Capitolo 134

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Era tarda mattina nel villaggio di Araumi, e lungo una staccionata che percorreva distesi campi ricolmi di svariate coltivazioni autunnali, tre ragazzi si godevano il clima mite sotto un cielo cosparso da sporadiche nuvolette bianche.
Presso le diverse assi di legno l'erba diveniva a tratti più incolta, abbarbicandosi come rampicanti su di esse o sfiorandole. Il venticello ne dettava il ritmo, e così era anche per le chiome dei compagni che beneficiavano di quella quiete.

L'unico i cui capelli non presentavano il classico colorito del popolo omonimo al villaggio, Fujiwara Taiyo, era al centro tra i due suoi amici con cui soleva trascorrere le giornate tra un allenamento e un altro. I suoi unici contatti insieme a Tsuki, le sole persone con le quali fosse riuscito a legare. Per qualche motivo, il resto dei bambini, e talvolta anche degli adulti, avevano sempre guardato con apprensione sia lui che la sua maestra, poiché vivevano isolati ai margini dell'insediamento.

Ma non quei due: una ragazza dal sorriso caldo, in quel momento alla sua destra, e un giovane alto e dall'aria tranquilla sulla sinistra.

Honda e Juntaro.

Non si erano mai fatti problemi a frequentarlo. A loro non era mai importato dei pregiudizi o della paura riguardo la tetra diversità della donna con cui viveva. Erano suoi amici, e rimanevano accanto a lui incondizionatamente.

"Oggi si sta proprio bene, però mi annoio di giocare ancora nei campi." Esordì l'amico, dal taglio di capelli corto e dinamico pettinato verso destra e gli occhi un po' pigri.

"Già, Juntaro ha ragione. Facciamo qualcosa di diverso. Magari visitiamo casa tua, Taiyo?" Propose la ragazza, che invece li portava tirati all'indietro con una retina che mostrava la sua fronte spaziosa e due treccine pendenti dietro la nuca.

Taiyo inarcò le sopracciglia a quella proposta inaspettata. "Casa mia? Non hai... paura di avvicinarti come tutti gli altri, Honda?"

Lei, seduta sopra la staccionata con le gambe penzoloni, scosse la testa con giocosità, sporgendola poi verso il compagno biondo e rivolgendogli un gran sorriso di cuore.

"Affatto! Anzi, ci stavo pensando da un po' e sarei proprio curiosa di conoscere questa Tsuki di cui ci parli così spesso!" Esclamò, le guance tonde e arrossate ad adornare la sua espressione vitale.

"Vale anche per me." Disse Juntaro. "Dopotutto, una persona che fa da maestra a uno scalmanato come te senza chiedere nulla in cambio dev'essere buona per forza. Non avrà mica secondi fini come riportare in vita il clan Fujiwara o robe del genere?" Borbottò con la sua parlantina lenta e trascinata.

Era uno che non badava al tatto quando parlava, ed esternava semplicemente i suoi pensieri senza problemi. Forse fin troppo.

"Non che io sappia." Scherzò Taiyo. "E per la cronaca, sono cresciuto con lei, non so molto del mio clan, a parte che non esiste più... beh, comunque se ci tenete così tanto posso chiederle se va bene ospitarvi per pranzo. Conoscendola, sarà d'accordo." Si grattò il capo con indolenza, staccando la schiena dal palo di legno su cui era posato.

Taiyo non ricordava nulla del suo clan d'origine, menzionato da Juntaro. Sapeva solo che era molto potente, ma un'epidemia improvvisa l'aveva sterminato quando era neonato, e lui era l'unico sopravvissuto. I suoi genitori, per non contagiarlo, l'avevano affidato alla famiglia di Tsuki, che era solita visitare il loro villaggio per barattare carni e pelli, come molti nel villaggio di Araumi. Così, Taiyo era cresciuto insieme a lei e la sua famiglia, fino a quando successe qualcosa che privò Tsuki dei suoi genitori.

Taiyo non era mai stato reso consapevole di cosa esattamente fosse accaduto. Né da Tsuki, che pure ricordava poco, né dal resto del villaggio, che a quanto pareva non era incline ad affrontare l'argomento.

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