"Adesso!'" Pensò Alex.

Eseguì una capriola all'indietro, finendo accovacciato su un piccolo ramoscello curvo e sporgente, per poi alzare in un baleno la mano destra verso l'alto.
Una pozzanghera che aveva formato sul terreno alcuni minuti prima aumentò di volume e si innalzò come una colonna, immergendo al suo interno la massa sabbiosa che era diventato Bartolomeu.

"La trappola è allestita." Sussurrò Alex. Chiuse il pugno con un movimento secco. La colonna d'acqua si condensò e divenne di ghiaccio, davanti agli occhi spalancati del Vulture al suo interno.

Passarono alcuni secondi di silenzio tombale.

Alex scese dall'albero, atterrando al suolo con grazia.
Ma proprio quando i suoi occhi azzurri iniziarono a rilassarsi, sicuri della vittoria d'astuzia, la colonna vibrò e fu fatta a pezzi con violenza.

Bartolomeu, tornato alle sembianze normali, lo fissava minaccioso con i suoi occhi castano chiaro, vicini al giallo, simili a un litorale assolato.

"Maledizione... era troppo fragile." Sbuffò sottovoce Alex, rimettendosi in posizione.



"Capooo, ma perché dobbiamo starcene rintanati qua sotto come ratti?! Io voglio unirmi all'azione!" Candidus era irrequieta, per usare un eufemismo. Passeggiava continuamente avanti e indietro con fare nervoso nella camera piuttosto spoglia che costituiva il seminterrato della Tenuta Radius.

All'interno di quella che poteva essere considerata a tutti gli effetti una cantina, sebbene fosse enorme sia in altezza che in larghezza, l'unica cosa che spiccava era un cumulo di botti per il vino sovrapposte l'una sull'altra nell'angolo in fondo a sinistra, a cui Ater era appoggiato, il suo sguardo spento, perso nel vuoto.

Satyria concludeva il trio al centro della capiente stanza, immobile e completamente serena, fredda come una notte invernale.

La donna sospirò, passandosi la coda ramata sopra una spalla. "Candidus, cerca di mantenere la concentrazione. Ci è stato assegnato da Karasu stesso il compito di tendere un'imboscata dal basso a chiunque riesca a infiltrarsi nella tenuta, ed è ciò che faremo." Le rispose con tono autorevole, ma dolce allo stesso tempo. Come quello di una sorella maggiore che spiega come comportarsi alla minore. "Non dimenticare che la nostra squadra nei Vulture è specializzata nello spionaggio e nelle imboscate, nessuno è meglio di noi per questo compito."

Candidus sbuffò, annoiata ma anche consapevole che Satyria aveva ragione. "Eppure, questo è un assedio... mi sento in colpa a lasciare soli gli altri." Affermò la ragazza, i grandi occhi bianchi incurvati in un'espressione di impazienza mista a rammarico.

"Rilassati, Candidus. I nostri compagni sono forti, si faranno valere in ogni caso." Replicò con un sorrisetto Satyria.

"Mmh... spero almeno che quella smorfiosa di Dorothy Goover muoia. Per cercarla a Slum Lagoon mi sono rimediata un bel naso rotto, accidenti a lei e a Jansen che si è fatto uccidere da una ragazzina!" Candidus continuò a lamentarsi inquieta, barcollando qua e là finché il suo sguardo non si posò sulla sagoma in penombra di Ater.

Era dall'inizio dell'assalto che aveva la testa calata e una postura curva, oltre che un'aria tetra in generale. Anche più del solito.
Candidus capì che doveva sentirsi in colpa per qualcosa, e temé che fosse ancora la questione riguardante lei e la cassetta ritrovata all'orfanotrofio di Sunwaning Estate.

"Va' a parlarci." Le consigliò Satyria con fare serioso.

La ragazza la fissò, poi guardò ancora Ater, incerta.
Alla fine, emise un lungo sospiro e raggiunse il suo amico d'infanzia in fondo alla camera.



Quando fu vicino a lui, il diciannovenne alzò per un attimo le iridi nere come pece verso di lei, per poi riabbassarle subito, sconsolato.

Candidus si innervosì per quell'atteggiamento così arrendevole e indolente.
Com'era possibile che una persona così accidiosa fosse stata disposta a viaggiare fino a Northfield per raggiungere un obiettivo?

L'aveva fatto solo per lei?

La giovane Vulture decise di mantenere un approccio sereno nei suoi confronti.

