Capitolo 28

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Il sole era ormai sorto, illuminando con i suoi primi fiochi raggi la città di Gloomport Town.

Satyria, insieme ad Ater e Candidus, era sull'altura tra le colline appena fuori la città. La stessa dove questi ultimi due si erano incontrati prima dell'assalto al molo. Sembrava fosse passato molto più di una singola giornata.

La donna dal crine ramato osservava il cielo dell'alba a tinte gialline e rosa chiaro, pensando a quanto era avvenuto poche ore prima. Durante la fuga, Ater aveva creato delle copie approssimative del gruppo che si sarebbe infiltrato sulla nave, in modo da sviare gli inseguitori e permettere a tutti i Vulture di sfuggire alla loro vista. In effetti, aveva funzionato meglio di quanto lei avesse previsto, l'abilità del ragazzo era stata essenziale ai fini della missione.

Eppure, Ater era silenzioso e assorto nei suoi pensieri. Il che non era insolito per lui, ma stavolta appariva diverso: si percepiva che qualcosa lo stesse tormentando dall'interno. Satyria lo capiva dal modo in cui il suo silenzio le appariva frenetico, in un certo senso. Dal modo in cui si spostava spesso, passeggiando nervosamente da una parte all'altra della piazzola brulla in cima al colle.

In più, Candidus, sempre allegra ed estroversa, ora se ne stava seduta con la schiena appoggiata a un masso, e non diceva una parola, volgendo di continuo lo sguardo verso Ater e distogliendolo subito appena lui se ne accorgeva.

Satyria decise di parlare al compagno.

"Ehi, tutto bene?" esordì, avvicinatasi.

Lui si voltò a guardarla. "Non proprio. Non so come dirtelo, ma a questo punto tirerò il dente e basta. Credo che mi assenterò per un po', capo, ne ho già parlato con Karasu. Devo capire alcune cose che al momento mi sfuggono, e devo farlo da solo."

Satyria lo osservò per qualche secondo.

"È proprio cambiato." pensò.

Una volta Ater non avrebbe mai preso decisioni simili, tanto drastiche e con tanta risolutezza per risolvere un problema. La donna aveva già intuito a cosa si riferisse, per lei era chiaro anche solo osservando i due componenti della sua squadra che ci fossero tensioni tra loro.

"Ha a che fare con Candidus, vero?"

"L'hai capito, allora?"

"Ho notato il disprezzo con il quale ti guarda a tratti. E il modo in cui tu tenti sempre di non irritarla. Io vi conosco bene, e certe cose le noterebbe persino un estraneo. Però, ho visto anche che qualcosa è mutato nelle ultime ore. Gli sguardi che Candidus ti ha lanciato dopo l'assalto erano più tristi che ostili... quasi una specie di supplica. Qualunque cosa sia, cerca di venirne a capo, Ater. Lei sta soffrendo."

"È proprio per questo che ho deciso di partire. Devo scoprire cos'è che le fa provare quel continuo odio verso di me e che la rende così tanto instabile." annuì Ater.

"Certo che, per non ricordarti niente di niente, sei proprio uno stupido, lasciatelo dire." lo punzecchiò Satyria, con la sua solita punta di ironia.

"Non ci sono limiti a quanto io lo sia, in effetti. E a dire il vero, non so neanche da dove cominciare." Il giovane dagli occhi tenebrosi sembrava piuttosto sconsolato, anche se la determinazione non abbandonava mai la sua espressione.

Satyria parve riflettere un momento, le dita a massaggiare il mento levigato. "Non ne so molto del vostro passato, Ater. Ma come ho detto, io vi conosco, dunque conosco bene te, e posso dirti questo: può essere solo un suggerimento, ma piuttosto che focalizzarti su cosa tu possa aver fatto in passato per far disperare in quel modo Candidus, rifletti anche su cosa tu possa non aver fatto. In fondo, sei sempre stato un tipo piuttosto indolente. Pensaci."

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