Capitolo 137

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Il giovane Fujiwara camminava sulla stradina sterrata in discesa a valle del colle su cui viveva, il capo costantemente basso e le palpebre pesanti, rigonfie di dolore. Intorno a lui, le foglie ricoprivano i margini del sentiero e la vegetazione incolta accoglieva le brevi folate di vento in una danza mite che non rispecchiava per nulla il suo stato d'animo.

Una leggera pioggerella cominciava a cadere, chiazzando di scuro parte dei suoi capelli e pizzicandogli di tanto in tanto le guance.
Lui, noncurante, avanzava. Pensando a ciò che gli era stato rivelato dalla ragazza con cui aveva vissuto per tutta la vita.

A come l'avesse sempre ingannato.

Ancora gli faceva male il petto al riecheggiare di quelle parole nella sua testa, così come al ricordo degli occhi pentiti della maestra Tsuki.

"Ti ho cresciuto in modo che ciò che alberga dentro di me finisse in te, al momento della mia fine. Quando avrò ceduto. L'ho fatto perché credevo in te, nella tua forza. O così volevo pensare." Gli aveva detto, circa tre ore prima, all'interno della capanna.

La loro casa.

"Ma la verità è che quando decisi di accoglierti con me, mi sarebbe bastato chiunque... ho agito da egoista, non sono stata in grado di sopportare le mie angosce da sola, e con lo stupido pensiero di cedere le mie pene a qualcuno e addestrarlo perché potesse sopportarle come me, senza perdere il controllo, stavo per rovinarti la vita come è successo con la mia." Le lacrime avevano iniziato a scorrere violente sul viso delicato e profondamente addolorato di Tsuki Araumi. "Scusa... scusa, Taiyo... sono una persona meschina. Ma sei riuscito a migliorare la mia esistenza banale e voglio che tu sia felice. Perciò, ho voluto svelarti la verità. Va' via, per favore, finché sei in tempo. Scappa da questo destino infausto. E, se ci riesci, perdonami. Io ti amerò per sempre."

Mentre la scena prendeva vita sempre più nella testa appesantita di Taiyo, il groppo nella sua gola diveniva più gravoso e il petto si apprestava a fargli male. Mai avrebbe immaginato che la sua amata maestra fosse vittima di una maledizione, e che questa avesse avuto origine proprio dal Kaika che lui tanto ammirava.

Sapere di essere stato ingannato dall'unica persona che avesse mai considerato una famiglia lo faceva sentire vuoto. Avvertiva una sensazione amara in bocca, uno squallore che gli ottenebrava i pensieri.

Si sentiva tradito, era come se tutto ciò in cui avesse mai creduto, quei sentimenti puri e luminosi, fosse falso e senza significato. La sua stessa esistenza gli parve inutile.

Ciononostante, rifletté, lei gli aveva rivelato tutto. Era stata sincera, alla fine, e non doveva essere stato semplice vivere in quello stato, trattenendosi di continuo senza dire mai niente a nessuno. Taiyo si chiese come avesse fatto a mostrarsi sempre tanto calma e paziente. Così gentile. Era una donna davvero forte, come già immaginava.

E i sorrisi che gli aveva regalato, le serate passate insieme davanti a un piatto caldo a ripararsi dall'inverno, le pacche sulla testa ricevute dopo i miglioramenti in allenamento, dovevano essere veri. Sentiva che non fossero solo una bugia.

Tsuki aveva pianto per lui. Gli aveva chiesto perdono.

"Io non posso abbandonarla." Pensò, con gli occhi d'oro lucidi. "Nonostante tutto, lei mi ha dato tanto. Non voglio lasciarla sola così... io desidero aiutarla, che sorrida spensierata con me. Voglio che la maestra Tsuki sia felice. Perché io la amo con tutto me stesso!"

Immaginando il suo volto, le risate soavi, quella voce melodiosa, le lacrime ruppero gli argini nei suoi occhi senza che Taiyo potesse far nulla per arrestarle.

"Devo tornare indietro e dirle che ne usciremo insieme!" Esclamò.

Così, Taiyo corse, corse e corse ancora a perdifiato. Risalì tutto il sentiero di gran carriera, ignorò il dolore alle gambe per lo sforzo prolungato, la mente rivolta solo al suo obiettivo, a colei che voleva vedere più di ogni altra cosa, e abbracciare per rassicurarla come lei aveva fatto con lui per tutti quegli anni magnifici.

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