Il vento frusciava tra il sartiame ammainato dell'imbarcazione accostata al litorale sabbioso, accarezzato da un sole cocente che gli conferiva una tonalità luminosa, quasi aurea. Le onde del mare cullavano la maestosa nave che recava il nome dell'ormai celebre compagnia Santos & Co., mentre una dolce brezza salmastra sfiorava il viso dell'uomo dalla chioma rosso sangue, intento a scrutare il luogo in cui erano sbarcati sotto un cielo limpido e privo di annuvolamenti, eccetto per qualche chiazza biancastra sparsa su alcuni stralci azzurri.
Tra i rumori sordi e il viavai dell'equipaggio che scaricava le merci sulla sabbia, oltre a legare le cime alle palme che costeggiavano la spiaggia in assenza di una vera e propria banchina, Saito osservò con i propri occhi di un verde intenso il molo di Lyam, la capitale del Continente meridionale alla quale erano finalmente approdati.
Non si trattava di un autentico porto, siccome Lyam era insolitamente più nota per il commercio, come denotavano i numerosissimi banconi che punteggiavano la zona gremita di gente di fronte allo spadaccino. Diversi muretti di roccia giallastra separavano le botteghe le une dalle altre, e dove il terreno da sabbioso diveniva pietroso e scosceso si susseguivano alcuni tratti in pendenza o in salita.
A più o meno trecento metri, al di là del molo, dei mastodontici palazzi sormontavano tutto l'ambiente con la loro forma alta e ricurva, tanto da far pensare a Saito che potessero crollare da un momento all'altro in avanti, devastando ogni cosa. Oltre le abitazioni ci si addentrava nel cuore dell'enorme città, in cui casupole in pietra e paglia si alternavano a palazzi di cemento armato. Infine, in cima a tutto il resto, lontanissimo su di una collina che dominava la città, una cupola si intravedeva appena nonostante la distanza cospicua: era il palazzo reale di Lyam, di dimensioni gigantesche.
Era lì che Saito doveva recarsi.
"Allora, come ti sembra casa mia?" Era Antonio, una mano complice poggiata sulla sua spalla.
Saito sbuffò. "Questo posto è completamente diverso da qualunque altro nel Continente centrale... fa un caldo insostenibile, tanto per cominciare, anche più di quanto ricordassi dall'ultima volta." Replicò, asciugandosi la fronte con la manica della sua lunga veste in cotone dai colori caldi, che lo avvolgeva fino al capo, coprendo parte della chioma. Antonio aveva consigliato sia a lui che ad Amber di indossare abiti del genere che teneva conservati sulla nave, poiché a suo avviso trattenevano meglio il calore. Ma Saito non si aspettava certo una temperatura tanto esorbitante.
In quel momento, la partner di Antonio era occupata a dirigere i membri dell'equipaggio nello scarico delle merci in seguito all'attracco. Dava anche lei l'idea di non essere abituata a quel calore afoso.
"Col tempo ti ci abituerai. Voi gente di montagna fate sempre così quando arrivate qui!" Canticchiò Antonio, sferrando alcune pacche gioviali dietro la schiena dell'amico.
"In realtà sei tu quello strano a non trovarlo insopportabile... a ogni modo, farò meglio ad avviarmi a palazzo, credo che una scorta mi stia aspettando al limitare della città." Bofonchiò Saito, avviandosi con la schiena curva in avanti verso la città di Lyam, mimetizzato tra la folla.
"Cerca di farti rispettare, mi raccomando. E non strafare." Raccomandò il compagno, ironico.
L'altro si limitò a rivolgergli un cenno con la mano, in segno di rassicurazione.
Quando Saito sparì alla vista, Amber, con indosso un largo abito rosso rubino che metteva in risalto i suoi occhi verdi e brillanti come giada, si affiancò al collega dalla pelle ambrata, nativo del posto seppur privo di veri ricordi in quel territorio arido e maestoso.
"Credi che se la caverà?" Domandò, preoccupata, seppur inflessibile in volto come di consueto.
"Tranquilla. Saito è in gamba, e anche se fosse costretto a trattare, sono convinto che troverà un accordo vantaggioso con la regina Miranda. Non tornerà a mani vuote." Antonio sogghignò, con una certa arroganza mista a fierezza negli occhi incavati e penetranti. "D'altronde, lui è il candidato principale a diventare Ministro degli Esteri, dopo l'assassinio di Goro Konno."
"Incredibile che quella poltrona sia rimasta in continua precarietà." Soggiunse Amber. "Da allora si sono susseguiti almeno tre ministri diversi."
Antonio scrollò le spalle. "Cosa vuoi che ti dica, di questi tempi è dura occupare quel ruolo. Konno doveva essere un autentico mostro per reggerne la pressione in stato di guerra."
"Già..." concordò la giovane donna. "Ho paura per Saito, non vorrei che cedesse al troppo stress e finisse per crollare. Dopo tutto quello che ha dovuto sopportare..." il suo viso assunse fattezze dolci, le palpebre dalle sottili ciglia bionde dischiuse in un'espressione apprensiva.
"Non arrovellarti, mia cara, andrà tutto bene." Antonio le sollevò il cappuccio per scherzo, scompigliandole poi il capo. "Saito saprà cavarsela. Adesso cerchiamo solo di piazzare qualche buon affare qui al mercato, abbiamo buone merci a bordo, dopotutto! E magari potrei offrirti un succo di mango o roba del posto."
Amber fissò gli occhi del compagno, rassicuranti come pochi in tutta la loro innata positività. Era come se sapesse sempre cosa dire per ingraziarsi la fiducia degli altri, e trascinasse tutti dalla sua parte con il suo carisma naturale e il suo sorriso smagliante.
