.

"Eh?" Esitò lei, stupita.

"Sta' ferma, altrimenti non posso lenire il tuo dolore." Dorothy emise un flebile e pallido bagliore giallo, che si propagò sulle pelle chiara di Amber.

"C-cosa? Non sento più le fitte alle braccia. Anche mentre le chiedo scusa, lei pensa a essere gentile con me?" Pensò la donna dai capelli biondi, mentre osservava il volto tondo e delicato della ragazzina che la stava curando. "Sembra un angelo..." non poté fare a meno di constatare nella sua mente.

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