"Che hai?" Esordì. "Non puoi affrontare una difesa da assalto conciato così."

"È colpa mia." Asserì Ater, in tono sommesso, quasi un bisbiglio.

Ancora una volta i nervi di Candidus minacciarono di farla adirare con quel ragazzo fin troppo remissivo, ma la ragazza riuscì nuovamente a gestire la sua emotività. "È per me?" Si limitò a chiedere, sapendo lui che avrebbe capito.

"Non solo... questa situazione, il pericolo che tutti corriamo, la scoperta di questo nascondiglio da parte dei Guardians..."

"Che intendi dire?" Chiese Candidus, inorridita.

"Quando ero a Northfield, il grand'ammiraglio Moses Flood mi catturò e tenne in custodia per qualche ora, prima che mi liberassi e fuggissi. Il fatto è che temo mi sia stata cancellata la memoria del periodo in cui sono stato prigioniero, dato che non ricordo nulla." Ater rivelò quell'episodio con voce tremante per la colpa che lo assaliva. Candidus ascoltava senza batter ciglio, mentre Satyria tendeva l'orecchio. "E se mi avessero sottoposto a un interrogatorio, magari drogandomi per farmi rivelare delle informazioni e cancellando i miei ricordi in seguito? L'uomo che era con Flood usava un Kaika di gas, dunque avrebbe benissimo potuto farlo. Questo mi renderebbe la causa di tutti i nostri problemi." Il ragazzo non alzò la voce, né versò alcuna lacrima, ma Candidus capì benissimo che era disperato.

Mosse un passo in avanti e schiaffeggiò con vigore entrambe la guance del compagno, tenendo le mani salde sul suo viso.
Il rumore dell'impatto tra la loro pelle echeggiò nell'ambiente spoglio e colmo di muffa.
Ater la osservò, lievemente stupito.

"Ormai è successo." Pronunciò ad alta voce lei. "È completamente inutile colpevolizzarsi e autocommiserarsi per un errore involontario di cui non si è nemmeno certi al cento per cento. Noi tutti siamo Vulture, e conosciamo bene la responsabilità che accompagna la nostra scelta di esserlo. Non è colpa tua, e anche se lo fosse, tutto ciò che puoi fare è rimediare battendoti." Candidus aveva il viso praticamente a un palmo da quello di Ater, il ragazzo poteva sentire il suo fiato leggero sul volto. "E riguardo me e quella cassetta..." gli occhi di Candidus scrutarono il pavimento per un istante, come se stesse lottando con sé stessa, con il suo rancore. Con il suo dolore. "Io ti ho perdonato." Concesse alla fine. Dopo anni e anni di odio, di distacco, di astio ramificato in profondità dentro di lei e coltivato nel tempo. "So che anche tu in quegli anni hai sofferto. La tua famiglia... comprendo perché non hai mantenuto la promessa di tornare a prendermi e tirarmi fuori da quell'orfanotrofio terrificante." Ammise.

Ater non aveva parole. "Candy..." sussurrò, stralunato, sorpreso dall'apertura improvvisa della sua più longeva amica.

Satyria, che aveva origliato la conversazione osservandoli sott'occhio, sospirò di sollievo a quelle parole.
Era contenta che lo screzio tra i due fosse risolto, almeno in parte.
D'altronde, loro tre erano come una piccola famiglia l'uno per l'altro: avrebbero sempre potuto contare sul loro legame, qualunque cosa fosse successa.

Solo in quel momento, Candidus si accorse di quanto fosse vicina ad Ater. Immediatamente si ritrasse, arrossendo violentemente.
"B-bene, se ti senti meglio, basta fare il musone. Ci servi in questa battaglia e non voglio una palla al piede appresso, ecco." Sbraitò, voltata di spalle, con il giacchetto grigio che oscillava sulla sua schiena dritta, come fosse un paio di ali d'argento.

In quel momento la terra tremò.

Satyria si mise immediatamente in posizione difensiva, così come gli altri due Vulture.
La parete alla loro sinistra crollò improvvisamente, dopo una breve serie di impatti seguiti da forti rimbombi.

La figura che fece capolino dalle macerie, sporca di polvere, con un ghigno compiaciuto perennemente stampato sul volto, fece sussultare Satyria.

"C-che ci fa lui qui...?" Balbettò Candidus.

Le iridi violette di Satyria mostravano uno sgomento inedito per lei, che solo una persona al mondo era capace di farle provare.

"Connor...!" Esclamò.

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