Per una volta, la ragazza decise di lasciarsi andare a quell'indole avvolgente, trasportata dal calore che l'uomo al suo fianco da anni emanava.
"Certo, con piacere." Gli offrì un luminoso e genuino sorriso, così raro da vedere sul suo volto.
Ma ogni tanto faceva bene sciogliersi, e Amber tratteneva tutto dentro fin troppo spesso.
Le azalee e i tulipani tra le aiuole che decoravano i giardini reali sprizzavano vitalità, i petali morbidi e delicati sospinti dal venticello tiepido e umido, ammirati dalla donna accovacciata sui talloni che ne tastava la leggerezza al tatto con le sue dita affusolate e protese in avanti. L'intensità della vellutata chioma purpurea quasi rivaleggiava con quella dei colori accesi che i fiori mostravano al mondo. Le piaceva passare molto tempo nei giardini immensi che attorniavano tutto il palazzo reale, perdersi tra le siepi, gli alberi di ogni tipologia e dimensione, e le aiuole dipinte delle più vivide combinazioni cromatiche. Passeggiare in quel luogo per lei quasi magico, estraneo alle peripezie della realtà, le acquietava ogni volta lo spirito e l'animo, permettendo a un sorriso allietato come quello che aveva in quel momento di sbocciare sul suo viso.
"Vostra altezza, ecco dov'eravate..." una voce rassicurante e calda la ridestò dalla sua contemplazione della natura. Volse gli occhi blu marino dal taglio pronunciato verso l'uomo e la donna che si stavano avvicinando a lei. "Sapete che tra poco si terrà l'incontro con l'emissario dei Guardians, la prego di non scomparire in questo modo."
Il guerriero che l'aveva appena interpellata aveva uno sguardo paziente dipinto sul volto appuntito. I suoi capelli di un grigio opaco erano simili a un pagliaio, acconciati in un ciuffetto laterale che copriva solo una parte dell'occhio destro, di un tenue color sabbia.
"Insomma, non fateci girare per tutto il palazzo, mia signora, ci potremmo preoccupare..." aggiunse la donna con aria perennemente annoiata che lo affiancava, della quale spiccavano una miriade di trecce nere che precipitavano in tutte le direzioni fino a sfiorare terra, come cascate di petrolio. I suoi occhi apparivano sempre distaccati ed erano rossi come il sangue vivo.
"Unai, Estrella..." li chiamò la ragazza redarguita. "Perdonatemi, ho perso la cognizione del tempo mentre ammiravo i giardini." Accennò un sorriso ironico.
"Non dovete scusarvi con noi, regina Miranda." Mormorò con la sua voce bassa e suadente Unai, la possente figura che ispirava sicurezza solo a osservarlo nella sua veste blu cobalto aperta, a mostrare una maglia scollata che lasciava trasparire i pettorali definiti dalla pelle ambrata.
"Anzi, se possibile punite Unai, vi ha trascurata." Bofonchiò Estrella, corrucciata in volto, abbigliata invece con una maglietta rosa legata in un nodo stretto sopra la pancia piatta e coperta da addominali, anch'essa dalla tonalità olivastra. Inoltre, indossava pantaloncini molto alti e degli stivali, entrambi marroni.
"Non ascoltate questa donna menzognera, maestà." Rispose secco Unai, mentre si scambiava un'occhiata truce con la compagna.
La regina rise, divertita dalle consuete discussioni che i due da sempre avevano. Erano cresciuti praticamente insieme a lei, membri di famiglie di ceto elevato appartenenti alle regioni confinanti a Lyam, per essere addestrati come sue guardie reali in modo da mantenere salda l'armonia tra le Colonie Unite del regno. Miranda li considerava veri e propri fratelli, nonostante l'ovvia differenza di grado sociale e il tono formale che i due si erano abituati a utilizzare nel corso degli anni.
"Mi mettete sempre di buon umore, voi due!" Affermò, deliziata. "Come questi fiori, la vostra allegria mi permette di dimenticare ogni cosa, ogni ansia..." sussurrò.
"Miranda..." mormorò Estrella, socchiudendo le palpebre.
"Ditemi, amici." Continuò la regina. "Mi converrà davvero stipulare quest'alleanza e scendere in guerra al fianco dei Guardians? Con tutti i problemi che il mio paese deve già affrontare?" I suoi occhi si rattristarono, in preda all'angoscia e l'indecisione.
Unai sospirò. "Se mi è concesso esprimere la mia opinione, la situazione è diversa rispetto a tre anni fa, quando rifiutammo. Adesso, come Faraday, anche noi siamo minacciati nel nostro stesso continente. Il regno di Oriòn a sud si sta rafforzando, e potrebbe mettere in atto un'invasione contro le regioni confinanti nel momento meno aspettato. Concedendo parte della nostra flotta al Continente centrale, avremmo la garanzia di un loro aiuto in caso di futuri conflitti."
Miranda sogghignò, rassegnata. "Parli proprio come lo stratega Carvalho." Ridacchiò. "E va bene, stavolta cercherò di concedere una possibilità a Okajima Saito, so che è di nuovo quel tale l'emissario dei Guardians. Era un tipo dalla lingua affilata, ma che dava al contempo l'idea di un uomo d'azione... non mi dispiacerà rincontrarlo."
Al nome di Saito, sul viso ovale di Estrella parve destarsi un luminoso interesse. Unai la scrutò sott'occhio, incuriosito.
Entro meno di un'ora, i negoziati per il destino del Continente centrale sarebbero iniziati.