Una prolungata quiete prese a cospargere i due, come spesso era capitato negli attimi di contemplazione del paesaggio dopo gli allenamenti, o semplicemente in momenti oziosi intrisi di quotidianità.
Tra di loro molte volte non c'era neanche bisogno di parlarsi.

Tsuki cinse le spalle dell'allievo con un braccio, e osservò il villaggio con lui, malinconica.

"Tu non sei come me, Taiyo. Hai degli amici che ti amano. Non devi stare per forza quassù, evitato da tutti a causa mia. Sono sicura che hai tanto da dare al mondo, al contrario di me." Improvvisamente, gli sussurrò queste parole all'orecchio.

Taiyo si girò di scatto, grave in viso a quelle parole. Non riusciva a capacitarsene. Lei, che gli aveva dato così tanto, che era la persona migliore che conoscesse, parlava in quel modo. Quel dolore, quel peso celato fin troppo bene dentro di lei, era qualcosa che a tratti non sosteneva.

Soffriva terribilmente ogni volta che vedeva con chiarezza la rassegnazione forgiata negli occhi di Tsuki Araumi.

"No." Disse, deciso, sorprendendo la ragazza che alzò le sopracciglia macchiate di quel misterioso verde opaco. "Non so per quale motivo tu possa pensare una tale assurdità, ma devi sapere una cosa importante, maestra Tsuki: nessuno potrà mai darmi quello che mi hai dato tu. Perché ciò che mi hai donato è la vita stessa, e l'amore."

La determinazione negli occhi di Fujiwara Taiyo bruciava come una stella nel suo periodo di vita più brillante.

"E io, per questo, non ti lascerò mai sola."

Tsuki, proprio in quel momento, avvertì uno sfarfallio nel petto e nello stomaco, un'emozione che pensava non avrebbe mai provato con tale violenza. Che la scosse nel profondo, strappandole un sorriso incontrollato. Provò felicità, gioia incontenibile per quella parole d'amore della persona che per lei più contava sul pianeta.

"Oh, Taiyo!" Lo abbracciò di istinto, stringendo la sua testa contro il petto e lasciandosi andare forse per la prima volta in vita sua, come testimoniò un sinistro tremolio che Taiyo avvertì intorno a lei. La liberazione parziale di un'aura immensa.

Il ragazzo notò che i bordi dei capelli e il colorito degli occhi di Tsuki erano diventati di un verde ancora più intenso del solito. Quasi sinistro.

"Le persone come te sono così rare. Ti prego... non cambiare mai!" Sussurrò lei.

Purtroppo però, quella persona per Tsuki così importante, era anche quella che aveva condannato senza possibilità di scelta quando era solo un orfano, lo sapeva fin troppo bene. E si odiava per questo.

"E se mai ci riuscirai... ti prego, Taiyo, perdonami." Pensò la ragazza, afflitta dalla colpa.




Il molo di Gloomport Town al mattino era molto meno lugubre di quanto la sua nomea e la suggestiva aura notturna non lo rendessero.

La piattaforma rocciosa della sezione centrale, dove la maggior parte delle imbarcazioni ormeggiavano, si espandeva per almeno cinquecento metri, illuminata dal baluginio del sole che ne amplificava il grigiore. Poco più avanti, la banchina lignea e cigolante precedeva le acque del mare, che si estendeva nella sua infinita immensità al di là della nave con iscritto sulla sua superficie: Compagnia commerciale Santos&Co.

Più Peter la osservava, più non riusciva a fare a meno di pensare che fosse gigantesca. In passato era già stato testimone delle dimensioni che i mezzi di quella azienda vantavano, ma quella che gli si parava dinanzi in tutto il suo splendore, rilucente sotto il bagliore dei raggi solari, era almeno due volte più grande della nave utilizzata per la spedizione al Continente orientale, ormai quasi cinque anni prima.

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