La sua vita gli piaceva, a discapito della solitudine che era sempre sembrata destinata a stargli appiccicato addosso, fin da quando ricordasse. Amava i rapporti che aveva costruito e che la mitigavano, con tutto sé stesso.

"Non va bene, dovreste dormire la notte, altrimenti il vostro corpo non assorbirà al meglio i frutti degli sforzi che sostenete ogni giorno." Li ammonì tra calde risate la maestra Tsuki. "Beh, suppongo che ogni tanto si possa anche abbassare la guardia, ve lo concedo." Ironizzò.

Nel suo sguardo crepato come al solito, Taiyo riuscì a intravedere quella leggerezza che solo di tanto in tanto aveva risieduto sul suo viso. L'aveva vista durante quell'evento per lo Spirito del Raccolto, prima che conoscesse Juntaro e Honda, e poche altre volte, in momenti rari vissuti insieme.

L'apprendista pensò che quella fosse l'espressione che la sua maestra meritasse di mostrare sempre al mondo. Meritava di essere felice, e che il suo volto, così bello e delicato, fosse perennemente illuminato come in quel momento, adornato da un sorriso caldo come il focolare che bruciava alle loro spalle.

"Bene, allora mangiamo pure senza fare complimenti!" Esclamò infine, fissando la sua tutrice, che gli donò uno sguardo pieno d'affetto.

"Sì." Concordò lei. "Buon appetito!" Affermò, insieme agli altri.

Mangiarono di gusto e scherzarono cullati da una tiepida armonia per tutta la serata, fino a quando la stanchezza non sopraggiunse a pesare con dolcezza sui loro corpi, e decisero di andare a dormire. Juntaro e Honda avevano già avvertito i genitori che avrebbero dormito a casa di un loro amico, così si gettarono sui tatami che fortunatamente avanzavano dal vecchio sgabuzzino sul retro della casa di Tsuki.

Naturalmente, anche stavolta Juntaro fu il primo ad addormentarsi, con grande soddisfazione di Honda, che però crollò un minuto dopo, brilla e frivola com'era per i ben due bicchierini di sakè che si era concessa.

Taiyo invece a notte fonda era ancora sveglio. Non riusciva a prendere sonno, quindi aveva deciso di lavare i piatti avanzati nella cucina, che Tsuki si era tenuta per la mattina dopo concedendosi un po' di riposo.

Adesso, a lavoro finito, il giovane spadaccino osservava il cielo notturno al di fuori del portone di ingresso alla graziosa capanna dove viveva.

Dal colle erboso sul quale questa sorgeva, riusciva a scorgere l'ammasso di recinti, ampi orti e piccole casette che si susseguivano lungo tutto il villaggio di Araumi, ai piedi di un crinale affiancato da un'imponente catena montuosa. Il mare distante, al quale un sentiero ricoperto di vegetazione al di là degli insediamenti maggiori conduceva, appariva come un'infinita tela d'oscurità sulla quale era impossibile dipingere alcunché, pura nella sua selvaggia naturalezza.

Quel villaggio era vicino, non distava più di trecento metri, eppure a Taiyo era sempre sembrato così distante...

I suoi abitanti, le festività, il ritmo quotidiano dettato dal lavoro di ognuno, tutte queste cose erano per lui una lontana e irraggiungibile chimera. Qualcosa che poteva solo immaginare, nella sua vita attuale su quel colle, che pure amava nonostante la sua desolazione.

"Non riesci ad addormentarti, eh?"

La voce melodica di Tsuki lo sorprese alle spalle. Taiyo si voltò lentamente e le sorrise.

"Nemmeno tu, sembra." Ammiccò il ragazzino.

"Non sono ancora abituata al trambusto che fanno quei due." Sghignazzò lei. "Però, mi piace. In qualche modo mi rilassa più del silenzio."

Quello a volte è insostenibile, avrebbe voluto aggiungere.

E forse Taiyo lo percepì, perché la fissò con più intensità e un pizzico di innocente curiosità che riuscì a mettere a disagio Tsuki.

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