Prologo

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La ragazza aveva il fiato corto. Continuava a correre da quella che le sembrava un'eternità e il peso che aveva tra le braccia non aiutava di certo a ridurre l'affanno che le appesantiva le ossa, dandole l'impressione che fossero zuppe d'acqua che ne ostruiva i movimenti.

Il freddo era insopportabile. C'era un'aria pungente, gelida anche per gennaio, e tutto intorno era ricoperto dal candore della neve in un'atmosfera quasi surreale.

Era stanca ma doveva continuare a correre, altrimenti l'avrebbero trovata.

Il paesaggio circostante era un agglomerato di neve che si estendeva fin dove l'occhio giungeva, solo alla sua sinistra, al di là di un lungo muretto in mattoni dall'aria malandata, i tronchi di vari smorti abeti donavano cromaticità diverse alla zona.

Dopo un po', finalmente scorse l'edificio che cercava: un luogo un po' piccolo per essere un orfanotrofio, ma non poteva certo essere schizzinosa in quel momento.

Il cancello principale dava direttamente su un grazioso cortile silente. L'edificio in parte innevato era piuttosto basso, le pareti gialline, alcune finestre sparse e un tetto spiovente dalla superficie canuta, arricchito da un piccolo camino da cui fuoriusciva pigramente del fumo grigiastro.

Erano le prime ore del mattino, e le tendine oscuravano tutte le finestre della modesta tenuta.

L'esile figura incappucciata giunse davanti alle sbarre blu del cancello, avvolse bene il bambino dormiente di appena tre anni nelle calde e pesanti coperte per tenerlo al caldo e lo appoggiò con delicatezza sul suolo davanti all'ingresso.

"Mi dispiace lasciarti così, ma non c'è altra scelta. Spero con tutta me stessa che durante la tua vita sarai amato..."

Delle lacrime le rigarono le guance, ma non era il momento di piangere. Doveva muoversi.

"Buona fortuna." sussurrò. Poi, infilò una lettera tra le coperte e corse via senza voltarsi.

Sul foglio era scritto solo un nome: Peter.

Sul foglio era scritto solo un nome: Peter

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